05 aprile, 2008
PROMEMORIA 5 aprile 2004 Guerra in Iraq: Colin Powell ammette pubblicamente che le prove presentate all'ONU riguardo le armi di distruzione di massa i
Guerra in Iraq: Colin Powell ammette pubblicamente che le prove presentate all'ONU riguardo le armi di distruzione di massa in Iraq erano state sopravvalutate.
seconda guerra del Golfo, iniziò il 20 marzo 2003 con l'invasione dell'Iraq da parte di una coalizione formata da Stati Uniti d'America, Regno Unito, Australia e Polonia. Essa era stata preceduta da una lunga ostilità armata (iniziata nel 1990 con la guerra del Golfo) fra l'Iraq del dittatore Saddam Hussein e molti altri Stati (USA in primis).
Le truppe della coalizione prevalsero facilmente sull'esercito iracheno, tanto che il 1º maggio 2003 il presidente statunitense Bush proclamò concluse le operazioni militari su larga scala. Tuttavia, nonostante numerosi Paesi (fino al dicembre 2006 anche l'Italia) si siano uniti alla coalizione inviando contingenti militari, il conflitto prosegue. Esso si è trasformato in una guerra civile[1] che vede da una parte le forze internazionali e il nuovo governo iracheno (e le milizie curde e sciite che lo appoggiano) e dall'altra un movimento di resistenza[2] forte soprattutto nelle province centrali a prevalenza sunnita,[3] di cui fanno parte blocchi disparati che vanno da ex-membri del partito Baʿth e dell'esercito, a gruppi religiosi, etnici o tribali e a gruppi apertamente terroristici legati ad al-Qāʿida. Dopo un drammatico incremento della violenza fra l'inizio del 2006 e la metà del 2007, durante il quale le tattiche di guerriglia e terrorismo adottate dalla resistenza hanno spinto sempre più nel caos buona parte dell'Iraq,[4][5] negli ultimi mesi si è assistito ad un leggero miglioramento della situazione militare, per via dell'incremento delle truppe USA e della capacità del nuovo comandante americano (gen. Petraeus) di spezzare l'unità della resistenza sunnita attraverso alleanze con le sue componenti "tribali". Tuttavia lo stesso comando americano ammette che queste misure non sono sostenibili nel lungo periodo.[6]
I tentativi di porre fine allo scontro attraverso un processo politico (come le elezioni del 2005) non hanno avuto esito: dopo la vittoria alle urne, sciiti e curdi hanno persino esacerbato il conflitto introducendo nella nuova costituzione misure contrarie agli interessi sunniti. I governi che si sono succeduti sono deboli ed incapaci di controllare persino i propri sostenitori: gli scontri armati fra milizie "filo-governative" (come a Basra, teatro di uno scontro fra fazioni sciite, o a Kirkuk, contesa fra Sciiti e Curdi) sono frequenti. Questi scontri e quelli con la resistenza sono accompagnati da episodi di pulizia etnica, che hanno spinto alcuni milioni di iracheni a fuggire dalle proprie case.[7] Recentemente la situazione irachena è stata resa ancora più intricata da alcune incursioni turche nel nord del Paese, giustificate dall'asilo offerto dai Curdi iracheni a membri di organizzazioni (come il PKK) che sarebbero responsabili di atti terroristici in Turchia.
I costi umani della guerra non sono chiari: l'unico numero noto con una certa precisione è quello delle perdite della coalizione (4.188 morti ed oltre 28.000 feriti fino al 1 dicembre 2007), mentre per le perdite irachene si va dai circa 30.000 morti cui ha accennato il presidente Bush in un discorso del dicembre 2005, ai circa 650.000 stimati in uno studio apparso nell'ottobre 2006 sulla rivista medica Lancet.
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