16 maggio, 2012
PROMEMORIA 16 maggio 1974 - A Milano viene arrestato Luciano Liggio, mafioso siciliano detto la Primula Rossa, per la seconda volta: non uscirà più di prigione
A Milano viene arrestato Luciano Liggio, mafioso siciliano detto la Primula Rossa, per la seconda volta: non uscirà più di prigione
All'età di vent'anni, Luciano Leggio uccise un campiere che lavorava per il possidente Corrado Caruso e prese il suo posto. Venne affiliato alla cosca di Michele Navarra, capomafia di Corleone, da suo zio Leoluca Leggio, detto u zu' Luca.
Nel 1948, chiamato ormai da tutti con il cognome di Liggio, si macchiò dell'omicidio del sindacalista Placido Rizzotto, ucciso su ordine di Michele Navarra. Negli anni cinquanta, insieme ai compari Totò Riina, Bernardo Provenzano e Calogero Bagarella, macellava clandestinamente la carne di bestiame rubato al feudo di Piano di Scala.
Dopo alcune divergenze con Navarra, contrario ad allargare gli interessi mafiosi oltre al bestiame e alle tematiche agricole, subì un attentato organizzato dallo stesso Navarra, che però falli.
L'assassinio di Navarra e la presa del potere
La vendetta su Navarra non si fece attendere: Liggio lo fece assassinare e divenne capo del clan dei corleonesi. Il 14 maggio 1964 venne arrestato a Corleone dai militari dell'Arma al comando del tenente colonnello Ignazio Milillo (era nascosto nella casa di Leoluchina Sorisi, la fidanzata di Placido Rizzotto, il sindacalista che lo stesso Liggio aveva ucciso sedici anni prima). Durante l'arresto fu trovato con un catetere e confessò ai carabinieri che lo trovarono di essere affetto dal morbo di Pott. Venne successivamente assolto per insufficienza di prove nel processo di Catanzaro nel 1968 ed in quello di Bari nel 1969.
Poco dopo Liggio guidò la sua famiglia all'assalto di Palermo dove, in aperto contrasto con le altre famiglie mafiose, conquistò i mercati illegali; infatti fece fortuna con l'abusivismo edilizio, grazie alla copertura istituzionale che gli assicurava il politico Vito Ciancimino.
L'evasione e il nuovo arresto
Il 19 novembre 1969 riuscì a fuggire da una clinica di Roma dove era ricoverato, mezz'ora prima dell'arrivo dei carabinieri che avevano un mandato di arresto per lui.
Nel 1971, insieme a Riina, assassinò il procuratore Pietro Scaglione, che aveva tentato di far luce sulle sue attività. Dopo un lungo periodo di latitanza al nord, ed in particolare in Lombardia (dove si arricchì con i sequestri di persona, in società con Mico Tripodo, boss della 'Ndrangheta), venne arrestato una seconda volta dagli uomini della guardia di finanza del colonnello Giovanni Vissicchio il 16 maggio 1974 in una casa di via Ripamonti a Milano mentre era insieme alla sua ennesima compagna, Lucia Parenzan, e al figlio che era nato dalla loro relazione[3][2].
Venne processato dal giudice Cesare Terranova, e fu condannato all'ergastolo nel 1975 per l'assassinio del boss mafioso Michele Navarra.
Finì sotto processo per l'omicidio di Pietro Scaglione e del giudice Cesare Terranova, ucciso nel 1979, secondo gli inquirenti su ordine dello stesso Liggio.
Venne inoltre processato al maxiprocesso di Palermo del 1986-1987 e non tornò mai più in libertà, nonostante le richieste di essere spostato agli arresti domiciliari a causa delle sue condizioni fisiche.
Morì di infarto, nel carcere di Badu 'e Carros a Nuoro, nel 1993.
Venne sepolto a Corleone, dopo una cerimonia svolta senza coinvolgimento pubblico per divieto della questura.
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