18 novembre, 2012
PROMEMORIA 18 novembre 1940 – Seconda guerra mondiale: il capo della Germania Nazista Adolf Hitler e il ministro degli esteri Italiano Galeazzo Ciano, si incontrano per discutere la disastrosa invasione della Grecia voluta da Benito Mussolini
Seconda guerra mondiale: il capo della Germania Nazista Adolf Hitler e il ministro degli esteri Italiano Galeazzo Ciano, si incontrano per discutere la disastrosa invasione della Grecia voluta da Benito Mussolini
La Campagna italiana di Grecia ebbe inizio il 28 ottobre 1940, quando le truppe del Regio Esercito italiano, partendo dalle proprie basi albanesi, entrarono in territorio ellenico. Le forze greche riuscirono a contenere l'offensiva iniziale italiana e successivamente anche a contrattaccare. La guerra di posizione in montagna si trascinò fino all'aprile 1941, quando i tedeschi, con una blitzkrieg, invasero la Jugoslavia e la Grecia, costringendole in poco tempo alla capitolazione.
Cause
La Grecia era un paese tradizionalmente e storicamente legato alla Gran Bretagna, con un re anglofilo[8] ma governata da un regime nazionalista, ideologicamente molto vicino al fascismo, da cui aveva mutuato anche diverse esteriorità come, per esempio, il saluto romano, con a capo Ioannis Metaxas.
I primi attriti tra l'Italia e la Grecia risalivano all'agosto del 1923, quando una commissione guidata dal Generale Enrico Tellini, incaricata di delimitare il confine tra l'Albania e il paese ellenico, venne massacrata nei pressi di Ioannina. I rapporti tra le due nazioni divennero particolarmente tesi e portarono anche alla temporanea occupazione da parte di truppe italiane dell'isola di Corfù. Successivamente i rapporti si normalizzarono, fino ad arrivare nel 1928 alla firma di un trattato di amicizia tra i due paesi, trattato che però nel 1939 non venne rinnovato a causa dell'annessione dell'Albania al regno d'Italia e al desiderio greco di mantenere il proprio atteggiamento il più neutrale possibile dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale.
Nella decisione di attaccare la Grecia, Mussolini aveva preso in considerazione diversi aspetti politici: dopo le sfolgoranti vittorie ottenute dall'esercito tedesco, occorreva controbilanciare il peso sempre maggiore assunto dalla Germania nazista di Hitler all'interno del Patto d'Acciaio; inoltre, secondo i comandi militari, conquistare una base come la Grecia e le sue isole avrebbe contribuito a rafforzare notevolmente la presenza italiana nel Mediterraneo orientale; infine Mussolini, influenzato dal suo ministro degli Esteri Ciano che vantava amicizie tra le personalità influenti del governo greco, riteneva che l'invasione sarebbe stata favorita dalla corruzione di alcuni esponenti della dirigenza politica ellenica, che al momento opportuno avrebbero operato un rovesciamento del governo stesso[9].
Già da luglio lo Stato Maggiore dell'Esercito, in vista di un possibile conflitto nei Balcani contro la Grecia o contro la Jugoslavia, aveva studiato vari piani di intervento. Nell'ipotesi che le forze armate italiane attaccassero da sole il paese ellenico venne concluso che occorressero almeno venti divisioni, con i relativi rifornimenti necessari a sfamare e far combattere una così notevole massa d'uomini, da dislocare in Albania già prima dell'inizio delle operazioni. Una seconda versione del piano si limitava a considerare la sola invasione dell'Epiro e delle Isole Jonie e partiva dal presupposto che si avverasse almeno una delle seguenti ipotesi:
Decisione greca di non opporsi all'occupazione;
Intervento dell'esercito Bulgaro in Tracia;
Quest'ultimo studio valutava in undici Divisioni le forze necessarie a portare a termine l'operazione. Da questo documento venne poi derivato il piano operativo italiano, denominato Esigenza G. L'11 agosto il ministro degli esteri Ciano convocò a Roma il generale Visconti Prasca, comandante delle truppe italiane di stanza in Albania, e gli rivelò che il duce intendeva occupare la Ciamuria raccomandandogli che le sue forze fossero pronte entro la fine del mese. Il giorno successivo, Mussolini stesso gli chiese se i reparti alle sue dipendenze fossero sufficienti per invadere l'Epiro, il Prasca si disse ottimista a patto di eseguire l'operazione entro poco tempo. Tutto questo avveniva all'insaputa dello Stato Maggiore dell'Esercito, e lo stesso capo di Stato Maggiore Generale Maresciallo Badoglio ne ebbe notizia da Visconti Prasca solo dopo l'incontro di questi con il duce. Cosciente delle difficoltà alle quali si sarebbe andati incontro sottovalutando l'operazione, il 17 agosto il maresciallo Badoglio invitò Visconti Prasca ad eseguire solo gli ordini impartiti dai vertici dell'esercito.
Nel frattempo la tensione cresceva, l'11 agosto la stampa italiana iniziò a dedicare articoli alla figura di Daut Hoggia, un ciamuriota ricercato per un lungo elenco di delitti dalle autorità greche che venne trovato ucciso in quel periodo, presentandolo come un patriota che lottava per l'indipendenza della Ciamuria dalla Grecia. Pochi giorni dopo, il 15 agosto 1940, mentre nella piccola isola di Tinos si svolgeva una tradizionale e popolarissima celebrazione dedicata al culto della Madonna, il sommergibile italiano Delfino rimanendo immerso lanciò tre siluri contro le navi presenti nel porto, una delle armi affondò il vecchio incrociatore posamine greco Elli (che partecipava in rappresentanza del Governo greco alla festività), mentre le altre due colpirono il molo. Alla fine dell'azione da parte greca si contarono un morto e ventinove feriti, tuttavia l'Italia respinse l'accusa di aver aggredito proditoriamente un paese neutrale.
L'11 ottobre Mussolini venne informato che truppe tedesche sarebbero entrate in Romania e, furente per non essere stato consultato da Hitler, che pure gli aveva raccomandato di non programmare alcuna forma di intervento nei Balcani, decise di dare il via al piano per l'occupazione dell'Epiro. Il 14 ottobre in un incontro riservato a Palazzo Venezia Mussolini comunicò a Badoglio e a Roatta (sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito) l'intenzione di dichiarare guerra alla Grecia, i due generali fecero quindi presente la necessità di impiegare almeno venti divisioni, per il cui trasferimento in Albania sarebbero stati necessari almeno altri tre mesi, il capo del governo si disse d'accordo e ordinò di cominciare i preparativi. Ma già il giorno successivo, nel corso di una riunione segreta alla quale erano presenti Mussolini, Ciano, Badoglio, Roatta, Visconti Prasca, Soddu e Jacomoni, quest'ultimo in veste di luogotenente del re in Albania, venne deciso che l'attacco avrebbe avuto luogo il 26 dello stesso mese. Venne quindi stilato un ultimatum che l'ambasciatore italiano ad Atene, Emanuele Grazzi, avrebbe dovuto consegnare al primo ministro greco poche ore prima dell'inizio dell'offensiva.
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