20 dicembre, 2009

PROMEMORIA 20 dicembre 2006 - Muore Piergiorgio Welby in Italia, il primo vero caso pubblico di eutanasia nel paese


Muore Piergiorgio Welby in Italia, il primo vero caso pubblico di eutanasia nel paese.
« Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. [...] Purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. »
(Piergiorgio Welby)
Piergiorgio Welby (Roma, 26 dicembre 1945 – Roma, 20 dicembre 2006) è stato un politico e attivista italiano, impegnato per il riconoscimento legale del diritto al rifiuto dell'accanimento terapeutico in Italia e per il diritto all'eutanasia, nonché co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni. Welby balzò alle cronache negli ultimi anni di vita quando, gravemente ammalato, nei suoi scritti chiese ripetutamente che venissero interrotte le cure che lo tenevano in vita:

La morte
Lo stesso giorno, verso le ore 23.00, Piergiorgio Welby si è congedato dai parenti ed amici riuniti al suo capezzale, ha chiesto di ascoltare musica di Bob Dylan[14] e, secondo la sua volontà, è stato sedato e gli è stato staccato il respiratore. Verso le ore 23.45 è quindi spirato. Il dottor Mario Riccio, anestesista, ha confermato durante una conferenza stampa tenutasi il giorno successivo, di averlo aiutato a morire alla presenza della moglie Mina, della sorella Carla e dei compagni radicali dell'Associazione Luca Coscioni: Marco Pannella, Marco Cappato e Rita Bernardini.
Il 1 febbraio 2007 l'Ordine dei medici di Cremona ha riconosciuto che il dottor Mario Riccio ha agito nella piena legittimità del comportamento etico e professionale, chiudendo la procedura aperta nei suoi confronti. L'8 giugno 2007 il giudice per le indagini preliminari ha comunque imposto al pm l'imputazione del medico per omicidio del consenziente, respingendo la richiesta di archiviazione del caso[15], ma il 23 luglio 2007 il GUP di Roma, Zaira Secchi, lo ha definitivamente prosciolto ordinando il non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato.[16].
Il funerale [modifica]
Il Vicariato di Roma non ha concesso[17] a Welby la funzione secondo il rito religioso come nei desideri della moglie cattolica:
« In merito alla richiesta di esequie ecclesiastiche per il defunto Dott. Piergiorgio Welby, il Vicariato di Roma precisa di non aver potuto concedere tali esequie perché, a differenza dai casi di suicidio nei quali si presume la mancanza delle condizioni di piena avvertenza e deliberato consenso, era nota, in quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà del Dott. Welby di porre fine alla propria vita, ciò che contrasta con la dottrina cattolica (vedi il Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2276-2283; 2324-2325) »
Il vicario generale per la diocesi di Roma, cardinal Camillo Ruini, ha dichiarato di aver preso personalmente la decisione di negare il funerale religioso a Welby [18]: (per la Chiesa) «il suicidio è intrinsecamente negativo», si tende a concedere il funerale religioso presupponendo che sia mancata «la piena avvertenza e il deliberato consenso. [...] Nel caso di Welby era molto difficile, del tutto arbitrario e anche irrispettoso verso di lui dire questo». Ruini ha anche dichiarato «Io spero che Dio abbia accolto Welby per sempre, ma concedere il funerale sarebbe stato come dire "il suicidio è ammesso"».
Anche il cardinale Ersilio Tonini, a Controcorrente (l'approfondimento di SKY TG24 condotto da Corrado Formigli), si è espresso sulla vicenda affermando che «il suo suicidio è stato concepito e realizzato con l'obiettivo di promuovere una legge sull'eutanasia».
A riguardo, il cardinal Ruini ha parlato di :
« sofferta decisione [...] nella consapevolezza, di arrecare purtroppo dolore e turbamento ai familiari e a tante altre persone, anche credenti, mosse da sentimenti di umana pietà e solidarietà verso chi soffre, sebbene forse meno consapevoli del valore di ogni vita umana, di cui nemmeno la persona del malato può disporre »
Dal punto di vista del diritto penale la questione se egli chiedesse per se stesso l’eutanasia (come ritenuto dal vicariato) o non chiedesse semplicemente, invece, di porre fine all'accanimento terapeutico è stata affrontata dalla magistratura. Questa, il 24 luglio 2007, si è pronunciata per il proscoglimento con formula piena di Mario Riccio, il medico che staccò il respiratore. Nel dispositivo della sentenza il giudice ha fatto riferimento all'articolo 51 del Codice Penale, che prevede la non punibilità per il medico che adempie al dovere di dare seguito alle richieste del malato, compresa quella di rifiutare le terapie. L'assistenza alla nutrizione, idratazione e respirazione sarebbero dunque considerate, in base a tale sentenza, vere e proprie cure che il malato può rifiutare, e non ordinarie azioni di sostentamento che invece il malato non ha il diritto di rifiutare nell'ordinamento vigente.
D'altra parte, la pratica di "interrompere procedure mediche sproporzionate rispetto ai risultati attesi" è considerata legittima dal Catechismo della Chiesa Cattolica:
« 2278 - L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'« accanimento terapeutico ». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente. »
(Catechismo Chiesa Cattolica)
Il funerale laico di Piergiorgio Welby è stato celebrato il 24 dicembre 2006, in piazza Don Bosco nel quartiere Tuscolano a Roma, di fronte alla chiesa che i familiari avevano scelto per la cerimonia religiosa. Al funerale hanno partecipato circa un migliaio di persone, tra cui alcuni esponenti politici di centro sinistra, i quali però hanno dovuto rinunciare al loro discorso in quanto contestati dai presenti[19].

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