31 gennaio, 2014

PROMEMORIA 31 gennaio 1776 Alessandro Volta studiò il fenomeno del metano

31 gennaio Nell'autunno del 1776 Alessandro Volta studiò il fenomeno del metano Nell'autunno del 1776 Alessandro Volta studiò un fenomeno noto anche in epoche più lontane, segnalatogli da Carlo Giuseppe Campi: in un'ansa stagnante del fiume Lambro, avvicinando una fiamma alla superficie si accendevano delle fiammelle azzurrine. Questo fenomeno era già stato studiato separatamente da Pringle, Lavoisier, Franklin e Priestley pochi anni prima ma lo classificarono semplicemente come un'esalazione di aria infiammabile, di origine minerale. Volta volle andare più a fondo della questione. Mentre era ospite ad Angera nella casa dell'amica Teresa Castiglioni (Angera 1750 - Como 1821), Alessandro Volta scoprì l'aria infiammabile nella palude dell'isolino Partegora, in località Bruschera. Provando a smuovere il fondo con l'aiuto di un bastone vide che risalivano delle bolle di gas e le raccolse in bottiglie. Diede a questo gas il nome di aria infiammabile di palude e scoprì che poteva essere incendiato sia per mezzo di una candela accesa sia mediante una scarica elettrica; dedusse che il gas si formava nella decomposizione di sostanze animali e vegetali[3]. Pensando immediatamente a un suo utilizzo pratico costruì dapprima una pistola elettroflogopneumatica in legno, metallo e vetro, il cui scopo sarebbe stato la trasmissione di un segnale a distanza, e in seguito realizzò una lucerna ad aria infiammabile e perfezionò l'eudiometro per la misura e l'analisi dei gas. Per ulteriore conferma della sua tesi, si recò nel 1780 a Pietramala, sull'Appennino toscano, dove vi erano dei celebri fuochi fatui. La corretta composizione del gas fu determinata da Thomas Henry nel 1805.

19 gennaio, 2014

PROMEMORIA 19 gennaio 1969 – Muore lo studente Jan Palach, dopo essersi dato fuoco 3 giorni prima nella Piazza San Venceslao di Praga, per protesta contro l'invasione sovietica della Cecoslovacchia avvenuta nel 1968. Il suo funerale si trasformerà in un'altra grande manifestazione

Muore lo studente Jan Palach, dopo essersi dato fuoco 3 giorni prima nella Piazza San Venceslao di Praga, per protesta contro l'invasione sovietica della Cecoslovacchia avvenuta nel 1968. Il suo funerale si trasformerà in un'altra grande manifestazione Iscritto alla Facoltà di filosofia dell'Università Carlo di Praga, assistette con interesse alla stagione riformista del suo paese, chiamata Primavera di Praga. Nel giro di pochi mesi, però, quest'esperienza fu repressa militarmente dalle truppe dell'Unione Sovietica e degli altri paesi che aderivano al Patto di Varsavia[1]. Nel tardo pomeriggio del 16 gennaio 1969 Jan Palach si recò in piazza San Venceslao, al centro di Praga, e si fermò ai piedi della scalinata del Museo Nazionale. Si cosparse il corpo di benzina e si appiccò il fuoco con un accendino. Rimase lucido durante i tre giorni di agonia. Ai medici disse d'aver preso a modello i monaci buddhisti del Vietnam[2] tra i quali il caso di Thích Quảng Đức fu quello che attirò l'attenzione mondiale. Al suo funerale, il 25 gennaio, parteciparono 600 000 persone, provenienti da tutto il Paese. Jan Palach decise di non bruciare i suoi appunti e i suoi articoli (che rappresentavano i suoi pensieri e i suoi ideali), che tenne in un sacco a tracolla molto distante dalle fiamme. Tra le dichiarazioni trovate nei suoi quaderni, spicca questa: « Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l'onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l'abolizione della censura e la proibizione di Zpravy[3]. Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s'infiammerà » Non si è mai saputo se davvero ci fosse un'organizzazione come quella descritta da Palach nella sua lettera[2]. È certo però che, grazie a questo gesto estremo, Palach venne considerato dagli antisovietici come un eroe e martire; in città e paesi di molte nazioni furono intitolate strade con il suo nome. Anche il teologo cattolico Zverina lo difese, affermando che "Un suicida in certi casi non scende all'Inferno" e che "non sempre Dio è dispiaciuto quando un uomo si toglie il suo bene supremo, la vita"[4]. Questo clima portò a drammatiche conseguenze: almeno altri sette studenti, tra cui l'amico Jan Zajíc, seguirono il suo esempio e si tolsero la vita, nel silenzio degli organi d'informazione, controllati dalle forze d'invasione.

13 gennaio, 2014

PROMEMORIA 13 gennaio 2012 – La nave da crociera Costa Concordia urta degli scogli a 500 metri dal porto dell'Isola del Giglio, provocando uno squarcio di 70 metri nello scafo e causando 30 morti, 80 feriti e 2 dispersi, con la conseguenza dell'evacuazione totale delle 4229 persone a bordo della nave tra equipaggio e passeggeri.

La nave da crociera Costa Concordia urta degli scogli a 500 metri dal porto dell'Isola del Giglio, provocando uno squarcio di 70 metri nello scafo e causando 30 morti, 80 feriti e 2 dispersi, con la conseguenza dell'evacuazione totale delle 4229 persone a bordo della nave tra equipaggio e passeggeri. Il naufragio della Costa Concordia è stato un sinistro marittimo "tipico" avvenuto venerdì 13 gennaio 2012 alle 21:42 alla nave da crociera al comando di Francesco Schettino e di proprietà della compagnia di navigazione Costa Crociere, parte del gruppo anglo-americano Carnival Corporation & plc. Salpata dal porto di Civitavecchia per la prima tappa della crociera "Profumo d'agrumi" nel Mediterraneo, con 4 229 persone a bordo (3 216 passeggeri e 1 013 membri dell'equipaggio), avrebbe dovuto successivamente toccare i porti di Savona, Marsiglia, Barcellona, Palma di Maiorca, Cagliari, Palermo, per poi far ritorno a Civitavecchia. Nelle acque dell'Isola del Giglio ha urtato uno scoglio riportando l'apertura di una falla lunga circa 70 metri sul lato sinistro dell'opera viva. L'impatto ha provocato la brusca interruzione della crociera, un forte sbandamento e il conseguente arenamento sullo scalino roccioso del basso fondale prospiciente Punta Gabbianara, a nord di Giglio Porto. L'incidente ha provocato 32 morti. È la nave passeggeri di maggior tonnellaggio mai naufragata della storia.

07 gennaio, 2014

PROMEMORIA 7 gennaio 1797 – Italia: il tricolore italiano viene adottato per la prima volta da uno stato (la Repubblica Cispadana)

Italia: il tricolore italiano viene adottato per la prima volta da uno stato (la Repubblica Cispadana) La bandiera italiana è il Tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni, così definita dall'articolo 12 della Costituzione della Repubblica Italiana del 27 dicembre 1947, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nº 298, edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947. Il 7 gennaio di ogni anno la bandiera italiana è protagonista della giornata nazionale della bandiera, istituita dalla legge nº 671 del 31 dicembre 1996. Come per l'intero processo risorgimentale, anche l'origine della bandiera italiana è da ricercarsi nella Rivoluzione francese: con la presa della Bastiglia, i rivoluzionari scelsero il blu, il bianco e il rosso come loro colori-simbolo (blu e rosso sono i colori di Parigi, il bianco centrale è il colore della famiglia reale dei Borbone, prima ben vista dal popolo), e quando poi, attraverso le campagne di Napoleone, la Rivoluzione "contagiò" l'Europa intera, anche in Italia arrivarono questi tre colori. Al tempo il popolo italiano non teneva molto in considerazione la bandiera: essa era solo il simbolo della dinastia regnante in quel momento, al massimo aveva una funzione militare, ma non era emblema del sentimento patriottico del popolo, al contrario di quanto avveniva per i francesi, e per questo non conosciamo bene le dinamiche precise che portarono alla sostituzione del blu col verde. Fu proprio in quegli anni che la bandiera assunse per gli italiani quel significato che ha ancora oggi: dopo la Restaurazione, infatti, chiunque venisse visto in giro con addosso coccarde o altri simboli tricolori era additato come un pericoloso rivoluzionario, così il bianco e il rosso divennero i simboli della rivoluzione intesa come sovranità per il popolo e libertà per la nazione. Il verde invece era il colore della speranza, della fiducia in un'Italia migliore.[senza fonte] Inoltre era il colore delle uniformi della Guardia Civica milanese, ed essendo stato adottato dai miliziani italiani che combattevano al fianco di Napoleone, andò a rappresentare tutti coloro che hanno combattuto per la libertà dell'Italia. Inoltre per la Massoneria il verde era il colore della natura, quindi simboleggiava tanto i diritti naturali dell'uomo quanto il verde e florido paesaggio naturale italiano (questa interpretazione è tuttavia osteggiata da chi sostiene che la Massoneria, in quanto società segreta, non avesse abbastanza influenza sulla società per ispirare i colori nazionali). Questi divennero presto i simboli di una rivolta che animava e univa ormai tutta l'Italia: il Risorgimento. Ad essi si aggiunse l'azzurro, colore distintivo della famiglia Savoia, inserito nella bandiera del Regno d'Italia sul contorno dello stemma per evitare che la croce e il campo dello scudo si confondessero con il bianco e il rosso delle bande del vessillo; da allora è uno dei colori di riferimento e riconoscimento dell'Italia, ad esempio per le maglie sportive nazionali, pur non comparendo più nella bandiera della Repubblica Italiana. Dopo la Seconda guerra mondiale, come recita l'articolo 12 della Costituzione, il bianco, il rosso e il verde vennero disposti sulla bandiera italiana a tre bande verticali di eguali dimensioni ispirandosi al modello della bandiera della Francia, per ribadire ancora una volta gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità.

05 gennaio, 2014

PROMEMORIA 5 gennaio 1968 – Alexander Dubček sale al potere, in Cecoslovacchia comincia la Primavera di Praga

Alexander Dubček sale al potere, in Cecoslovacchia comincia la Primavera di Praga Nato in un paesino della Slovacchia, all'età di quattro anni si trasferì con tutta la sua famiglia in Unione Sovietica. Rientrato in Cecoslovacchia nel 1939, lavorò come operaio e aderì al movimento comunista clandestino, prendendo parte alla resistenza antinazista e all'insurrezione slovacca nel 1944. Nel 1951 diventò deputato dell'Assemblea nazionale e nel 1963 segretario del Partito Comunista Slovacco (che con quello di Boemia e Moravia formava il Partito Comunista Cecoslovacco, PCC). Convinto della necessità di abbandonare il modello sovietico, Dubček riunì intorno a sé un folto gruppo di politici e intellettuali riformatori, diventando il maggiore interprete di una linea antiautoritaria – definita "socialismo dal volto umano" – e di una feconda stagione politica: la Primavera di Praga. Il 5 gennaio del 1968 venne eletto segretario generale del PCC al posto di Antonín Novotný, leader della componente più legata al Partito comunista sovietico, dando avvio al cosiddetto "nuovo corso", una strategia politica volta a introdurre elementi di democrazia in tutti i settori della società, fermo restando il ruolo dominante del partito unico. Il consenso popolare ottenuto dall'azione riformatrice di Dubček suscitò ben presto la reazione di Mosca e degli altri regimi comunisti est-europei, che, infine, si risolsero a porre fine all'eterodossa esperienza praghese ordinando, nell'agosto del 1968, l'intervento delle truppe del Patto di Varsavia. In conseguenza dell'intervento, egli fu arrestato dalle forze speciali a seguito delle truppe d'occupazione sovietica e trasportato assieme ai suoi principali collaboratori e ai più eminenti rappresentanti del nuovo corso a Mosca, dove fu costretto a siglare un protocollo d'intesa con il Cremlino che vincolava il suo ritorno alla guida del Partito con la "normalizzazione" della situazione politica nel paese. Nonostante questo, l'opposizione popolare al regime d'occupazione consentì a Dubček di mantenere una certa autonomia dal Cremlino, tanto che in seguito ai suoi tentennamenti di fronte alle proteste anti-sovietiche della primavera successiva, egli venne rimosso dal suo incarico per poi essere espulso dal PCC nel 1970. Quell'anno tornò in Slovacchia, dove trovò impiego come manovale in un'azienda forestale. Tornò alla vita pubblica nel 1989 quando il regime gli concesse di viaggiare in Italia per ricevere una laurea honoris causa a Bologna; nella stessa occasione rilascia anche un'intervista a L'Unità dopo anni di silenzio, in cui ribadisce le sue idee liberali. Nello stesso anno l'Unione Europea gli assegna il Premio Sakharov per la libertà di pensiero. Acclamato durante la rivoluzione di velluto, dopo la caduta del regime comunista Dubček fu riabilitato ed eletto presidente del Parlamento federale cecoslovacco. In questa veste si batté, come il capo di Stato ceco Václav Havel, contro la divisione della Cecoslovacchia e compì l'ultimo suo atto politico, rifiutandosi di firmare la legge di "lustrazione" (legge 451/1991) sull'epurazione rivolta indifferentemente a tutte le persone compromesse con il precedente regime, nel timore che essa avrebbe creato nel paese un pericoloso clima di vendetta e colpito l'ala dissidente del Partito comunista repressa dopo il 1968, che recentemente si era riorganizzata nella formazione politica Obroda (Rinascita). Morì poco tempo dopo, il 7 novembre 1992, per le ferite riportate in un incidente autostradale avvenuto il 1º ottobre nei pressi di Humpolec. È sepolto al cimitero Slávičie údolie di Bratislava, capitale della Slovacchia.

04 gennaio, 2014

PROMEMORIA 4 gennaio 1947 – Il sindacalista Accursio Miraglia viene assassinato dalla Cosa Nostra

Il sindacalista Accursio Miraglia viene assassinato dalla Cosa Nostra Nacque da Nicolò e Maria Rosa Venturini, figlia naturale della duchessa Tagliavia. Suo padre, impiegato all'esattoria, morì quando i cinque figli erano ancora in tenera età. La madre portò avanti la famiglia a forza di sacrifici e aprì una bottega di generi alimentari in via Vittorio Emanuele. Essa con la sua forte personalità riuscì a far studiare la figlia maggiore, Brigida, ad Agrigento, presso la scuola normale di San Francesco dove ottenne il diploma d'insegnante nel 1909. Anche gli altri figli studiarono: «Peppino conseguì la licenza tecnica presso la scuola “Mariano Rossi”, Calogero ottenne il diploma di ragioniere, Eloisa frequentò la scuola magistrale dove prese il diploma di maestra.” Accursio, invece, frequentò la scuola tecnica “Mariano Rossi” di Sciacca e, in seguito, l'Istituto Tecnico Commerciale di Agrigento. Diplomatosi con il massimo dei voti, poco più che ventenne iniziò a lavorare al Credito Italiano di Catania. Dopo un anno venne trasferito, come capo ufficio, a Milano dove conobbe parecchie personalità politiche ed uomini di cultura. Qui, rimase incantato dal pensiero di Bakunin così tanto che si iscrisse al gruppo anarchico di Porta Ticinese e con loro iniziò la sua attività politico-sociale unendosi con la classe operaia che lottava per una vita più dignitosa nelle fabbriche. L'attività sociale Fu licenziato dalla banca per “contrasti di natura politica”. I dirigenti mal sopportavano l'attività di Miraglia per il sociale, le lotte a fianco degli operai e la continua ricerca di giustizia ed uguaglianza. Rientrò a Sciacca e iniziò la sua vita professionale nel suo paese. Realizzò una propria industria ittico-conserviera. E in seguito, fu anche rappresentante e commerciante di ferro e metalli al porto. Ebbe così l'occasione di aiutare, durante la seconda guerra mondiale, molti artigiani che necessitavano di queste materie prime (di cui ne era vietata la vendita) per svolgere il proprio lavoro. Era un uomo molto impegnato nel lavoro, ma riusciva a trovare il tempo anche per lo studio e l'attività sociale. Vere e proprie passioni furono quelle di dipingere, scrivere e suonare il violino. Sono molto note a Sciacca le collettive di pittura con Benso, Cusumano, Curreri, Di Giovanna e Sorrentino. Per quanto riguarda la poesia, questa occupò un grande spazio in Miraglia scambiando le sue emozioni col fraterno amico e poeta Vincenzo Licata, al quale fece e donò il suo ritratto. Venne nominato amministratore del Teatro Rossi di Sciacca. Era sempre a contatto con la gente, vicino ai loro problemi. Spesso diceva: “per la ripresa della nostra vita operativa è indispensabile rivolgersi alla terra e al mare, creature come l'uomo, di Dio”. Ma proprio in quel periodo la terra era in mano ai gabellotti mafiosi, mentre il mare era pericoloso da attraversare, date le spesso fatiscenti condizioni delle imbarcazioni. Un altro beneficio che portò alla gente disagiata di Sciacca fu quello di aiutare padre Michele Arena nella restaurazione a proprie spese di una parte dell'orfanotrofio. Si adoperò con ogni mezzo per aiutare le orfanelle del Boccone del Povero e portava loro, settimanalmente, carretti colmi di generi di prima necessità. L'ingresso in politica[modifica | modifica sorgente] In politica, Miraglia fu un forte sostenitore del Comitato di Liberazione di Sciacca assieme ad un grande uomo saccense, il futuro senatore della Repubblica Pippo Molinari, creando con lui i comitati d'intesa democratica. È in questo periodo che Miraglia cominciava a diventare parte attiva della vita politica sia provinciale che locale, infatti partecipò alla costruzione del Pci e ne fu dirigente. Egli riuscì a creare e a dirigere la prima Camera del Lavoro siciliana, nata appunto a Sciacca. Organizzata in modo da poter esprimere al massimo lo spirito comunitario e i diritti dei lavoratori, la Camera del Lavoro saccense fu un esempio, così come lo era stato il Comitato Antifascista di Sambuca di Sicilia, per i nascenti sindacati e sindacalisti che purtroppo avranno un futuro pieno di lacrime e ingiustizie. Uomini come Miraglia e Domenico Cuffaro (presidente del Comitato Antifascista di Sambuca e futuro dirigente della Camera del Lavoro saccense) crearono i presupposti del risveglio del popolo siciliano, le loro lotte ebbero eco in tutta la provincia se non oltre. Una delle iniziative (forse la più importante e duratura in quanto proprio nel 2004 se ne è festeggiato il sessantesimo anniversario) più voluta da Accursio Miraglia fu la fondazione della cooperativa “La Madre Terra”. Nacque esattamente il 5 novembre 1944, venne sancita alla Camera del lavoro più di 60 anni fa ed oggi è una grande realtà che conta circa mille soci con una superficie di duemila ettari coltivata a ulivi e più di 200 000 piante ricadenti nel territorio di Sciacca. Grazie alla cooperativa “La Madre Terra”, Miraglia divenne la voce dell'umile gente che chiedeva l'attuazione delle leggi Gullo-Segni che destinavano alle cooperative i terreni incolti appartenenti ai latifondi. Memorabile rimase agli occhi della gente la cavalcata che riuscì ad organizzare per le vie del paese di Sciacca. Più di diecimila persone da quasi tutta la provincia, chi a piedi, chi a cavallo, chi sui muli, chi in bicicletta. Non approfittò mai della sua posizione, l'ultimo incarico fu quello di presidente dell'ospedale di Sciacca e anche lì seppe agire in maniera indimenticabile lasciando il segno, come del resto era sua consuetudine fare. I medici, le suore e gli infermieri, la sera del suo assassinio per mano della mafia il 4 gennaio 1947, ricambiarono l'affetto permettendo alle sue spoglie di rimanere intatte per quattro giorni in una bara aperta. Le veglie funebri furono due, una organizzata presso l'ospedale, l'altra presso la sede della Camera del lavoro. Tutta l'Italia diede l'estremo saluto ad un uomo che lottava con le parole, ad un uomo che con i suoi discorsi semplici riusciva a gratificare la gente a dare speranza e insegnare che la fratellanza e l'organizzazione erano fondamentali in quel periodo così difficile, diceva sempre: «Noi, organizzati, siamo un gruppo di fratelli. Se succede qualcosa, si ragiona». Alla base del monumento dedicatogli dal popolo di Sciacca vi è una scritta di Miraglia che richiama questo valore della fratellanza che tanti nella società odierna non considerano affatto in quanto non rappresenta più un ideale raggiungibile in una società dominata dall'individualismo. La frase, riportata in un lavoro del nipote di Miraglia, dice: «Io non impreco e non chiedo alcuna punizione. Io che ho tanto amato la vita, chiedo ad essa di vedere pentiti coloro che ci hanno fatto del male». Ecco anche il suo ultimo importante monito che diede all'ultimo comizio che tenne a Sciacca: « La forza dell'uomo civile è la legge, la forza del bruto e del mafioso è la violenza fisica e morale. Noi, malgrado quello che si sente dire di alcuni magistrati, abbiamo ancora fiducia nella sola legge degli uomini civili, che alla fine trionfa nello spirito dell'uomo che è capace di sentirne il “Bene”. Temiamo, invece la violenza perché offende la nostra maniera di vedere e concepire le cose. Lungi dalla perfezione e dall'infallibilità, siamo però in buona fede, e non cerchiamo altro che la possibilità di ripresa della nostra gente e in altre parole di dare il nostro piccolo contributo all'emancipazione e alla dignità dell'uomo. È solo questo il filo conduttore che ci ispira e ci porta nel rischio. Non è colpa nostra se qualcuno non lo arriva a capire: non arrivi a capire, cioè, che ci sia, ogni tanto, qualcuno disposto anche a morire per gli altri, per la verità per la giustizia. Attento però a questo qualcuno che da sprovveduto e morto non diventi un simbolo molto ma molto più grande e pericoloso. »

03 gennaio, 2014

PROMEMORIA 3 gennaio 1968 - David Gilmour entra ufficialmente a far parte dei Pink Floyd.

David Gilmour entra ufficialmente a far parte dei Pink Floyd. Gilmour viene avvicinato nel dicembre 1967 dal batterista Nick Mason, che gli chiede se sia interessato ad unirsi ai Pink Floyd, cosa che fa nel 1968, facendo salire, anche se per poco tempo, a cinque il numero dei componenti della band. Il suo compito iniziale è quello di rimediare agli errori di Syd Barrett durante le esibizioni dal vivo. Barrett, infatti, stava avendo seri problemi mentali esacerbati dall'eccessivo uso di droghe, in particolare di LSD. Quando, ad aprile 1968, Barrett viene costretto a lasciare il gruppo a causa del suo comportamento incostante e problematico, Gilmour diventa il chitarrista principale e il cantante, insieme al bassista Roger Waters e al tastierista Richard Wright, del gruppo. Dopo l'enorme successo di The Dark Side of the Moon e Wish You Were Here, Waters prende il controllo sulla band, scrivendo la gran parte di Animals e The Wall. Wright viene licenziato durante la registrazione di quest'ultimo album e i rapporti tra Gilmour e Waters cominciano a deteriorarsi durante le riprese del film Pink Floyd The Wall e la registrazione dell'album The Final Cut, nel 1983. Dopo la registrazione di Animals, Gilmour comincia a pensare che la sua influenza musicale non venga sfruttata appieno e, nel 1978, pubblica David Gilmour, il suo primo album da solista, che mette in primo piano il suo peculiare stile di esecuzione, oltre ad evidenziare le sue capacità di autore. Un brano scritto durante gli ultimi giorni di preparazione dell'album, quando ormai era troppo tardi per inserirlo, diventa conosciuto grazie a The Wall con il titolo di Comfortably Numb[1]. L'atmosfera negativa che si produce durante la creazione di The Wall, sia l'album che il film, aggravata dall'uscita di The Final Cut, che in sostanza era un album da solista di Waters, spinge Gilmour a pubblicare, nel 1984, un secondo album da solista: About Face. Il tour per pubblicizzare l'album non ha un grande successo, a causa della scarsa quantità di biglietti venduti. Nel 1985 Waters dichiara che i Pink Floyd sono "creativamente uno spreco di energie". Comunque, nel 1986, Gilmour e il batterista Nick Mason emettono un comunicato stampa in cui dicono che anche se Waters ha lasciato il gruppo, intendono rimanere uniti sotto il nome di "Pink Floyd". Così Gilmour assume il controllo completo della band e produce nel 1987 l'album A Momentary Lapse of Reason, con il contributo di Mason e Richard Wright. Wright si riunisce ufficialmente al gruppo per una lunga tournée e dà un contributo fondamentale per la creazione di The Division Bell, nel 1994. A proposito dell'album Gilmour spiega: (EN) « I had a number of problems with the direction of the band in our recent past, before Roger left. I thought the songs were very wordy and that, because the specific meanings of those words were so important, the music became a mere vehicle for lyrics, and not a very inspiring one. .. Dark Side of the Moon and Wish You Were Here were so successful not just because of Roger's contributions, but also because there was a better balance between the music and the lyrics than there has been in more recent albums. That's what I'm trying to do with A Momentary Lapse of Reason; more focus on the music, restore the balance. » (IT) « Ho avuto alcuni problemi con la direzione del gruppo nel nostro recente passato, prima che Roger se ne andasse. Io pensavo che le canzoni fossero molto verbose e che, dato che il significato specifico di quelle parole era così importante, la musica fosse diventata un mero mezzo per accompagnare le parole e non per ispirarle. ..Dark Side of the Moon e Wish You Were Here hanno avuto così tanto successo non solo per i contributi di Roger, ma anche perché c'era un'armonia maggiore, tra la musica e le parole, di quanta ce ne sia stata negli album più recenti. Questo è quello che sto cercando di fare con A Momentary Lapse of Reason; più concentrazione sulla musica, ripristinare l'armonia. » Nel 1986 Gilmour acquista la casa galleggiante Astoria, che si trova lungo il Tamigi, vicino Hampton Court, e la trasforma in uno studio di registrazione. I due album più recenti dei Pink Floyd, oltre che l'ultimo album da solista di Gilmour, sono stati registrati lì.

02 gennaio, 2014

PROMEMORIA 2 gennaio 1968 – Il dottor Christiaan Barnard esegue il secondo trapianto di cuore coronato da successo

Il dottor Christiaan Barnard esegue il secondo trapianto di cuore coronato da successo Il primo trapianto di cuore Il 2 dicembre 1967, a Città del Capo, in un incidente d'auto perde la vita la signora Myrtle Ann Dervall, mentre la figlia Denise, una ragazza di 25 anni, ha le ore contate, a causa delle ferite riportate. In cura all'Ospedale Groote Schuur c'era in quel periodo un droghiere ebreo di 54 anni, Louis Washkansky, che soffriva di diabete e di un incurabile male cardiaco. Barnard parla con il padre di Denise, che dà il suo consenso per il trapianto. Il primo trapianto di cuore umano al mondo viene effettuato il 3 dicembre 1967: l'operazione è condotta da Christiaan Barnard, assistito dal fratello Marius ed un team di una trentina di persone (nel quale era presente anche Hamilton Naki). Dopo 9 ore in sala chirurgica il cuore della defunta Denise Darvall viene impiantato nel corpo di Washkansky e funziona regolarmente. La sensazionale notizia fa il giro del mondo in poche ore: Barnard diventa l'uomo del momento. Passato l'entusiasmo, il problema del trapianto diventa l'eventuale rigetto. Dopo una settimana in cui le condizioni di Washkansky sembrano buone, il 9 dicembre i globuli bianchi nel sangue diminuiscono, il 15 la diagnosi: polmonite doppia, indotta dai farmaci immunosoppressivi che stava assumendo il paziente. Tra il 16 e il 20 dicembre le condizioni di Washkansky si fanno gravissime, la polmonite non è curabile. La notte del 21 dicembre 1967 Washkansky muore, diciotto giorni dopo il trapianto. Nonostante il primo paziente con il cuore di un altro essere umano sia sopravvissuto poco più di due settimane, l'operazione di Barnard costituisce una pietra miliare per la chirurgia. Barnard in pochissimo tempo diventa una stella internazionale, ed è celebrato in tutto il mondo: il suo viaggio in America con la moglie diventa un vero e proprio trionfo mediatico, tra partecipazioni a show televisivi, incontri nelle università e con politici e scienziati.