30 luglio, 2009

PROMEMORIA 30 luglio 1974 - Scandalo Watergate: Il presidente statunitense Richard Nixon cede le registrazioni della Casa Bianca


Scandalo Watergate: Il presidente statunitense Richard Nixon cede le registrazioni della Casa Bianca su ordine della Corte Suprema degli Stati Uniti.

I nastri
Le udienze tenute dal Comitato senatoriale sul Watergate, in cui il consigliere della Casa Bianca John Dean era il principale testimone e in cui molti altri ex impiegati in posti chiave dell'amministrazione diedero una testimonianza drammatica, furono messe in onda dal 17 maggio al 7 agosto, causando un danno politico devastante a Nixon. Fu stimato che l'85% degli americani possessori di tv si sintonizzò almeno per una porzione delle udienze.
Cosa più nota, il senatore repubblicano Howard Baker del Tennessee formulò la memorabile domanda "Cosa sapeva il presidente e quando venne a saperlo?" che per la prima volta focalizzò l'attenzione sul ruolo personale di Nixon nello scandalo.

Il 13 luglio, il vice consigliere del Comitato Watergate Donald G. Sanders chiese ad Alexander Butterfield, vice assistente al presidente, se ci fosse un qualche tipo di sistema di registrazione alla Casa Bianca. Butterfield rispose che sebbene fosse riluttante a dirlo, c'era un sistema che automaticamente registrava ogni cosa nello Studio Ovale. La rivelazione scioccante trasformò radicalmente le indagini sul Watergate. I nastri furono subito citati contemporaneamente dal procuratore speciale (special prosecutor colui che si occupa delle indagini) Archibald Cox e dal senato, perché potevano provare se Nixon o Dean stavano dicendo la verità sugli incontri chiave.
Nixon rifiutò usando il principio del privilegio dell'esecutivo e ordinò a Cox, attraverso il ministro della giustizia Richardson, di lasciar cadere la sua citazione in giudizio. Il rifiuto di Cox portò al "massacro del sabato sera" il 20 ottobre 1973, quando Nixon obbligò alle dimissioni il procuratore generale Richardson e il suo vice William Ruckelshaus, in cerca di qualcuno al Dipartimento di giustizia intenzionato a licenziare Cox. Questa ricerca finì con l'avvocato generale Robert Bork che fece quanto gli era stato chiesto e licenziò il procuratore speciale Cox. Le asserzioni di malfunzionamento del governo indussero Nixon alla famosa frase, "non sono un imbroglione" (I'm not a crook), il 17 novembre di fronte a 400 editori dell'Associated Press riuniti al Walt Disney World in Florida.
Nixon, comunque, fu forzato a permettere l'insediamento di un nuovo procuratore speciale, Leon Jaworski, che continuò l'indagine. Mentre continuava a rifiutare di mostrare i nastri originali, Nixon acconsentì a rilasciare un gran numero di trascrizioni di essi. Queste confermavano largamente il resoconto di Dean, e causarono ulteriore imbarazzo quando si venne a sapere che era stata cancellata una parte cruciale di 18 minuti e mezzo di un nastro, che non era mai stata fuori dalla custodia della Casa Bianca. La Casa Bianca accusò di ciò la segretaria di Nixon, Rose Mary Woods, che disse di aver accidentalmente cancellato il nastro schiacciando il pedale sbagliato rispondendo al telefono. Ad ogni modo, viste le foto che riempivano le pagine dei giornali, il tentativo di rispondere al telefono e contemporaneamente schiacciare il pedale avrebbe richiesto uno stiramento quantomeno da ginnasta professionista. La donna disse che aveva mantenuto quella posizione per 18 minuti e mezzo. Più tardi le analisi forensi determineranno che il vuoto era stato cancellato ripetutamente - circa nove volte - escludendo l'ipotesi della "cancellazione casuale".
La questione dei nastri alla fine arrivò alla Corte suprema. Il 24 luglio 1974 la corte affermò all'unanimità che la richiesta di Nixon di usare il privilegio dell'esecutivo sui nastri era inammissibile e inoltre gli ordinarono di consegnarli a Jaworski. Il 30 luglio Nixon eseguì l'ordine e rilasciò i nastri incriminati.

Nessun commento: