Negli USA il rapporto Hoffman avanza critiche durissime circa l'utilizzo dei fondi del Piano Marshall da parte dell'Italia. In effetti, parte cospicua delle risorse (circa 15 miliardi di lire in 7 anni) viene stanziata, col celebre "Piano Fanfani", per la costruzione di case popolari per i lavoratori. L'indirizzo sociale delle risorse non è gradito agli Stati Uniti, che preferirebbero una destinazione tesa all'aumento del potere d'acquisto della popolazione, per favorire l'acquisto dei prodotti industriali americani.
Per INA-Casa si intende il piano di intervento dello stato per realizzare edilizia pubblica su tutto il territorio italiano nell'immediato secondo dopoguerra, con i fondi gestiti da un'apposita organizzazione presso l'Istituto Nazionale delle Assicurazioni, la Gestione INA-Casa.
Con la legge 28 febbraio 1949, n. 43 il Parlamento approvò il "Progetto di legge per incrementare l'occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per i lavoratori". Inizialmente il piano prevedeva una durata settennale, ma successivamente venne prorogato sino al 1963. Grande promotore dell'iniziativa fu l'allora ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale Amintore Fanfani, tanto che, successivamente, il piano nei commenti giornalistici venne spesso denominato "Piano Fanfani".
L'intervento gestito dall'INA-Casa voleva favorire, oltre al rilancio dell'attività edilizia, anche l'assorbimento di una considerevole numero di disoccupati e la costruzione di alloggi per le famiglie a basso reddito. Molti hanno definito l'intervento come ispirato alle teorie economiche di Keynes, assumendo come modello di riferimento l'Inghilterra del "Piano Beveridge".
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