20 agosto, 2010
PROMEMORIA 20 agosto 1998 l'Esercito statunitense lancia un attacco con missili cruise contro un presunto campo di addestramento di Al Qaeda.
Attentati alle ambasciate statunitensi del 1998: l'Esercito statunitense lancia un attacco con missili cruise contro un presunto campo di addestramento di Al Qaeda in Afghanistan e contro una sospetta fabbrica chimica in Sudan, in rappresaglia contro gli attentati del 7 agosto alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania. L'impianto farmaceutico di al-Shifa, a Khartoum, è distrutto nell'attacco.
I due attacchi avvennero a Nairobi e Dar es Salaam la mattina del 7 agosto 1998, quasi simultaneamente, intorno alle 10:45 ora locale. La data era la ricorrenza dell'arrivo delle truppe americane sul suolo saudita durante la prima guerra del Golfo. In entrambi i casi, le ambasciate furono colpite dalla deflagrazione di ordigni esplosivi.
L'esplosione a Nairobi fu la più violenta delle due, e fu udita a oltre 30 km di distanza. L'ambasciata statunitense fu distrutta, e anche diversi edifici circostanti risultarono gravemente danneggiati. Le vittime accertate furono 212, con circa 4000 feriti. A Dar es Salaam fu danneggiata la struttura dell'ambasciata, con un bilancio di 11 morti e 85 feriti. In entrambi i casi, quasi tutte le vittime erano africani; complessivamente persero la vita solo 12 cittadini statunitensi, tutti a Nairobi.
Rivendicazione
Gli attentati furono rivendicati da Osama bin Laden, ma le motivazioni non furono mai del tutto chiarite. In alcuni messaggi, bin Laden sostenne che nelle ambasciate colpite era stato programmato il genocidio ruandese; in altre occasioni sostenne che la motivazione era stata l'invasione della Somalia nell'operazione Restore Hope, o l'intenzione degli Stati Uniti di dividere il Sudan in due nazioni separate.
Risposta statunitense
In risposta agli attentati, l'allora Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton ordinò il bombardamento di obiettivi militari in Sudan e Afghanistan il 20 agosto. Questa rappresaglia ebbe conseguenze molto controverse in Sudan, dove i missili colpirono una fabbrica farmaceutica la cui produzione copriva il 50% del fabbisogno nazionale. L'amministrazione statunitense sostenne di avere prove certe che nella fabbrica si producessero anche armi chimiche, ma le successivi indagini di diversi gruppi indipendenti internazionali e statunitensi e la testimonianza dei tecnici italiani che lavoravano nella fabbrica provarono che l’accusa era infondata.[1] Oltre alla risposta militare, l'amministrazione clintoniana mise alcuni sospetti sulla lista delle persone più ricercate dalla giustizia degli Stati Uniti.
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