25 agosto, 2009
PROMEMORIA 25 agosto 1609 - Galileo Galilei presenta il suo primo telescopio al Senato di Venezia
Galileo Galilei presenta il suo primo telescopio al Senato di Venezia.
« La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. »
(Galileo Galilei, Il Saggiatore, Cap. VI)
Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642) è stato un fisico, filosofo, astronomo e matematico italiano, padre della scienza moderna.
Il suo nome è associato ad importanti contributi in dinamica[1] e in astronomia - fra cui il perfezionamento del telescopio, che gli permise importanti osservazioni astronomiche[2] - e all'introduzione del metodo scientifico (detto spesso metodo galileiano).
Di primaria importanza furono il suo ruolo nella rivoluzione astronomica e il suo sostegno al sistema eliocentrico e alle teorie copernicane. Accusato di voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture, Galileo fu per questo condannato come eretico dalla Chiesa cattolica e costretto, il 22 giugno 1633, all'abiura delle sue concezioni astronomiche, nonché a trascorrere il resto della sua vita in isolamento.
Il cannocchiale
Prove di tal genere potevano essere offerte solo dopo meticolose osservazioni e lo strumento che le avrebbe rese possibili era stato appena inventato. Di ottica si erano occupati Giovanni Battista Della Porta[18] nella sua Magia naturalis (1589) e nella De rifractione (1593), e Keplero nei Ad Vitellionem paralipomena, del 1604, opere dalle quali era possibile pervenire alla costruzione del cannocchiale: ma lo strumento fu costruito per la prima volta, nei primi anni del XVII secolo da artigiani olandesi, indipendentemente da quegli studi. Galileo ne ebbe notizia - e forse anche un esemplare - nella primavera del 1609 e, ricostruito e potenziato empiricamente, [19] il 25 agosto lo presentò come propria invenzione al governo veneziano che, apprezzando l'«invenzione», gli raddoppiò lo stipendio e gli offrì un contratto vitalizio d'insegnamento.
Per tutto il resto di quell'anno Galileo s'impegnò nelle osservazioni astronomiche: acquisì informazioni più precise sui monti lunari, sulla composizione della Via Lattea e scoprì quattro dei sessantatré satelliti di Giove. Le nuove scoperte furono pubblicate il 12 marzo del 1610 nel Sidereus Nuncius, una copia del quale Galileo inviò al granduca fiorentino Cosimo II, già suo allievo,insieme con un esemplare del suo cannocchiale e la dedica dei quattro satelliti, battezzati da Galileo in un primo tempo Cosmica Sidera e successivamente Medicea Sidera («pianeti medicei»). È evidente l'intenzione di Galileo di guadagnarsi la gratitudine della Casa medicea, ma molto probabilmente non soltanto per fini economici, ma anche per ottenere una influente protezione in vista della presentazione, di fronte alla comunità scientifica, di quelle novità che non avrebbero mancato di sollevare polemiche.
Il 5 giugno 1610 il governo fiorentino comunicava allo scienziato l'avvenuta assunzione come «Matematico primario dello Studio di Pisa e Filosofo del Ser.mo Gran Duca senz'obbligo di leggere e di risiedere né nello Studio né nella città di Pisa, et con lo stipendio di mille scudi l'anno, moneta fiorentina». Galileo firmò il contratto il 10 luglio e in settembre raggiunse Firenze.
Qui giunto si premurò di regalare a Ferdinando II, figlio del granduca Cosimo, la migliore lente ottica [20] che aveva realizzato nel suo laboratorio organizzato quando era a Padova dove, con l'aiuto dei mastri vetrai di Murano [21]confezionava «occhialetti» sempre più perfetti e in tale quantità da esportarli, come fece con il cannocchiale mandato all'elettore di Colonia il quale a sua volta lo prestò a Keplero che ne fece buon uso e che, grato, concluse la sua opera Narratio de observatis a se quattuor Jovis satellibus erronibus del 1611, così scrivendo: «Vicisti Galilaee» [22] , riconoscendo la verità delle scoperte di Galilei.
Il giovane Ferdinando o qualcun altro ruppe la lente ed allora Galilei gli regalò qualcosa di meno fragile: una calamita "armata", cioè fasciata da una lamina di ferro, opportunamente posizionata, che ne aumentava la forza d'attrazione in modo tale che, pur pesando solo sei once il magnete «sollevava quindici libbre di ferro lavorato in forma di sepolcro» [23]
In occasione del trasferimento a Firenze Galilei lasciò la sua convivente, la veneziana Marina Gamba (1570-1612) conosciuta a Padova, dalla quale aveva avuto tre figli: Virginia (1600-1634) e Livia (1601-1659), mai legittimate, e Vincenzio, che riconobbe nel 1619. Galileo affidò a Firenze la figlia Livia alla nonna, con la quale già conviveva l’altra figlia Virginia, e lasciò il figlio Vincenzio a Padova alle cure della madre e poi, dopo la morte di questa, a una tale Marina Bartoluzzi. [24] In seguito, resasi difficile la convivenza delle due bambine con Giulia Ammannati, Galileo fece entrare le figlie nel convento di San Matteo, ad Arcetri (Firenze), nel 1613, costringendole a prendere i voti non appena compiuti i rituali sedici anni: Virginia assunse il nome di suor Maria Celeste, e Livia quello di suor Arcangela, e mentre la prima si rassegnò alla sua condizione e rimase in costante contatto epistolare con il padre, Livia non accettò mai l'imposizione paterna. [25]
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