08 giugno, 2008

PROEMEMORIA 8 giugno 452 - Attila invade l'Italia


Attila (in ungherese moderno: Atilla; in turco: Attila; in norvegese antico: Atle o Atli; in islandese: Atli; in tedesco: Etzel; Caucaso, 406 – Pannonia, 16 marzo 453) Fu l'ultimo e più potente re degli Unni in Europa, dove, dal 434 fino alla sua morte, governò un vastissimo impero che si estendeva dall'Europa Centrale al Mar Nero, e dal Danubio al Baltico, unificando - per la prima ed ultima volta nella storia - la maggior parte dei popoli barbarici dell'Eurasia settentrionale (dai Germani agli Slavi ai così detti Ugro-Finni).

Durante il suo regno divenne il più irriducibile nemico dell'Impero romano d'Oriente e dell'Impero romano d'Occidente; invase due volte i Balcani e, nella seconda incursione, cinse d'assedio Costantinopoli; marciò attraverso la Francia spingendosi fino ad Aurelianum prima di essere respinto a battaglia dei Campi Catalaunici (451) e nel 452 scacciò da Ravenna l'imperatore Valentiniano III. Per la sua ferocia fu soprannominato flagellum Dei ("flagello di Dio") e si diceva che dove passava col suo esercito non nascesse più l'erba. Nonostante il suo impero si sia disgregato alla sua morte per la mancanza di successori di un certo rilievo, è diventato una figura leggendaria nella storia europea, che lo ricorda soprattutto come esempio di crudeltà e cupidigia. In alcuni racconti viene celebrato come un grande e nobile re, ed è il personaggio principale di tre saghe islandesi-norvegesi.
Invasione dell'Italia e morte


Attila tornò nel 452 per reclamare nuovamente le sue nozze con Onoria, invadendo e devastando l'Italia lungo la via; il suo esercito saccheggiò numerose città e rase al suolo Aquileia, senza lasciare più nessuna traccia della sua esistenza. Valentiniano fuggì da Ravenna a Roma; Ezio rimase sul campo ma mancava della potenza necessaria per ingaggiare battaglia. Attila si fermò finalmente sul Po, dove incontrò, nell'attuale Governolo frazione di Roncoferraro, un ambasciata formata dal prefetto Trigezio, il console Avienno e papa Leone I (la leggenda vuole che proprio il papa abbia fermato Attila mostrandogli il crocifisso). Comunque, dopo l'incontro Attila tornò indietro con le sue truppe senza pretese né sulla mano di Onoria, né sulle terre in precedenza reclamate. Sono state date diverse interpretazioni della sua azione. La fame e le malattie che accompagnavano la sua invasione potrebbero aver ridotto la sua armata allo stremo, oppure le truppe che Marciano mandò oltre il Danubio potrebbero avergli dato ragione di retrocedere, o forse entrambe le cose sono concausali alla sua ritirata. Prisco riporta che la paura superstiziosa della fine di Alarico - che morì poco dopo aver saccheggiato Roma nel 410 - diede all'Unno una battuta di arresto. La "favola che è stata rappresentata dalla matita di Raffaello e dallo scalpello di Algardi" (come l'ha chiamata Edward Gibbon) di Prospero di Aquitania dice che il papa, aiutato da Pietro apostolo e Paolo di Tarso, lo convinse a girare al largo dalla città. Vari storici (tra cui Isaac Asimov) hanno supposto che l'ambasciata portasse un ingente quantità d'oro al leader unno e che lo abbia persuaso ad abbandonare la sua campagna.

Qualunque fossero le sue ragioni, Attila lasciò l'Italia e ritornò al suo palazzo attraverso il Danubio. Da lì pianificò di attaccare nuovamente Costantinopoli e reclamare il tributo che Marciano aveva tagliato. Comunque, morì nei primi mesi del 453; la tradizione, secondo Prisco, dice che la notte dopo un banchetto che celebrava il suo ultimo matrimonio (con una gota di nome Ildico), egli ebbe una copiosa epistassi e morì soffocato. I suoi guerrieri, dopo aver scoperto la sua morte, si tagliarono i capelli e si sfregiarono con le loro spade in segno di lutto così che, dice Giordane, "il più grande di tutti i guerrieri dovette essere pianto senza lamenti femminili e senza lacrime, ma con il sangue degli uomini". Fu seppellito in un triplo sarcofago d'oro, argento e ferro con il bottino delle sue conquiste e il corteo funebre fu ucciso per mantenere segreto il suo luogo di sepoltura. Secondo le leggende ungheresi il sarcofago si trova tra il Danubio e Tisza, in Ungheria. Dopo la sua morte, continuò a vivere come figura leggendaria: i personaggi di Etzel nella Saga Nibelunga e di Atli nella Saga Volsunga e nell'Edda poetica sono (seppur in maniera vaga e decisamente alterata) basati sulla sua vita.

Una storia alternativa della sua morte, registrata per la prima volta ottant'anni dopo il fatto dal cronista romano il Conte Marcellino, riporta: Attila rex Hunnorum Europae orbator provinciae noctu mulieris manu cultroque confoditur ("Attila, Re degli Unni e devastazione delle province d'Europa, fu trafitto a morte dalla mano e dalla lama di sua moglie"). La saga Volsunda e l'Edda Poetica raccontano che Re Atli morì per mano di sua moglie Gudrun. La maggioranza degli studiosi rifiuta comunque queste versioni come racconti leggendari, preferendo invece la versione data da Prisco di Panion, contemporaneo di Attila.

I suoi figli Ellak (il successore designato), Dengizik ed Ernak combatterono per la successione e, divisi, furono sconfitti e dispersi l'anno seguente nella Battaglia di Nedao (in Pannonia). L'impero di Attila non sopravvisse al suo fondatore.

Il figlio più giovane avrebbe potuto essere Merovech, capostipite dei Merovingi anche se le fonti (Gregorio di Tours e i resoconti successivi della Battaglia di Chalons) non sono certi a riguardo. Resoconti successivi della battaglia sostengono che gli Unni fossero già entrati in città, o la stessero già saccheggiando, quando arrivò l'esercito dei Romani e dei Visigoti. Giordano non fa menzione della cosa.

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