30 marzo, 2008

PROMEMORIA 30 Marzo 2004 Istituito il Giorno del Ricordo, in memoria delle vittime delle foibe


Una foiba è una cavità carsica, solitamente di origine naturale (grotte), con ingresso a strapiombo. Le foibe sono diffuse soprattutto nella provincia di Trieste, nelle zone della Slovenia già parte della scomparsa regione Venezia Giulia nonché in molte zone dell'Istria e della Dalmazia.

Attualmente sono un argomento studiato sotto il punto di vista storico, per essere state durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra, utilizzate dalla truppe titoiste per l'uccisione e conseguente occultamento di migliaia di italiani, durante la pulizia etnica anti-italiana avvenuta nella città di Trieste e nelle regioni nord orientali italiane (Istria). Moltissimi venivano buttati vivi e lasciati morire di fame.

In questo contesto, sono genericamente indicate come foibe anche quelle che geologicamente non sono tali, come la foiba di Basovizza, che in realtà è un pozzo minerario.

La parola "foiba" è una dialettizzazione del latino "fovea" che significa fossa.

L'uso delle foibe da parte dei titoisti durante e alla fine della seconda guerra mondiale avvenne in due periodi.

Il primo, successivo all'8 settembre 1943, cioè all'Armistizio tra Italia e Alleati, si svolse in Istria e Dalmazia e uccise alcune centinaia d'italiani. Rispetto agli episodi collegati alla foiba di Vines, il Maresciallo dei Vigili del Fuoco Arnaldo Harzarich, condusse dall'ottobre 1943 fino ai primi mesi del 1945 un'indagine, i cui risultati produssero un rapporto che testimoniava la presenza di 84 salme in questa foiba.

Il secondo, successivo alla fine della guerra, si svolse principalmente a Trieste tra il 1° maggio e il 12 giugno 1945 e a Gorizia nello stesso periodo, con l'uccisione di diverse migliaia di persone, molte delle quali gettate vive nelle foibe. La "foiba" più conosciuta, anche perché nel 1992 è stata dichiarata monumento nazionale, è quella di Basovizza (a pochi chilometri da Trieste, una delle poche foibe rimaste in territorio italiano), sebbene si tratti a rigore di un pozzo artificiale. Questi baratri venivano usati per l'occultamento di cadaveri con tre scopi: vendicarsi di nemici personali, magari per ottenere un immediato beneficio patrimoniale; dominare e terrorizzare la popolazione italiana delle zone contese; eliminare gli oppositori politici e i cittadini italiani che si opponevano (o avrebbero potuto opporsi) alle politiche del Partito Comunista Jugoslavo di Tito. [4]

Inoltre nel periodo in esame le foibe vennero usate anche come fosse comuni dei cadaveri di combattenti e talvolta anche dei morti per bombardamenti.

Recentemente lo storico fiumano Antun Giron ha rintracciato un rapporto segreto proveniente dallo Stato indipendente di Croazia che ha pubblicato nella rivista "Vjesnik PAR" (N.37/1995). Questo documento scritto da Nikola Zic, all'epoca impiegato al Ministro degli Esteri croato, il 28 gennaio 1944 scrisse una relazione riguardo i fatti accaduti nell'Istria centrale tra il settembre e l'ottobre del 1943.

La relazione, tradotta in italiano, recita le seguenti testuali parole: "All'inizio a nessun italiano è stato fatto nulla di male. I partigiani avevano diramato l'ordine che non doveva essere fatto del male a nessuno. Ma qualche giorno dopo lo scoppio della rivolta popolare alcuni corrieri a bordo di motociclette sidecar hanno portato la notizia che i fascisti di Albona avevano chiamato e fatto venire da Pola i tedeschi in loro aiuto e questi avevano aperto il fuoco contro i partigiani. Poco dopo si è saputo che i tedeschi erano stati chiamati in aiuto anche dai fascisti di Canfanaro, Sanvincenti e Parenzo, fornendogli informazione sui partigiani. Rispondendo alla chiama è subito arrivata a Sanvincenti una colonna tedesca. Tutte queste voci hanno creato una grande avversione verso i fascisti. Essi ci tradiranno! si sentiva dire dappertutto. Pertanto partigiani e contadini hanno cominciato ad arrestare e imprigionare i fascisti, ma senza alcuna intenzione di ucciderli. I partigiani decisero di fucilare soltanto alcuni, i peggiori, ma anche molti fra questi sono stati salvati grazie all'intervento dei contadini croati e ancor più dei sacerdoti."

Si è storicamente appurato che per la liberazione di molte persone arrestate fu decisivo l'intervento del vescovo di Parenzo e Pola, Mons. Raffaele Radossi. Sempre dalla lettera di Zic si evince chiaramente che le carceri gestite dai partigiani istriani erano quelle di Albona, Pinguente e Pisino, sedi, oltretutto, di processi dei tribunali del popolo verso i crimini fascisti.

Sempre dalla lettera s'è appurato che i partigiani vennero a conoscenza, alcuni giorni dopo, dell'arrivo di nuovi reparti germanici richiamati dagli stessi fascisti che predicavano come nella sola Pisino vi fossero oltre 100.000 partigiani, mentre in realtà ce n'erano appena qualche centinaio. Nella paura che questi tedeschi liberassero i fascisti, i partigiani decisero di ucciderli. Si stimano circa 200 corpi gettati nelle foibe, mentre gli altri riuscirono a scappare raggiungendo Pola e Trieste.

Il Comando tedesco ordinò di rastrellare l'Istria mandando alcune divisione SS corazzate.

Nelle dichiarazioni del gennaio 1944 rilasciate dal segretario del Partito fascista repubblicano e pubblicata dalla stampa della RSI dell'epoca, si stima che degli insorti furono infoibati non più di 349 persone, delle quali in gran parte fasciste. Difatti, anche in relazione agli studi dello storico Antun Giron, le fucilazioni in gran parte avvenivano eseguite dopo interrogatori e processi sommari collettivi. I cadaveri fucilati venivano gettati nelle grotte carsiche o nelle vecchie cave delle miniere di bauxite.

Nel periodo di rinvenimento dei cadaveri da parte dei vigili del fuoco di Pola, le SS tedesche, appoggiate dai fascisti italiani, uccisero circa 3.000 persone, appiccando fuoco a circa 1.000 case e derubando migliaia d'istriani, pochi dei quali rimasero vivi. Il Comando germanico, comunicando di aver portato a termine il grande rastrellamento, comunicò: "Sono stati contati i corpi di 3.700 banditi uccisi [...]. Altri 4.500 sono stati catturati, fra cui gruppi di soldati e ufficiali italiani." In quel periodo agenti dell'OZNA (la polizia segreta comunista jugoslava) fucilarono alcuni narodnjaci ("nazionaliszi") croati che avevano massacrato per vendetta alcuni italiani. Altrettanto una cinquantina d'italiani venne arrestata per decisione dei capi rivoluzionari italiani del luogo.

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