Strage di Piazza Fontana nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura di Milano: 16 morti e 88 feriti.
Tra il 1968 e il 1974 furono compiuti 140 attentati, tra i quali quello di Piazza Fontana, insieme alla strage di Bologna, avvenuta nel 1980, fu uno dei più sanguinosi. In particolare la Strage di piazza Fontana rappresenta l'inizio, di quella che secondo una diffusa teoria interpretativa, sarebbe la strategia della tensione.
L'esplosione avvenne alle 16:37[1]: una bomba esplose nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana, provocando la morte di diciassette persone ed il ferimento di altre ottantotto.
Una seconda bomba fu rinvenuta inesplosa nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana, in piazza della Scala, furono fatti i rilievi previsti, e successivamente fu fatta brillare[2] distruggendo in tal modo elementi probatori di possibile importanza per risalire all'origine dell'esplosivo e a chi avesse preparato gli ordigni. Una terza bomba esplose a Roma alle 16:55 dello stesso giorno nel passaggio sotterraneo che collegava l'entrata di via Veneto con quella di via di San Basilio della Banca Nazionale del Lavoro, ferendo tredici persone. Altre due bombe esplosero a Roma tra le 17:20 e le 17:30, una davanti all'Altare della Patria e l'altra all'ingresso del museo del Risorgimento, in piazza Venezia, facendo quattro feriti.
Si contarono dunque cinque attentati terroristici nel pomeriggio dello stesso giorno, concentrati, tra il primo e l'ultimo, in un lasso di tempo di soli 53 minuti, a colpire contemporaneamente le due maggiori città d'Italia, Roma e Milano.
Sebbene la vicenda sia tuttora oggetto di controversie, le responsabilità di questi attacchi possono essere ricondotte a gruppi eversivi di estrema destra, che miravano a un inasprimento di politiche repressive e autoritarie tramite l'instaurazione di un clima di tensione nel paese.
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