29 ottobre, 2009

Opera, il ritorno di Tannhäuser


Opera, il ritorno di Tannhäuser
Produzione impegnativa, la penultima della stagione 2008-2009 al Teatro dell'Opera di Roma. Torna, dopo venticinque anni d'assenza, "Tannhäuser": la più ardua da rappresentare tra le opere giovanili di Richard Wagner è in calendario da stasera (ore 19) al 6 novembre.

Sul podio, il francese Daniel Kawka, direttore con spiccati interessi wagneriani e una propensione per le partiture "kolossal". Orchestra, coro e corpo di ballo del Teatro. Regia di Filippo Crivelli. Costumi di Anna Biagiotti, coreografie di Gillian Whitthingham. Per le voci un cast internazionale di primissimo piano: dal mezzoprano francese Béatrice Uria-Monzon (Venus) al soprano austriaco Martina Serafin (Elisabeth), dal tenore danese Stig Andersen (Tannhäuser) al baritono inglese Mathias Görne (Wolfram).

"Tannhäuser", opera dalla genesi e dalla storia complesse, debutta nel 1845 a Dresda ed è un fiasco. Che si ripete nella versione rimaneggiata del 1861 per l'Opéra di Parigi (ma Baudelaire, presente in sala, ne disse meraviglie). Tanto che Wagner pensava ancora di rimetterci le mani quando era ormai in punto di morte. A Roma "Tannhäuser" è andata in scena sei volte, l'ultima nel 1985. Questa nuova edizione riprende la versione parigina del 1861.

Nella parabola wagneriana, "Tannhäuser" è un'opera di transizione e un mix di diversi elementi: sta ancora in forte misura nella temperie romantica di Weber (e "grande opera romantica in tre atti" è il suo sottotitolo originale); include ancora – come il precedente (e più compatto) "Olandese volante" – forme chiuse (arie e recitativi), ma vi serpeggiano prime inquietudini tonali che spingono il cromatismo ben oltre i limiti tipici di quella stagione; è al tempo stesso un grand-opéra e un primo esplicito richiamo alla tradizione teutonica – rivolto al Medioevo, epoca prediletta dal pieno Romanticismo, con la figura del Minnesaenger, il trovatore tedesco –.

Infine, è un crogiolo sperimentale per il tipo di lavoro di cui Wagner sarà incontrastato signore: la fusione di diversi elementi storico-leggendari in un'unica trama coerente, funzionale alle innovazioni teatrali e musicali con cui il lipsiense traghetterà l'Ottocento sulla sponda del moderno (di cui lui, piaccia o meno, se ne condividano o meno atteggiamenti e assunti, è uno dei padri fondatori).

Peraltro, il "pastiche" narrativo che mette assieme un personaggio (il protagonista) forse vissuto nella Turingia del XIII secolo, i castelli con le loro eroine redentrici (Elisabeth), le figure storiche dei trovatori germanici (Wolfram von Eschenbach, Walther von der Vogelweide) e una Venere seduttrice (più Circe che Venere) sul suo monte (il Venusberg, letteralmente "monte di Venere")… questo calderone storico-mitologico-erotico, che non reggerebbe in un film disneyano pur essendo l'alfa di tutte le strutture mitico-ideologiche del Wagner maturo, è reso credibile e avvincente dallo splendore della musica di Wagner. Qui ancora stretta nelle armature della tradizione (e ingessata ed episodica appare ancora la tecnica dei leit-motiv), ma già capace di una plasticità allora inaudita: basti citare l'arcinoto "Coro dei pellegrini" ripetuto nella grandiosa ouverture; o l'aria di Wolfram alla "stella della sera" ("O du, mein holder Abendstern"): tanto sinuosa, su linee cromatiche quasi "orientali", quanto risolta in cristiana pietas.

"Tannhäuser" va in scena al Teatro dell'Opera in lingua originale, con sovratitoli in italiano. Dopo la prima sono in programma sei repliche: venerdì 30 alle 18, sabato 31 alle 17, martedì 3 novembre alle 19; mercoledì 4 (fuori abbonamento), giovedì 5 e venerdì 6 alle 19.

Per saperne di più, www.operaroma.it .

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