17 ottobre, 2008
PROMEMORIA 17 ottobre 589 l'Adige rompe alla Cucca.
Secondo la tradizione, a e causa lo sconvolgimento idrografico che dà al basso Veneto l'aspetto che grossomodo ha tutt'oggi.
La cosiddetta rotta della Cucca è, nella tradizione veneta, lo sconvolgimento idrografico che nel VI secolo modificò sostanzialmente il panorama fluviale del basso Veneto. Il nome deriva dalla località di Cucca, vicino a Veronella, dove l'Adige sarebbe uscito dagli argini. Paolo Diacono, nelle sue cronache, data la rotta al 17 ottobre 589, ma questa datazione è spesso messa in discussione dagli studiosi[senza fonte]. Oggi si ritiene che nella tradizione orale la rotta indichi gli sconquassi avvenuti nei secoli successivi alla caduta dell'impero romano a seguito della scarsa manutenzione dei fiumi.
Cronaca
La descrizione del disastro è tutta compresa nel capoverso 23 del libro III dell'Historia Langobardorum di Paolo Diacono.
In Veneto e in altre parti d'Italia nel 589 vi fu "un diluvio d'acqua che si ritiene non ci fosse stato dal tempo di Noè"; a seguito di queste piogge l'Adige esondò il 17 ottobre, e il livello delle acque a Verona salì fino a raggiungere le finestre superiori della basilica di San Zeno fuori le mura.
L'alluvione causò grosse perdite di vite umane e animali, e distrusse parte delle mura di Verona oltre a spazzare via strade, sentieri e gran parte della campagna in quelli che oggi sono il basso Veneto e la bassa ferrarese.
Conseguenze
A seguito della rotta l'Adige abbandonò il suo antico corso (che passava per Bonavigo, Minerbe, Montagnana, Este, Sant'Elena e Solesino) per assumere grossomodo l'attuale percorso molto più a sud e che corrispondeva all'antico alveo del Tartaro[3]; da allora l'Adige attraversa Legnago, lambisce Villa Bartolomea e Castagnaro e sfocia nel mare Adriatico dopo aver attraversato Cavarzere.
In seguito all'eccessiva frammentazione del territorio, nessun governo si prese carico di riparare il guasto e la campagna inondata si tramutò in palude per secoli; le acque del Tartaro si unirono a quelle dell'Adige in questa devastazione. Il termine Polesine nacque in quel periodo e venne ad indicare l'attuale provincia di Rovigo e parte dell'attuale provincia di Ferrara, in quanto il corso principale del Po all'epoca passava più a sud e corrispondeva all'attuale Po di Volano[3].
Il Mincio, che fino a quel momento passava per Adria ed era una via navigabile dal mare Adriatico al lago di Garda, abbandonò il suo alveo e divenne un affluente del Po; questo portò alla definitiva decadenza di Adria e del suo porto.
Quando il corso dell'Adige si assestò, il ramo principale attraversava Badia Polesine e su questo ramo nasceranno in seguito i borghi di Lendinara, Villanova, Rovigo e Villadose[3]; questo ramo divenne poi di scarsa importanza dopo la rotta del 1438 e corrisponde all'attuale corso dell'Adigetto.
Secoli dopo, quando la terra ricominciò ad emergere dalla palude, l'uomo canalizzò, col nome di Canal Bianco, le acque del Tartaro in quello che fu l'antico alveo del Mincio[3], facendolo passare presso Adria e sfociare nel mare Adriatico.
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