13 ottobre, 2009
PROMEMORIA 13 ottobre 1943 - Seconda guerra mondiale: il nuovo governo italiano governato da Vittorio Emanuele III si schiera con gli Alleati.
Seconda guerra mondiale: il nuovo governo italiano governato da Vittorio Emanuele III si schiera con gli Alleati e dichiara guerra alla Germania.
Il trasferimento del Re e dei ministri militari a Brindisi garantiva la continuità formale dello Stato soprattutto agli occhi degli Alleati, ma le modalità improvvise e segrete con cui il Capo dello Stato e Re si metteva in salvo lasciando la Capitale indifesa nelle mani dei tedeschi furono percepite largamente come una 'fuga', termine che tuttora viene usato antonomasticamente per indicare tale trasferimento. Comunque ora gli Alleati vedevano garantita la validità dell'armistizio mentre la presenza di un governo legittimo evitava all'Italia l'instaurazione di un regime di occupazione, almeno nelle zone meridionali[25]. A Brindisi venne fissata la sede del governo. Assicuratosi il riconoscimento anglo-americano, Vittorio Emanuele dichiarò formalmente guerra alla Germania il 13 ottobre, e gli Alleati accordarono all'Italia lo status di «nazione cobelligerante». Nel frattempo si procedette alla riorganizzazione dell'esercito. Il Re dovette affrontare la fronda dei ricostituiti partiti politici, allora ancora dei comitati di notabili, in particolare di quelli riuniti nel CLN di Roma presieduto da Bonomi. Anche da parte di notabili rimasti leali alla Corona, tra cui Benedetto Croce in un acceso discorso al Congresso di Bari, furono sollevate richieste di abdicazione del sovrano. Ma Vittorio Emanuele non cedette neppure dinanzi alle forti pressioni esercitate dagli Alleati, intendendo così difendere il principio monarchico e dinastico che lui stesso rappresentava e, al contempo, tentando di riaffermare almeno formalmente l'indipendenza dello Stato dalle ingerenze esterne, sebbene vada notato che diverse clausole del cosiddetto "armistizio lungo", di carattere essenzialmente politico, facevano gravare una pesantissima ipoteca sull'indipendenza dello Stato al cospetto delle Nazioni Unite che lo avevano costretto ad una resa senza condizioni.
Il 12 aprile 1944 un radiomessaggio diffondeva infine la decisione del Re di nominare Umberto luogotenente a liberazione di Roma avvenuta. La soluzione della Luogotenenza, istituto cui già Casa Savoia era ricorsa più volte in passato, venne caldeggiata dal monarchico Enrico De Nicola in un suo incontro con il sovrano.
Il 5 giugno 1944 affidò al figlio Umberto la Luogotenenza del Regno, senza però abdicare.
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