21 agosto, 2010
PROMEMORIA 21 agosto 1991 Termina il tentato colpo di stato contro Mikhail Gorbachev.
Termina il tentato colpo di stato contro Mikhail Gorbachev.
Gli eventi
Nell'agosto 1991, dopo una trattativa di notevole complessità, il presidente sovietico Mikhail Sergeevič Gorbačëv si apprestava a siglare il nuovo patto federativo dell'Unione Sovietica che, di lì a poco, avrebbe mutato la propria denominazione ufficiale da Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche in quella, presumibilmente, di Unione delle Repubbliche Sovietiche Sovrane.
Dodici dei paesi già facenti parte dell'URSS erano prossimi alla firma, la Federazione Russa, l'Ucraina, la Bielorussia, la Moldavia, la Georgia, l'Armenia, l'Azerbaijan, il Kazakistan, il Turkmenistan, il Kirghizistan, l'Uzbekistan ed il Tagikistan. Soltanto le Repubbliche Baltiche, ovvero, Lituania, Lettonia ed Estonia, avevano infatti deciso di conquistare una totale indipendenza dall'Unione.
D'altronde, pochi mesi prima, oltre il 70% dei cittadini sovietici chiamati alle urne, aveva espresso il proprio sostegno ad una rinnovata Unione. Il Segretario del PCUS, nonché Presidente dell'Unione Sovietica, aveva deciso di prepararsi al gravoso impegno riposandosi nella dacia presidenziale in Crimea.
Era il 19 agosto quando, su ordine di alti gradi del Partito, timorosi delle incombenti novità, Gorbačëv veniva trattenuto contro la sua volontà in Crimea, non potendo quindi recarsi alla sigla del nuovo accordo federativo: era l'inizio del tentativo di colpo di stato che, a dispetto delle intenzioni tanto degli autori, quanto delle vittime, avrebbe condotto ad un risultato impensabile fino a poco tempo prima: la dissoluzione dell'Unione Sovietica.
I golpisti erano personaggi di spicco della politica sovietica: il capo del KGB Vladimir Krjučkov, il ministro degli Interni Boris Pugo, il ministro della Difesa Dimitri Jazov, il vice-presidente dell'Urss Gennadij Janaev, il primo ministro Valentin Pavlov, il capo della segreteria di Gorbačëv, Valerij Boldin. Il loro intento era chiaro: preservare l'Unione dall'insorgere delle nazionalità, impedire un alleggerimento del potere centrale, preservare il primato del PCUS.
Il vice presidente Gennadij Janaev prese potere della televisione e della radio immediatamente dopo l'annuncio con gli altri leader del colpo di stato e rilasciò una debole denuncia del regime precedente, portando immediatamente a credere che egli non fosse l'uomo adatto a portare l'ordine pubblico ricercato disperatamente dagli insorti. Grandi dimostrazioni pubbliche contro i leader del colpo di stato ebbero luogo a Mosca e a Leningrado e le lealtà divise degli organismi di difesa e sicurezza fecero sì che le forze armate non attaccassero i dimostranti.
Il presidente della RSSF russa Boris Eltsin guidò la resistenza dalla Casa Bianca, l'edificio del parlamento russo. Dopo l'annuncio di Janaev, Eltsin denunciò vigorosamente il colpo di stato. Ad un certo punto, durante la dimostrazione, salì su un carro armato e, con un megafono, condannò la "junta". La forte presa di posizione di Eltsin contrastava nettamente con il debole comunicato di Janaev. Questa immagine, trasmessa dai telegiornali di tutte le televisioni mondiali, divenne una delle più durevoli di tutto il colpo e rafforzò enormemente la posizione di Eltsin. Un assalto all'edificio del parlamento programmato dal Gruppo Alfa, le forze speciali del KGB, fu annullato quando le truppe si rifiutarono unanimemente di eseguire l'ordine. Un'unità di carri armati disertò dalle forze del governo e si pose in difesa del parlamento con le armi puntate verso l'esterno.
Ci furono confronti armati nelle strade vicine, incluso uno in cui tre dimostranti furono accidentalmente feriti a morte dai carri armati, ma comunque la violenza fu sorprendentemente limitata. Il 21 agosto la grande maggioranza delle truppe spedite a Mosca si schierò apertamente con la resistenza e tolse l'assedio. Il golpe rovinò su sé stesso e Gorbačëv ritornò a Mosca sotto la protezione delle forze di Eltsin.
Una volta tornato a Mosca, Gorbačëv agì come se avesse dimenticato i cambiamenti occorsi nei tre giorni precedenti. Tornato al potere Gorbačëv promise di espellere dal Partito Comunista dell'Unione Sovietica i rivoltosi. Rassegnò le dimissioni come segretario generale del PCUS, che era stato bandito per decreto di Eltsin ma rimase presidente dell'Unione Sovietica. Il fallimento del colpo portò ad una serie di collassi di tutte le istituzioni dell'unione. Boris Eltsin prese il controllo della compagnia di telecomunicazioni centrale e dei ministeri e agenzie economici chiave ed infine prese tutto il potere in Russia.
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