14 luglio, 2008
PROMEMORIA 14 luglio 1948 Attentato a Togliatti.
Roma: Antonio Pallante, studente universitario, spara 4 colpi di pistola a Palmiro Togliatti, di cui 3 lo colpiscono. L'attentato a Togliatti causa gravi disordini, che secondo i giornali dell'epoca sfiorano la guerra civile.
L'attentato
Alle 11.30 del 14 luglio 1948 Palmiro Togliatti viene colpito da tre[2] colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata mentre esce da Montecitorio in compagnia di Nilde Iotti.
L'autore dell'attentato a Togliatti è Antonio Pallante, un giovane iscritto al blocco liberale qualunquista, spaventato dagli effetti che la politica filo-sovietica del "Migliore" avrebbe potuto avere sul Paese. I proiettili sparati da una pistola calibro 38.8 colpiscono il leader del PCI alla nuca e alla schiena, mentre una terza pallottola sfiora la testa di Togliatti. Ricoverato d'urgenza, Togliatti viene operato dal chirurgo Pietro Valdoni.
Sembra che già pochi istanti dopo il suo ferimento, lo stesso Togliatti raccomandasse alla Jotti, che gli era accanto, di passare parola ai vertici del PCI di non appoggiare in nessun modo i tentativi insurrezionali che sicuramente sarebbero scattati, una volta che si fosse sparsa la notizia dell'attentato.
Poche ore dopo l'attentato si verificano infatti incidenti a Roma, La Spezia, Abbadia San Salvatore (SI) e morti a Napoli, Genova, Livorno e Taranto nel corso di violentissime manifestazioni di protesta. Gli operai della FIAT di Torino sequestrano nel suo ufficio l'amministratore delegato Vittorio Valletta. Buona parte dei telefoni pubblici non funzionano e si blocca la circolazione ferroviaria. Il democristiano Mario Scelba, ministro degli interni, impartisce disposizioni ai prefetti per vietare ogni forma di manifestazione. Il Paese sembra sull'orlo della guerra civile.
La "longa manu" di Stalin si fa sentire per calmare i dirigenti comunisti più facinorosi, che accarezzano l'idea di cavalcare il moto popolare che si è innescato spontaneamente e al di fuori del loro controllo. Gli accordi di Yalta e la presenza di truppe americane sul territorio italiano sconsigliano un'insurrezione armata, che non avrebbe alcuna speranza di riuscire.
Nelle ore in cui si attende l'esito dell'intervento si diffondono le più diverse voci sullo stato di salute di Togliatti: circola addirittura la notizia della morte del segretario comunista. Il clima politico del paese è caldissimo: soltanto due mesi prima, il 18 aprile 1948, le prime elezioni della storia della repubblica avevano sancito la vittoria della Democrazia Cristiana sul fronte delle sinistre (Partito Comunista e Partito Socialista).
L'operazione a Togliatti va a buon fine ed è proprio il dirigente del Partito Comunista Italiano a imporre ai membri più importanti della direzione del PCI, Secchia e Longo, di sedare gli animi e fermare la rivolta. L'insurrezione di massa delle organizzazioni militanti comuniste si arresta davanti all'ordine di Togliatti; tradizionalmente si ritiene che abbiano contribuito a moderare gli animi anche le imprese di Gino Bartali, vittorioso al Tour de France.
Durante le proteste la polizia di Scelba uccide una ventina di manifestanti e fa decine di feriti. Nei giorni successivi all'attentato il Paese ritorna alla normalità, grazie alla precisa volontà dei vertici comunisti che si adoperano per recuperare il controllo della base e prevenire nuovi scontri.
Uno degli assistenti del chirurgo Pietro Valdoni tenne per ricordo un pezzo della costola asportata; divenuto poi docente all'Università di Perugia, affidò il cimelio a un padre francescano che prestava assistenza ai malati del locale policlinico, senza dire quale fosse la provenienza; il francescano la mise assieme alle altre reliquie del convento di Monteripido, dove ancora oggi giace non identificata.
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