06 dicembre, 2013

PROMEMORIA 6 dicembre 2007 - A Torino un incendio nello stabilimento della ThyssenKrupp provoca la morte di 7 operai

6 dicembre 2007 - A Torino un incendio nello stabilimento della ThyssenKrupp provoca la morte di 7 operai L'incidente è avvenuto alle ore 1.30 del 6 dicembre 2007 alle acciaierie ThyssenKrupp di Torino. "Quei lavoratori erano alla linea 5 da 12 ore". Il sei dicembre del 2007 alle ore 1,30, sulla linea di ricottura e decapaggio dello stabilimento Thyssen-Krupp di Torino, è scoppiato un incendio che ha causato la morte di sette lavoratori e il grave ferimento di un altro. L'incendio è stato provocato dalla fuoriuscita dell'olio bollente che serve per raffreddare i laminati. Già quattro anni prima, aveva preso fuoco una vasca d'olio e le fiamme erano state domate solo dopo alcuni giorni. In quell'occasione, però, non vi erano stati feriti. Nell'incidente sono mori: Antonio Schiavone, 36 anni, Rosario Rodinò (26 anni), Rocco Marzo (54 anni), Roberto Scola (32 anni), Angelo Laurino (43 anni), Bruno Santino (26 anni), Giuseppe De Masi (26 anni). Il ricordo di quella notte d'incubo - E' la notte tra il 5 e 6 dicembre 2007. è l'1,15 quando alla linea 5 una fuoriuscita di olio bollente fa scoppiare un incendio: la fiamma si sprigiona, gli operai sono in uno spazio assai ristretto e tutti, invece di scappare, tentano di domare e spegnere l'incendio. Una decisione che si rivela fatale: il primo operaio prende l’estintore ma è vuoto, stessa sorte tocca agli altri, allora di corsa verso il tubo dell’acqua ma anche qui nulla. Solo l’impotenza ed il fuoco che avanza quando ormai è troppo tardi per scappare. Antonio muore subito, per gli altri sei compagni di lavoro una lunga agonia prima della morte. Erano a lavoro da 12 ore, la fabbrica era in dismissione ma era arrivato un nuovo lavoro che a Terni non si poteva fare, allora tutti di nuovo in fabbrica: si rientra dalle ferie forzate, si rimette in moto la macchina della produzione, non si ricaricano gli estintori, non si controllano le misure di sicurezza, i telefoni sono guasti, ma tanto andrà bene, l’importante è consegnare il lavoro. La linea 5 avrebbe chiuso a febbraio, figuriamoci investire un euro in sicurezza! Di lavoro si muore troppo in Italia, e lì, alla Thyssen, gli incidenti erano già successi. Cinque anni prima a Torino era andato a fuoco un treno di laminazione, l'incendio era durato tre giorni. Nel 2006 un altro incendio aveva interessato alcuni impianti dello stabilimento di Krefeld della ThyssenKrupp Nirosta. Questa volta, l'ultima, a Torino gli estintori erano rotti e scarichi, negli idranti non c'era l'acqua, delle squadre antincendio nemmeno l'ombra. Le indagini partono subito, coordinate dal procuratore Guariniello. - Controlli della Asl con “preavviso” di due giorni, denunce degli Rls ignorate, da tutti, 35 violazioni in materia di sicurezza ignorate dall’azienda. Dopo due mesi e 19 giorni di indagini, la procura di Torino contesta all'amministratore delegato del gruppo italiano, Harald Espenhahn, l'omicidio volontario con dolo eventuale. Importante anche un rapporto di Axa Assicurazioni inviato ai dirigenti della Thyssen, due dei quali figurano tra gli imputati: un vero e proprio atto di accusa, un tassello importante nel processo. Nel “Rapporto sul deficit di prevenzione”, inviato all’azienda il 26 giugno 2006, si legge quanto segue: «La struttura mostra diversi pericoli connessi con grandi quantità di olii idraulici/lubrificanti, installazioni elettriche, uso di gas naturale, idrogeno e altri gas tecnici, presenza di materiali plastici, utilizzo di soluzioni corrosive». Ed ancora: «Non c'è una squadra antincendio, serve inoltre una squadra di seconda emergenza». Esse, precisa il consulente dell’Axa, «dovrebbero comprendere da 3 a 5 pompieri per turno, totalmente addestrati». Poi, in riferimento alla famigerata linea 5, si afferma: «E' stato notato che in queste linee alcuni sistemi elettrici sono in cattive condizioni: cavi scoperti e/o scollegati...». Infine si raccomanda l'istituzione di un sistema di spegnimento anche nella linea 5, descritta come non conforme alle indicazioni tecniche dell'assicurazione. Eppure, malgrado tutto ciò, Espenhahn accetta il rischio di infortuni, anche mortali, decidendo di posticipare al periodo 2007/2008 gli investimenti necessari per le misure antincendio, ben sapendo che per quella data è stata programmata la chiusura di tutto lo stabilimento. Il risparmio che scaturisce dalla studiata e consapevole decisione di Espenhahn è, a dir poco, notevole. Ma nel novembre 2008, e cioè prima dello scadere di un anno dalla tragedia - come promesso dal procuratore Raffaele Guariniello - il giudice per le indagini preliminari, Francesco Gianfrotta emette la sentenza di omicidio volontario con dolo eventuale nei confronti di Harald Espenhahn. Una decisone destinata a fare scuola, ad essere un precedente importante per tutti i processi dove ci sono morti sul lavoro. E’ la prima volta che un amministratore delegato deve rispondere all'accusa di omicidio volontario per la morte di lavoratori. Per gli altri cinque imputati, Marco Tucci, Gerald Priegnitz, Daniele Moroni, Raffaele Salerno e Cosimo Cauferi, l'accusa è di omicidio colposo plurimo con l'aggravante della previsione dell'evento ed omissione volontaria delle dovute precauzioni. Da qui il processo va avanti, registrando circa 100 udienze.

04 dicembre, 2013

PROMEMORIA 4 dicembre 1993 - Frank Zappa: 20 anni fa moriva un Genio della musica contemporanea!!!

Frank Zappa: 20 anni fa moriva un Genio della musica contemporanea!!! Un genio iconoclasta, una mente libera, indipendente e acuta che sputa fiamme e vetriolo contro l’AmeriKa, non solo quella di Nixon e della guerra in Vietnam, ma anche quella dell’ipocrisia sessuofoba, del falso moralismo, del dio-denaro. Nemico acerrimo dell’uso di droghe d’ogni tipo e delle condizioni standard delle sue chitarre elettriche, che faceva modificare maniacalmente, tiranno despota all’interno delle sue band, ma persona gentilissima e generosa nella vita reale. Un musicista che ha saputo distillare con singolare intelligenza e inconfondibile personalità un sincretismo musicale ineguagliato e forse ineguagliabile. Come diceva Carmelo Bene, musica de-genere, ossia non etichettabile, incapsulata in un genere. Rock’n’roll, blues, musica classica contemporanea, jazz, doo-woop, vaudeville, musique concrête, Zappa-alchimista distilla in bizzarri alambicchi tutto quanto lo ha preceduto e quanto gli sta intorno a formare, appunto, quello stile inconfondibile, zappiano. http://www.youtube.com/watch?v=1o7T7vbaJ3c

30 novembre, 2013

PROMEMORIA 30 novembre 1982 - Michael Jackson pubblica Thriller, l'album più venduto di tutti i tempi.

Michael Jackson pubblica Thriller, l'album più venduto di tutti i tempi. Thriller è il sesto album in studio di Michael Jackson, pubblicato nel 1982. Con questo disco il cantante raggiunse la massima notorietà. Inoltre risulta l'album più venduto nella storia della musica, con oltre 66 milioni di copie all'attivo dall'anno della sua pubblicazione. Pubblicato il 30 novembre 1982, Thriller raggiunse la vetta sulla Billboard 200 Chart e ci rimase per ben 37 settimane non consecutive; il primato per le consecutive è di 17 settimane, conseguito ben due volte. Rimase invece nella top 10 per 80 settimane e in classifica per 122 settimane (per la straordinaria durata di quasi 2 anni e mezzo). Il disco all'inizio doveva chiamarsi "Starlight" perché il titolo della title track sarebbe dovuto essere "Give Me Starlight". Da quest'album vennero estratti sette singoli tra cui Billie Jean, Beat It, ed infine l'omonima Thriller. Il primo (Billie Jean) raggiunse la prima posizione nella Billboard Hot 100 rimanendovi per sette settimane consecutive e nella R&B chart per nove settimane. Il brano è il più famoso della carriera di Jackson ed è considerato uno dei migliori nella storia della musica. Beat It raggiunse anch'essa la prima posizione sulla Billboard Hot 100 e la mantenne per tre settimane, mentre Thriller non raggiunse la vetta sulla Hot 100 bensì in quella Hot Dance Club Play rimanendovi per undici settimane. Thriller inoltre, è stato il primo e unico album della storia ad essere il best-seller americano per due anni di fila (1983-1984). I singoli estratti dall'album vennero accompagnati da video innovativi che mutarono il concetto di video fino allora conosciuto. Un esempio di quanto detto è il cortometraggio Thriller, girato l'anno successivo l'uscita dell'album, dove Jackson con il regista John Landis realizzò quello che è di certo uno dei più famosi video della storia, un vero e proprio mini-film contornato da coreografie divenute celebri e prese ad esempio tutt'oggi da artisti e registi. Il video si fece notare anche per l'uso di effetti speciali, in uno dei quali Jackson si trasformava in lupo mannaro. Tutto ciò contribuì a lanciare Jackson ai vertici della musica internazionale. Parte del successo dell'album è dovuto inoltre all'esibizione al 25º anniversario della Motown dove Michael Jackson si esibì in Billie Jean e lanciò il Moonwalk ovvero la celebre camminata all'indietro (successivamente usata in tutte le esibizioni live di Billie Jean) Al disco collaborarono anche altri artisti, tra cui Paul McCartney, Toto ed Eddie Van Halen. Nel 1984, Thriller ricevette 12 nomination ai Grammy Awards e ne vinse 8 (cifra record per un solo album). In occasione dei 30 anni di carriera di Michael Jackson, Thriller è stato riproposto in Edizione Speciale nel 2001, con 4 Bonus Tracks ed alcune interviste rilasciate. L'11 febbraio 2008 (l'uscita era prevista per novembre 2007 e negli Stati Uniti d'America è stato pubblicato il 12 febbraio) è stato commercializzato in occasione del 25º anniversario dell'album "Thriller" un disco chiamato Thriller 25 contenente un CD ed un DVD con le tracce originali dell'album e cinque di queste tracce sono state remixate da alcuni artisti quali Akon, Kanye West e Will.i.am e oltre ai remix c'è anche la canzone inedita For All Time che in realtà non fa parte delle sessioni di Thriller bensì di quelle di Dangerous pubblicato nove anni dopo, ma fu scritta nel 1982 e quindi originariamente pensata per l'album Thriller, inizialmente doveva essere contenuta nell'album Thriller (la versione giapponese di Thriller 25 contiene anche Got The Hots) e i 3 video estratti dall'album (Billie Jean, Beat it e Thriller) più il video di Michael Jackson di "Billie Jean: Live At Motown 25: Yesterday, Today and Forever". Questa riedizione ha venduto in tutto il mondo oltre 4 milioni di copie. Nel 2008 Thriller è stato incluso nella Biblioteca del Congresso americano come "Tesoro Nazionale". A seguito della morte di Jackson, l'album è rientrato ai primi posti in tutte le classifiche mondiali, vendendo più di 2 milioni di copie. Il successo si è conseguito anche per i singoli, i quali hanno riconquistato la vetta delle classifiche, con diverse milioni di copie vendute. A distanza di due mesi circa dalla morte del cantante, Thriller ha conquistato il suo 29º disco di platino negli Stati Uniti, eguagliando il record di album più venduto nel paese detenuto da Their Greatest Hits (1971-1975) degli Eagles.

01 novembre, 2013

PROMEMORIA 1 novembre 1998 – Viene istituita la Corte Europea dei diritti dell'uomo

Viene istituita la Corte Europea dei diritti dell'uomo La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Corte EDU) è stata istituita nel 1959 dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) del 1950, per assicurarne il rispetto. Vi aderiscono quindi tutti i 47 membri del Consiglio d'Europa. La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha sede a Strasburgo e non è una istituzione che fa parte dell'Unione Europea; non dev'essere confusa con la Corte di giustizia dell'Unione europea con sede in Lussemburgo, istituzione effettiva dell'Unione europea. La Corte può conoscere sia ricorsi individuali che ricorsi da parte degli Stati contraenti in cui si lamenti la violazione di una delle disposizioni della Convenzione o dei suoi Protocolli Addizionali. Essa svolge tuttavia una funzione sussidiaria rispetto agli organi giudiziari nazionali, in quanto le domande sono ammissibili solo una volta esaurite le vie di ricorso interne (regola del previo esaurimento dei ricorsi interni), secondo quanto prevede la stessa Convenzione nonché le norme di diritto internazionale generalmente riconosciute. L'ammissibilità dei ricorsi interstatali è decisa da una delle Camere, mentre l'ammissibilità dei ricorsi individuali è decisa da un Comitato (una procedura di snellimento del lavoro della Corte che si basa quasi esclusivamente su ricorsi individuali, dato che solo tre volte ha risolto ricorsi interstatali). Se il ricorso, individuale o statale, è dichiarato ammissibile la questione viene sottoposta, ordinariamente, al giudizio di una Camera e in ogni caso si cercherà di raggiungere una risoluzione amichevole della controversia. Se la questione non si risolve amichevolmente, la Camera competente emetterà una sentenza motivata nella quale, in caso di accoglimento della domanda, potrà indicare l'entità del danno sofferto dalla parte ricorrente e prevedere un'equa riparazione, di natura risarcitoria o di qualsiasi altra natura. Le sentenze della Corte sono impugnabili, in situazioni eccezionali, davanti alla Grande Camera in un termine di tre mesi, decorso il quale sono considerate definitive. Le sentenze sono pubblicate. Gli Stati firmatari della Convenzione si sono impegnati a dare esecuzione alle decisioni della Corte europea. Il controllo sull'adempimento di tale obbligo è rimesso al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.

27 ottobre, 2013

Dedicato a mio padre...Ercole Chiappini

Dedicato a mio padre...Ercole Chiappini …il tempo passa velocemente tanto che 41 dalla tua dipartita sono passati in un tempo troppo breve...allora voglio dedicarti una frase che io non sono capace a scrivere con tanta intensità la che altri hanno saputo fare... …Il dolore è sordo, il dolore è muto. Il dolore è sordomuto. Sordo perché ascolta solo se stesso, muto perché non ci sono parole che possano parlarne.

27 settembre, 2013

PROMEMORIA 27 ottobre 1991 A Bari nella notte tra il 26 e il 27 brucia il Teatro Petruzzelli

A Bari nella notte tra il 26 e il 27 brucia il Teatro Petruzzelli Nella notte tra il 26 e il 27 ottobre 1991 il teatro fu devastato da un violentissimo incendio doloso e solo il collasso della cupola che crollando ha soffocato le fiamme ne ha impedito la distruzione. L'ultima opera rappresentata fu la Norma (per ironia della sorte, l'opera termina proprio con un rogo). Fu poi ricostruito ed inaugurato nel 2009. Il processo penale riguardante il rogo si è concluso con l'assoluzione degli imputati accusati di essere i mandanti e con la condanna degli esecutori materiali del fatto. Un altro procedimento civile che vedeva coinvolti la famiglia Messeni Nemagna ed il gestore temporaneo di allora Ferdinando Pinto accusato di non aver assicurato il Teatro, si è concluso con la condanna di quest'ultimo a pagare un risarcimento di 57 miliardi di lire in favore dei proprietari del Teatro, denari mai percepiti, perché il signor Pinto risulta totalmente incapiente. In compenso i Messeni Nemagna hanno dovuto pagare l'ingente tassa di registrazione della sentenza. Il 21 novembre 2002 presso il Ministero per i beni e le attività culturali (alla presenza dell'allora ministro Giuliano Urbani e del sottosegretario Nicola Bono) fu sottoscritto, sotto la supervisione dell' illustre Prof. Avv. Michele Costantino, un "Protocollo d'intesa", tra la famiglia proprietaria del Teatro ed il Comune, la Provincia di Bari e la Regione Puglia che recita nella premessa "soddisfa tutti gli interessi pubblici e privati" e prevedeva che il Teatro sarebbe stato consegnato dalle parti pubbliche, ricostruito, il 22 novembre 2006 alla famiglia proprietaria che lo avrebbe consegnato alla Fondazione. Quest'ultima avrebbe corrisposto, per l'uso del teatro per svolgere le sue attività e per l'uso in esclusiva del marchio, anche per quelle commercialmente rilevanti, un canone sottostimato ovvero decurtato della quota d'ammortamento della ricostruzione. I primi lavori, sgombero macerie, prove diagnostiche, consolidamento statico e ripristino delle coperture furono realizzati tra il 1993 e il 1998 direttamente dalla proprietà con l'utilizzo di un contributo statale. Finiti i soldi e in attesa della definizione dei rapporti con gli enti pubblici territoriali, il cantiere si è fermato per riprendere a opera delle parti pubbliche dopo la sottoscrizione del protocollo d'intesa del 2002. Fu realizzato (2005) il recupero del foyer e del suo apparato decorativo fortemente danneggiato dall'incendio ma sostanzialmente integro, il consolidamento delle fondamenta regolarmente collaudato, la predisposizione degli impianti e completato il rustico, poi un inspiegabile fermo. Il 3 ottobre del 2006, il Teatro è stato espropriato in base ad un articolo collegato alla legge finanziaria del 2006 divenendo proprietà del Comune di Bari. Il 30 aprile 2008 la Corte costituzionale con sentenza n. 128/2008[1] ha ridato la proprietà del Teatro alla famiglia Messeni Nemagna per mancanza dei requisiti di "straordinaria necessità e urgenza" previsti dall'esproprio. Durante il breve periodo dell'esproprio una lettera del sindaco pro tempore Michele Emiliano che lamentava presunte criticità statiche, faceva avviare le procedure della protezione civile, veniva nominato commissario speciale Angelo Balducci con il suo collaboratore De Santis. Il costo dei lavori aumentava del 156%, ma a distanza di soli due anni dal loro completamento (novembre 2010) sono già molti i cedimenti dell'intonaco e della pavimentazione, visibili infiltrazioni e deterioramento. Il Petruzzelli, ricostruito interamente con soldi pubblici nel 2008, è stato riconsegnato al Comune di Bari il 7 settembre 2009 che lo recepiva esclusivamente in qualità di custode, ma poi ne disponeva sulla base di una artificiosa triangolazione di verbali tra soprintendenza ministero e commissario Balducci. Inoltre il comune di Bari ignorando le sentenze che lo vedono parte soccombente e scavalcandone il pronunciamento definitivo invoca l'art, 5 della convenzione di concessione del suolo che prevede che: "Nel caso che l’edificio crollasse per terremoto, per incendio o per qualsiasi altra causa, il concessionario ed i suoi aventi causa avranno il diritto di rimettere il Politeama nello stato primitivo, purché i lavori siano intrapresi fra un anno e siano completati fra tre a contare dal giorno in cui il crollamento sia avvenuto; oppure avranno il dovere di sgombrare il suolo dei materiali e restituirlo libero al Comune fra un anno a contare dal sopra indicato termine". Il comune finge di ignorare che non c'è stato mai un crollo totale, tanto che lui stesso ha rilasciato concessione edilizia per "lavori di straordinaria manutenzione" e la soprintendenza dei beni culturali ha richiesto un "restauro con parziale integrazione". Il protocollo d'intesa contratto di diritto privato sottoscritto tra le parti pubbliche e private nel 2002, ha comunque definitivamente transatto ogni questione. Attualmente sono in atto contenziosi fin qui persi dalla famiglia proprietaria. La Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari è stata infine individuata come l'unico soggetto in grado di assumere la gestione, la manutenzione e l'assicurazione del Teatro Petruzzelli, sulla base di quanto scritto nell'ex art. 23 della legge 800, secondo il quale i comuni devono mettere a disposizione degli enti lirici i teatri di proprietà comunale, per dare seguito alle stagioni concertistiche. E così è stato anche se il Petruzzelli non appartiene al comune di Bari ma ai privati proprietari. Il Teatro Petruzzelli riapre ufficialmente domenica 4 ottobre 2009, quasi 18 anni dopo il rogo, sottotono con un concerto organizzato in soli cinque giorni, con l'esecuzione della Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven da parte dell'Orchestra della Provincia di Bari, diretta dal maestro Fabio Mastrangelo. Infatti quasi nessun quotidiano nazionale ne dà notizia. Il 6 dicembre 2009 viene inaugurata la prima stagione lirica nel Petruzzelli ricostruito dopo il rogo con Turandot di Giacomo Puccini, regia di Roberto De Simone e direzione orchestrale del maestro Renato Palumbo, che in settembre aveva concertato Tosca, ultimo titolo in cartellone in trasferta al Teatro Piccinni. Proprio una prova di questa Tosca è stata il primo test acustico per orchestra e cantanti dopo la ricostruzione.

25 settembre, 2013

PROMEMORIA 25 settembre 2005 Ferrara: il diciottenne Federico Aldrovandi muore pochi minuti dopo essere stato fermato dalla polizia nei pressi dell'ippodromo; sono indagati per la sua morte quattro poliziotti condannati in via definitiva il 21 giugno 2012 a 3 anni e 6 mesi per "eccesso colposo in omicidio colposo"

Ferrara: il diciottenne Federico Aldrovandi muore pochi minuti dopo essere stato fermato dalla polizia nei pressi dell'ippodromo; sono indagati per la sua morte quattro poliziotti condannati in via definitiva il 21 giugno 2012 a 3 anni e 6 mesi per "eccesso colposo in omicidio colposo" Il caso Aldrovandi è la vicenda giudiziaria e di cronaca che ruota intorno all'uccisione dello studente ferrarese diciottenne Federico Aldrovandi. Il 6 luglio 2009 quattro poliziotti vengono condannati in primo grado a 3 anni e 6 mesi di reclusione, per "eccesso colposo in omicidio colposo". Il 21 giugno 2012, dopo l'iter giudiziario, la corte di cassazione ha confermato la condanna. Il caso è stato, ed è tutt'oggi, oggetto di grande attenzione mediatica. La notte del 25 settembre 2005 Aldrovandi decise di tornare a casa a piedi dopo aver trascorso la serata al locale Link di Bologna[2]. Durante la nottata il giovane assunse sostanze stupefacenti e alcol, seppur in minime quantità[1]. Nei pressi di viale Ippodromo a Ferrara circolava, in quegli stessi minuti, la pattuglia "Alfa 3" con a bordo Enzo Pontani e Luca Pollastri. Quest'ultimi descrivono l'Aldrovandi come un "invasato violento in evidente stato di agitazione", sostengono di "essere stati aggrediti dallo stesso a colpi di karate e senza un motivo apparente" e chiedono per questo i rinforzi. Dopo poco tempo arriva in aiuto la volante "Alfa 2", con a bordo Paolo Forlani e Monica Segatto. Lo scontro tra i quattro poliziotti e il giovane diventa molto violento (durante la colluttazione due manganelli si spezzano) e porta quest'ultimo alla morte, sopraggiunta per "asfissia da posizione", con il torace schiacciato sull'asfalto dalle ginocchia dei poliziotti. Alle 6.04 la prima pattuglia richiedeva alla propria centrale operativa l'invio di un'ambulanza del 118, per un sopraggiunto malore. Secondo i tabulati dell'intervento, alle 6.10 arrivò la chiamata da parte del 113 a Ferrara Soccorso, che inviò sul posto un'ambulanza ed un'automedica, giunte sul posto rispettivamente alle 6.15 ed alle 6.18. All'arrivo sul posto il personale del 118 trovava il paziente “riverso a terra, prono con le mani ammanettate dietro la schiena [...] era incosciente e non rispondeva”. L'intervento si concluse, dopo numerosi tentativi di rianimazione cardiopolmonare, con la constatazione sul posto della morte del giovane, per “arresto cardio-respiratorio e trauma cranico-facciale”. I dubbi della famiglia La famiglia venne avvertita solamente alle 11 del mattino, quasi cinque ore dopo la constatazione del decesso. I genitori, di fronte alle 54 lesioni ed ecchimosi presenti sul corpo del ragazzo, ritennero poco credibile la morte per un malore. Il 2 gennaio 2006 la madre di Federico apre un blog su internet, chiedendo che venga fatta luce su alcuni contorni oscuri di tutta la vicenda. Questo causò un'accelerazione delle indagini, che erano già in corso[4]. Il 20 febbraio 2006 vennero depositati i risultati della perizia medico legale disposta dal Pubblico Ministero, secondo la quale "la causa e le modalità della morte dell'Aldrovandi risiedono in una insufficienza miocardica contrattile acuta [...] conseguente all'assunzione di eroina, ketamina ed alcool”. Di tutt'altra voce un'indagine medico–legale, depositata il 28 febbraio 2006 dai periti della famiglia, secondo la quale dall'esame autoptico la causa ultima di morte sarebbe stata "un'anossia posturale", dovuta al caricamento sulla schiena di uno o più poliziotti durante l'immobilizzazione. Per quanto riguarda l'assunzione di droghe, la quantità di sostanze tossiche assunte dal giovane era la medesima rilevata dai periti della Procura, ma assolutamente non sufficiente a causare l'arresto respiratorio: in particolare l'alcol etilico (0,4 g/L) era inferiore ai limiti fissati dal codice della strada per guidare, la ketamina era 175 volte inferiore alla dose letale e l'eroina assunta non poteva essere significativa, stante lo stato di agitazione imputato ad Aldrovandi. Essendo la sintomatologia dell'abuso di oppiacei caratterizzata da uno stato di sedazione e torpore, la morte di Aldrovandi, correlata al suo stato di euforia ed agitazione, è logicamente incompatibile con una forte overdose di eroina.[6] Inoltre sia la perizia che i risultati delle indagini avrebbero evidenziato un contesto di gravi violenze subite dal giovane durante tutto l'intervento delle due pattuglie di Polizia. Nel frattempo la notorietà della storia aumentava sempre di più, grazie alla mobilitazione di associazioni, comitati, scuole e del consiglio comunale di Ferrara, arrivando fino alla partecipazione a trasmissioni televisive nazionali. Apertura dell'inchiesta Il 15 marzo 2006 arrivò la notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati dei quattro agenti che avevano proceduto all'arresto di Aldrovandi per omicidio colposo. L'avviso di garanzia venne notificato loro il 6 aprile 2006. Il 16 giugno 2006 si tenne il primo incidente probatorio di fronte al giudice per le indagini preliminari, fra la famiglia della vittima, i quattro imputati ed una testimone oculare dell'accaduto, la camerunense Annie Marie Tsagueu. La Tsagueu, residente in viale Ippodromo, è l'unica testimone ad aver visto e sentito distintamente alcune fasi della collutazione. Ha visto gli agenti (due su quattro) picchiare Federico Aldrovandi, comprimerlo sull'asfalto e manganellarlo. Ha inoltre sentito le sue grida di aiuto e lo ha sentito respirare tra un conato di vomito e l'altro. Dall'incidente probatorio emersero tra le altre una lunga escoriazione alla natica sinistra, segno di trascinamento sull'asfalto, ed un importante schiacciamento dei testicoli. Nel frattempo venne disposta una perizia super-partes, con un incarico affidato all'"Istituto di Medicina Legale di Torino". Dalle indagini nel frattempo emergevano vari elementi incoerenti: come il fatto che il PM non fosse andato a compiere un sopralluogo sulla scena del decesso; che non fosse stata sequestrata l'automobile su cui, a detta degli agenti, si sarebbe ferito Aldrovandi; che non fossero stati sequestrati i manganelli, di cui due rotti, come confermato dall'onorevole Carlo Giovanardi in corso di interrogazione parlamentare;[8] ed infine che il nastro contenente le comunicazioni fra il 113 e la pattuglia fosse stato messo a disposizione della Procura soltanto molto tempo dopo. Per questi motivi venne aperta una seconda inchiesta presso la Procura di Ferrara, per vari reati, tra cui falso, omissione e mancata trasmissione di atti. L'11 novembre 2006 venne depositata la perizia eseguita a Torino, in cui veniva escluso categoricamente un nesso fra la morte e le sostanze psicotrope assunte da Aldrovandi, e secondo la quale la causa del decesso è da attribuirsi ad una morte improvvisa per insufficienza funzionale cardio-respiratoria, definita dagli autori anglosassoni come "excited delirium syndrome". Dalla discussione delle perizia, avvenuta il 14 dicembre 2006, emerse un ruolo attivo delle persone che erano con Aldrovandi. Il processo Il 10 gennaio 2007 venivano formalmente rinviati a giudizio, per omicidio colposo, gli agenti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri, per aver ecceduto i limiti dell'adempimento di un dovere, per aver procrastinato la violenza anche dopo aver vinto la resistenza del giovane e per aver ritardato l'intervento dell'ambulanza. Dopo le procedure di istruzione del processo la prima udienza preliminare venne fissata per l'ottobre 2007. All'inizio di febbraio 2008 viene mostrato un filmato di dieci minuti, girato dalla polizia scientifica sul luogo dell'evento, dopo la partenza dell'ambulanza e prima dell'arrivo del medico legale, in cui gli agenti presenti sul posto scambiano considerazioni sull'accaduto. Nel video emergerebbero preoccupanti divergenze con le foto scattate dal medico legale. Il 26 giugno 2007 vengono per la prima volta interrogati durante il processo i quattro imputati, i quali si dichiarano stupiti della morte della vittima, che "stava benissimo prima dell'arrivo dei sanitari", mentre la registrazione della centrale operativa riporta chiaramente: "... l'abbiamo bastonato di brutto. Adesso è svenuto, non so... È mezzo morto". Gli agenti raccontarono che i due sfollagente si sarebbero rotti per un calcio di Aldrovandi e per una caduta accidentale di un poliziotto. Sempre secondo la deposizione, l'ambulanza fu chiamata immediatamente, mentre non fu utilizzato il defibrillatore semi-automatico di cui era dotata la volante poiché Aldrovandi non aveva "mai dato segni di sofferenza". La segnalazione della Chiarelli Durante il processo la difesa sosterrà che la volante "Alfa 3" sarebbe giunta sul posto dopo la segnalazione di una residente, Cristina Chiarelli, preoccupata per il frastuono proveniente dal parco di viale Ippodromo. Fabio Anselmo, legale della famiglia Aldrovandi, sostiene invece che la suddetta pattuglia era già presente sul luogo e che le urla udite e segnalate dalla Chiarelli provenissero dallo scontro in corso tra Aldrovandi e i quattro poliziotti. Tale sequenza temporale è stata ipotizzata anche dal giudice in primo grado. Ulteriori perizie Il 10 ottobre 2008 i periti della difesa fornirono una versione opposta alle perizie di parte civile, ribadendo la rilevanza delle sostanze assunte dal giovane, in quantità sufficienti a causarne la morte, ed escludendo che la colluttazione o il mantenimento della posizione prona abbiano "avuto effetto nel processo che ha portato alla morte del ragazzo". Sommando gli effetti analgesici delle droghe si sarebbe compreso come il ragazzo avesse potuto ferirsi ripetutamente senza sentire dolore. L'agitazione psicomotoria "intensissima [...] ha innescato un meccanismo che ha portato a perdere il controllo del cervello e quindi a non rendersi conto del fabbisogno di ossigeno che il suo organismo richiedeva", cosa che sarebbe dipesa "dall'assunzione delle droghe, indipendentemente dalle quantità ingerite". Nemmeno il mettere la vittima in posizione seduta, conclusero i periti, le avrebbe salvato la vita, in assenza di una specifica terapia d'urgenza. Secondo una nuova perizia di parte civile del 6 novembre 2008 venne invece riportato che "alla base del cuore, lungo l’efflusso ventricolare sinistro, in particolare in corrispondenza del setto membranoso situato fra cuspide aortica non coronarica e coronarica destra, si osserva un cospicuo ematoma. Questa è la sede del fascio di His [...]. Il coinvolgimento del fascio di His da parte dell’ematoma è vistoso e con grande verosimiglianza è di origina traumatica [...] oppure ipossico da insufficienza respiratoria prolungata". La perizia conclude che "con probabilità molto elevata questa complicanza è stata la causa di morte". Il 9 gennaio 2009 il perito di parte venne sentito in udienza, il quale concluse affermando la morte per causa violenta di Aldrovandi. Sentenze Primo grado Il 19 giugno 2009, il pubblico ministero titolare del caso ha pronunciato una requisitoria in cui ha chiesto 3 anni e 8 mesi per i poliziotti implicati: Monica Segatto, Paolo Forlani, Enzo Pontani e Luca Pollastri. Il 6 luglio 2009 il giudice Francesco Maria Caruso del tribunale di Ferrara ha condannato per omicidio colposo a tre anni e sei mesi di reclusione i quattro poliziotti indagati, riconoscendo l'eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi. I quattro condannati, grazie all'indulto varato nel 2006, non sconteranno la loro pena. Corte d'Appello Il 9 ottobre 2010 viene stabilito, a favore dei familiari di Federico Aldrovandi, un risarcimento pari a circa due milioni di euro, in cambio dell'impegno a non costituirsi parte civile nei procedimenti ancora aperti. Il 10 giugno 2011 la Corte d'Appello di Bologna ha confermato la pena sancita in primo grado dal tribunale di Ferrara per la morte di Federico Aldrovandi, accogliendo in questo modo le richieste della PG e respingendo in toto le tesi difensive.[18] Corte di cassazione e condanna definitiva Il 21 giugno 2012 la corte di cassazione ha reso definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per "eccesso colposo in omicidio colposo" ai quattro poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri. In particolare la quarta sezione penale ha respinto il ricorso presentato dalla difesa dei quattro agenti contro la condanna che era già stata emessa dalla Corte d'Appello di Bologna. I poliziotti però beneficiano dell'indulto, che copre 36 dei 43 mesi di carcerazione previsti dalla condanna. In ogni caso, dopo l'attuazione di quest'ultima, scattano i provvedimenti disciplinari. Per Amnesty International si è trattato di "un lungo e tormentato percorso di ricerca della verità e della giustizia. Solidarietà e vicinanza ai familiari di Federico Aldrovandi, che in questi anni hanno dovuto fronteggiare assenza di collaborazione da parte delle istituzioni italiane e depistaggi dell'inchiesta". In cassazione i famigliari di Federico Aldrovandi non si sono costituiti parte civile dopo aver raggiunto una transazione con il Ministero dell'Interno e dopo aver ricevuto le scuse del capo della polizia Antonio Manganelli che ha incontrato i genitori del giovane durante una visita privata. Decorso Il 29 gennaio 2013 il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha decretato il carcere per la pena residua di 6 mesi (dato che 3 anni erano stati condonati dall'indulto) nei confronti dei poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri. Il provvedimento del Tribunale giunge dopo la richiesta avanzata dal Procuratore Generale[23]. Il 1 marzo 2013 viene respinta l'istanza della difesa del quarto poliziotto, Enzo Pontani, e dunque anche quest'ultimo viene condannato in via definitiva e sconterà la pena detentiva. Il 18 marzo 2013 Monica Segatto, l'unica donna del gruppo, viene scarcerata sulla base del decreto Severino (lo "svuota-carceri") dopo un mese di detenzione e ammessa al regime degli arresti domiciliari. Anche Paolo Forlani e Luca Pollastri avevano avanzato la richiesta di poter accedere alla misura meno afflittiva dei domiciliari, sempre appellandosi allo svuota-carceri; questa volta però il magistrato di sorveglianza ha respinto la domanda, confermando il carcere per i due agenti. Gli uomini, insieme a Enzo Pontani, dovranno quindi scontare il resto della pena presso il penitenziario di Ferrara, in regime di isolamento. Reazioni alle sentenze Il 27 marzo 2013 il COISP, sindacato indipendente di polizia, ha improvvisato una manifestazione di solidarietà verso i poliziotti condannati presidiando la zona antistante il municipio di Ferrara, dove lavora la madre di Federico Aldrovandi. La donna, prima ha comunicato su Facebook la notizia commentandola, in seguito, non vedendo reazioni da parte dei manifestanti ha deciso di scendere portandosi con sé l'immagine del figlio morto. I manifestanti, appena notata la presenza della donna, si sono voltati ed hanno lasciato la piazza. Ne seguirà una querela della donna ai danni del COISP.[28] Aldrovandi Bis Il 5 marzo 2010 tre poliziotti sono stati condannati nel processo Aldrovandi bis sui presunti depistaggi nelle indagini mentre un quarto è stato rinviato a giudizio. La decisione sui depistaggi conferma l'ipotesi accusatoria dell'intralcio alle indagini fin dal primo momento. Le condanne sono state per: Paolo Marino, dirigente dell'Upg all'epoca, a un anno di reclusione per omissione di atti d'ufficio, per aver indotto in errore il PM di turno, non facendola intervenire sul posto. Marcello Bulgarelli, responsabile della centrale operativa, a dieci mesi per omissione e favoreggiamento. Marco Pirani, ispettore di polizia giudiziaria, a otto mesi per non aver trasmesso, se non dopo diversi mesi, il brogliaccio degli interventi di quella mattina. Luca Casoni, il quarto poliziotto coinvolto, che non ha scelto il rito abbreviato, è sottoposto a processo a partire dal 21 aprile 2010. Il 27 gennaio 2011 viene assolto dall’accusa di falsa testimonianza perché il fatto non sussiste e assolto dalle accuse di favoreggiamento e omissione d’atti ufficio perché il fatto non costituisce reato.

21 settembre, 2013

PROMEMORIA 21 settembre 1990 - Il giudice Rosario Livatino viene assassinato, a soli 38 anni, mentre percorre la statale Agrigento-Caltanissetta, in Sicilia

Il giudice Rosario Livatino viene assassinato, a soli 38 anni, mentre percorre la statale Agrigento-Caltanissetta, in Sicilia Rosario Livatino nacque a Canicattì nel 1952, figlio di un avvocato di nome Vincenzo Livatino e di Rosalia Corbo. Conseguita la maturità presso il liceo classico Ugo Foscolo, nel 1971 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Palermo presso la quale si laureò nel 1975 cum laude. Tra il 1977 ed il 1978 prestò servizio come vicedirettore in prova presso l'Ufficio del Registro di Agrigento. Sempre nel 1978, dopo essersi classificato tra i primi in graduatoria nel concorso per uditore giudiziario, entrò in magistratura presso il Tribunale di Caltanissetta. Nel 1979 diventò sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e ricoprì la carica fino al 1989, quando assunse il ruolo di giudice a latere. Venne ucciso il 21 settembre del 1990 sulla SS 640 mentre si recava, senza scorta, in tribunale, per mano di quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina, organizzazione mafiosa in contrasto con Cosa Nostra[1]. Del delitto fu testimone oculare Pietro Nava, sulla base delle cui dichiarazioni furono individuati gli esecutori dell'omicidio. Nella sua attività si era occupato di quella che sarebbe esplosa come la Tangentopoli Siciliana ed aveva messo a segno numerosi colpi nei confronti della mafia, attraverso lo strumento della confisca dei beni. Non molti giorni dopo la scoperta di legami mafia-massoneria, l'allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga lo definì Il giudice ragazzino: « Possiamo continuare con questo tabù, che poi significa che ogni ragazzino che ha vinto il concorso ritiene di dover esercitare l’azione penale a diritto e a rovescio, come gli pare e gli piace, senza rispondere a nessuno...? Non è possibile che si creda che un ragazzino, solo perché ha fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di condurre indagini complesse contro la mafia e il traffico di droga. Questa è un'autentica sciocchezza! A questo ragazzino io non gli affiderei nemmeno l'amministrazione di una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a un piano con una sola finestra, che è anche la porta. » Dopo la morte del magistrato, l'Espresso sviscerò molti retroscena della faccenda. Dodici anni dopo l'assassinio, in una lettera aperta pubblicata da Il Giornale di Sicilia (11/7/2002) ed indirizzata ai genitori del giudice, Cossiga smentì che quelle affermazioni dispregiative fossero riferite a Rosario Livatino[2]. Papa Giovanni Paolo II definì Rosario Livatino «martire della giustizia ed indirettamente della fede». La sua figura è ricordata nel film di Alessandro Di Robilant Il giudice ragazzino, uscito nel 1994. È invece del 1992 il libro omonimo, scritto da Nando dalla Chiesa. Nel 2006 è stato realizzato il film-documentario La luce verticale per promuovere la causa di beatificazione di Rosario Livatino.

19 settembre, 2013

PROMEMORIA 19 settembre 1952 – Gli USA vietano il rientro a Charlie Chaplin cittadino britannico residente negli Usa, dopo un viaggio in Inghilterra

Gli USA vietano il rientro a Charlie Chaplin cittadino britannico residente negli Usa, dopo un viaggio in Inghilterra Sir Charles Spencer Chaplin, noto come Charlie Chaplin (Londra, 16 aprile 1889 – Corsier-sur-Vevey, 25 dicembre 1977), è stato un attore, regista, sceneggiatore, comico, compositore e produttore britannico, autore di oltre novanta film e tra i più importanti e influenti cineasti del XX secolo. Il personaggio attorno al quale costruì larga parte delle sue sceneggiature, e che gli diede fama universale, fu quello del "vagabondo" (The Tramp in inglese; Charlot in italiano, francese e spagnolo): un omino dalle raffinate maniere e la dignità di un gentiluomo, vestito di una stretta giacchetta, pantaloni e scarpe più grandi della sua misura, una bombetta e un bastone da passeggio in bambù; tipici del personaggio erano anche i baffetti e l'andatura ondeggiante. L'emotività sentimentale e il malinconico disincanto di fronte alla spietatezza e alle ingiustizie della società moderna, fecero di Charlot l'emblema dell'alienazione umana - in particolare delle classi sociali più emarginate - nell'era del progresso economico e industriale. Chaplin fu una delle personalità più creative e influenti del cinema muto. La sua vita lavorativa nel campo dello spettacolo ha attraversato oltre 75 anni. Fu influenzato dal comico francese Max Linder, a cui dedicò uno dei suoi film. Star mondiale del cinema, fu oggetto di adulazione e di critiche serrate, anche a causa delle sue idee politiche. Nei primi anni Cinquanta, durante il Maccartismo, la sua identificazione con la sinistra lo costrinse a stabilirsi in Europa. Tra gli attori più famosi dalla nascita dell'industria hollywoodiana, figura al decimo posto della classifica AFI dei 25 migliori attori di tutta la storia del cinema. Le sue simpatie politiche non furono da lui mai rivelate esplicitamente. Di certo, in molti suoi film aveva analizzato la realtà cupa dei lavoratori, dei poveri e degli emarginati (Tempi moderni, del 1936, ne può essere un chiaro esempio), ed aveva messo in piena luce le contraddizioni della società statunitense. Benché vivesse negli Stati Uniti da molti anni e vi pagasse le tasse, Chaplin non aveva mai chiesto la cittadinanza statunitense. Già all'uscita di Monsieur Verdoux venne pubblicamente accusato di "filocomunismo" e nel 1949 divenne uno dei bersagli del movimento innescato dal senatore Joseph McCarthy. Chaplin negò sempre, con veemenza. Disse anche che era stanco di rispondere sempre alla stessa domanda. Nel 1951 iniziò a girare quello che sarebbe stato il suo film d'addio: Luci della ribalta, tratto da un suo romanzo Footlights, mai pubblicato. Fu il suo ultimo film prodotto a Hollywood, e anche l'unico che interpretò assieme ad un altro mattatore del cinema muto: Buster Keaton. La condanna decisiva nei suoi confronti arrivò nel settembre del 1952. Chaplin e la sua nuova famiglia si erano imbarcati per l'Europa per quella che doveva essere una vacanza. Mentre si trovavano in mare il ministro della giustizia statunitense dispose per pubblico decreto che a Chaplin, in quanto cittadino britannico, non sarebbe stato permesso di rientrare nel paese a meno che non avesse convinto i funzionari dell'immigrazione di essere "idoneo"[15]. Avutane notizia, Chaplin decise di stabilirsi in Europa fissando la sua residenza in Svizzera. Nel 1957 Chaplin ritornò dietro la macchina da presa per girare di nuovo un film: Un re a New York. Fu il suo penultimo film, tra l'altro anche l'unico in cui recita assieme a suo figlio Michael. L'opera non ebbe successo e la sua vena cinematografica sembrò effettivamente appannata. Nel 1964, dopo circa un anno di lavoro, scrisse un'autobiografia (nella quale non vi è menzione del film Il circo, che probabilmente preferiva non ricordare per le tristi circostanze nelle quali fu girato). Nel 1966 si calò per l'ultima volta nei panni di regista, per girare La contessa di Hong Kong: fu il suo ultimo film, nonché l'unico a colori, nel quale lavorò assieme a due star del cinema mondiale: Marlon Brando e Sophia Loren. Grazie alla sua genialità di compositore, proprio in quegli anni produsse la versione sonora di alcuni suoi capolavori: Il circo nel 1969, Il monello nel 1971, e infine nel 1975 La donna di Parigi. Nel 1972, riconciliatosi con l'opinione pubblica statunitense, ritornò negli Stati Uniti per ritirare il suo secondo premio Oscar, questa volta alla carriera, assegnatogli per "aver fatto delle immagini in movimento una forma d'arte del Ventesimo secolo". In tale occasione fu protagonista della più lunga ovazione nella storia dell'Academy Awards. L'anno successivo vinse il Premio Oscar alla migliore colonna sonora per il film Luci della ribalta. Il 4 marzo 1975, dopo molti anni di esilio volontario dal suo Paese d'origine, Chaplin fu nominato Cavaliere di Sua Maestà dalla regina Elisabetta II d'Inghilterra. L'onorificenza era già stata proposta nel 1956, ma - in piena guerra fredda - non era stata concessa per il veto imposto dal Foreign Office britannico sempre a causa delle presunte "simpatie comuniste" di Chaplin.

16 settembre, 2013

PROMEMORIA 16 settembre 1982 – Massacro di Sabra e Shatila

Massacro di Sabra e Shatila Sabra e Shatila (talora trascritto Chatila, in arabo: صبرا وشاتيلا, Ṣabrā e Shātīlā) sono due campi di rifugiati palestinesi alla periferia di Beirut (Libano). Vengono ricordati per il massacro di un numero di arabi palestinesi stimato tra diverse centinaia e 3500, perpetrato da milizie cristiane libanesi in un'area direttamente controllata dall'esercito israeliano, tra il 16 e 18 settembre del 1982. Sono anche ricordati per successivi fatti di sangue avvenuti nel 1985–1987 e noti come guerra dei campi.

15 settembre, 2013

PROMEMORIA 15 SETTEMBRE 1993 – A Palermo, nel quartiere Brancaccio, un commando di Cosa Nostra capitanato da Salvatore Grigoli, detto U Cacciatori, uccide don Giuseppe Puglisi in piazza Anita Garibaldi, davanti al portone della sua casa

A Palermo, nel quartiere Brancaccio, un commando di Cosa Nostra capitanato da Salvatore Grigoli, detto U Cacciatori, uccide don Giuseppe Puglisi in piazza Anita Garibaldi, davanti al portone della sua casa Don Giuseppe Puglisi, meglio conosciuto come padre Pino Puglisi (Palermo, 15 settembre 1937 – Palermo, 15 settembre 1993), è stato un presbitero italiano, ucciso da Cosa nostra il giorno del suo 56º compleanno a motivo del suo costante impegno evangelico e sociale. Il 25 maggio 2013, sul prato del Foro Italico di Palermo, davanti ad una folla di circa centomila fedeli, è stato proclamato beato. La celebrazione è stata presieduta dall'arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo, mentre a leggere la lettera apostolica, con cui si compie il rito della beatificazione, è stato il cardinale Salvatore De Giorgi, delegato da papa Francesco. È il primo martire della Chiesa ucciso dalla mafia.

Fermenti mensile d'informazione settembre 2013

Fermenti mensile d'informazione settembre 2013