04 aprile, 2009

PROMEMORIA 4 aprile 1944 - A Trieste nell'unico campo di sterminio nazista in Italia, la Risiera di San Sabba, entra in funzione il forno crematorio.


A Trieste nell'unico campo di sterminio nazista in Italia, la Risiera di San Sabba, entra in funzione il forno crematorio.
La Risiera di San Sabba (in sloveno: Rižarna pri Sveti Soboti) è stato un lager nazista, situato nella città di Trieste, utilizzato per il transito, la detenzione e l'eliminazione di un gran numero di detenuti, prevalentemente composti da prigionieri politici.
È stato l'unico campo di concentramento in Italia ad avere un forno crematorio. In esso le autorità tedesche compirono uccisioni, in un primo momento mediante gas (usando i motori diesel degli autocarri)[1][2], in seguito per fucilazione o con colpo di mazza alla nuca.

In seguito all'armistizio di Cassibile dell'8 settembre 1943, le province italiane di Udine, Trieste, Gorizia, Pola, Fiume e Lubiana vennero sottoposte al diretto controllo del Terzo Reich con il nome di Zona di operazione dell'Adriatisches Küstenland (Litorale Adriatico).
Tale zona faceva parte formalmente della Repubblica sociale italiana, ma l'amministrazione del territorio - considerato come zona d'operazione bellica - fu però affidata e sottomessa al controllo dell'Alto Commissario Friedrich Rainer, già Gauleiter della Carinzia.

Il complesso di edifici che costituivano lo stabilimento per la pilatura del riso era stato costruito nel 1913 nel rione di San Sabba, alla periferia della città e fu trasformato inizialmente in un campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l'8 settembre: venne denominato Stalag 339.
Successivamente, al termine dell'ottobre 1943, il complesso diviene un Polizeihaftlager (Campo di detenzione di polizia), utilizzato come centro di raccolta di detenuti in attesa di essere deportati in Germania ed in Polonia e come deposito dei beni razziati e sequestrati ai deportati ed ai condannati a morte. Nel campo venivano anche detenuti ed eliminati Sloveni, Croati, partigiani, detenuti politici ed ebrei.
Supervisore della Risiera fu l'ufficiale delle SS Odilo Globocnik, triestino di nascita, che ebbe un importante ruolo in molti campi di concentramento.
Per i cittadini incarcerati nella Risiera, intervenne in molti casi, presso le autorità germaniche, il vescovo di Trieste, monsignor Santin; in alcuni casi con una soluzione positiva (liberazione di Giani Stuparich e famiglia) ma in altri senza successo.

I nazisti, dopo aver utilizzato per le esecuzioni i più svariati metodi, come la morte per gassazione utilizzando automezzi appositamente attrezzati, si servirono all'inizio del 1944 dell'essiccatoio della risiera, prima di trasformarlo definitivamente in un forno crematorio[3][4].
L'impianto venne utilizzato per lo smaltimento dei cadaveri e la sua prima utilizzazione si ebbe il 4 aprile 1944 con la cremazione di una settantina di cadaveri di ostaggi fucilati il giorno precedente in località limitrofe Villa Opicina (Trieste). Questo luogo è di assoluta importanza in quanto fu l'unico campo di deportazione dell'Europa meridionale. Il forno crematorio e la connessa ciminiera furono abbattuti con esplosivi dai nazisti in fuga nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1945, nel tentativo di eliminare le prove dei loro crimini. Tra le rovine furono ritrovate ossa e ceneri umane. Sul medesimo luogo, a ricordo, sorge oggi una struttura commemorativa costituita da una piastra metallica sul posto dove sorgeva il forno crematorio e da una stele che ricorda la presenza della ciminiera.
Riguardo le ipotesi sui metodi di esecuzione, esse sarebbero avvenute o per gassazione attraverso automezzi appositamente attrezzati, o con un colpo di mazza alla nuca o per fucilazione. Nel complesso le esecuzioni sarebbero state almeno cinquemila, secondo una stima approssimativa, sebbene non si disponga di dati certi [5].

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