14 aprile, 2010
PROMEMORIA 14 aprile 1975 - A Milano viene rapito l'ingegnere Carlo Saronio da Potere Operaio.
A Milano viene rapito l'ingegnere Carlo Saronio da Potere Operaio. Richiesto un riscatto di 5 miliardi di lire, la famiglia paga solo 470 milioni. Saronio non sarà liberato e verrà trovato morto nel 1979.
Il rapimento di Carlo Saronio è stata un'azione criminale compiuta da gruppi terroristici legati a Potere Operaio, nell'ambito di un'operazione di criminalità comune volta a finanziare i gruppi terroristici dell'estrema sinistra e alle forze della sinistra extraparlamentare di Reggio Emilia.
Cenni biografici
Carlo Saronio (1949 - 14 aprile 1975) all'epoca dei fatti era un giovane ingegnere milanese, ricercatore presso l' Istituto Mario Negri di Milano. Era alto e magro e leggermente ingobbito, cosa che gli aveva fatto ottenere il soprannome di salice piangente
Era discendente di una famiglia di industriali farmaceutici, ex proprietari delle Industrie Farmaceutiche Carlo Erba [1], ed era stato simpatizzante del gruppo di estrema sinistra Potere Operaio da cui però si era distaccato.
Il rapimento
La cattura e la morte
La sera del 14 aprile 1975 alcuni elementi dei gruppi d'azione di Potere Operaio, tra cui l'amico di Saronio Carlo Fioroni, rapirono il giovane, coadiuvati da alcuni uomini della malavita comune reclutati per l'occasione. Fioroni era un personaggio strano, noto nel suo paese per girare sempre con una vecchia pistola Glisenti scarica in tasca ed ex appartenente ai Gruppi d'Azione Partigiana di Giangiacomo Feltrinelli.
Il proposito dell'azione era di estorcere alla famiglia un ricco riscatto, che sarebbe in parte andato alla "manovalanza" del rapimento ed, in parte, a finanziare il gruppo terroristico. Il contatto tra criminali e terroristi probabilmente era avvenuto in carcere.
Il gruppo prese Saronio, stordendolo con del cloroformio. L'imperizia dei rapitori, tuttavia, provocò la morte della vittima durante il trasferimento al luogo della detenzione, uccisa da una dose letale dei vapori dell'anestetico.
Il riscatto
I rapitori chiesero inizialmente 5 miliardi di lire. Dopo alcune contrattazioni telefoniche tramite mediatori, la famiglia e i rapitori si accordarono per un pagamento di una prima rata di 470 milioni di lire (una cifra comunque rilevante), pagata alla cieca e senza prove della salute di Saronio. Il giovane d'altra parte era già morto da giorni, e i rapitori non potevano che accontentarsi. L'accordo prevedeva che i soldi passassero di mano la sera del 9 maggio alle 22.00, sotto un cavalcavia dell'autostrada Milano-Genova nei pressi dello svincolo del casello di Bereguardo. Il riscatto venne pagato in banconote da 100.000 lire, non segnate ma coi numeri di serie registrati.
Con la suddivisione del primo bottino, 160 milioni di lire andarono ai criminali che parteciparono all'azione.
Tentativi di depistaggio
Dopo la spartizione dei soldi, Fioroni ebbe contatti con altri esponenti della lotta armata di estrema sinistra: in un incontro col militante brigatista Cecco Bellosi Fioroni affermò che il rapimento fosse stato organizzato dal Servizio Informazioni Difesa, un servizio segreto allora partecipante alle operazioni terroristiche dell'"eversione nera".
Fioroni raccontò a Bellosi (stando alle memorie di quest'ultimo) che il SID era coinvolto nella vicenda, poiché nel rinvenimento di una base brigatista presso Robbiano di Mediglia era emerso il suo nome: poiché i terroristi erano soliti usare tra di loro i nomi in codice mentre per i militanti della parte opposta indicavano nomi e cognomi in chiaro, secondo Fioroni era evidente che vi fosse stato un intervento da parte di una forza schierata contro Potere Operaio. Il racconto di Fioroni era un palese depistaggio, per coprirsi la fuga sfruttando la eventuale cattura di commilitoni.[2]
La cattura
Fioroni fu fermato a Bellinzona il 16 maggio 1975 durante la fuga coi compagni Maria Cristina Cazzaniga e Franco Prampolini, scoperto con 67 milioni in contanti destinati al riciclaggio attraverso le banche svizzere. [3] I soldi erano stati portati in Svizzera in una bombola di metano di una Fiat 124.
Tolto il pagamento dei complici e i soldi di Fioroni, rimanevano 243 milioni di lire, scomparsi nel nulla e probabilmente destinati al finanziamento di gruppi eversivi della sinistra extraparlamentare di Reggio Emilia, ideatori e promotori dell'azione. [4]
L'italiano venne fermato mentre effettuava operazioni di cambio: del denaro in suo possesso, 63 banconote vennero identificate con quelle usate per il pagamento del riscatto, i cui numeri erano stati registrati.[5]
La rete dei contatti
Emerse che la Cazzaniga era conoscente di Saronio, e che aveva pernottato a Milano sotto falso nome nel periodo del sequestro, presentandosi come moglie di Fioroni. Nel marzo 1975 era anche stata ospite a casa di Saronio
Emersero prove di un viaggio in auto compiuto dalla Cazzaniga e da Fioroni da Milano a Treviglio, dove la coppia avrebbe incontrato i "manovali" del sequestro. Lì il gruppo avrebbe effettuato delle prove. Sull'auto venne rinvenuto un rotolo di nastro adesivo, compatibile con quello usato nelle prove del rapimento.
Dalla Cazzaniga emersero anche i nomi di Carlo Casirati [6] e della sua amante, che erano stati ospiti della donna nel 1974: i due vennero presto collegati al sequestro. Inizialmente accusata solo di ricettazione e favoreggiamento, la posizione di Maria Cristina Cazzaniga divenne più grave poiché appariva correlata all'organizzazione dell'azione criminale. [7]
Prampolini venne ricollegato a Fioroni, e fu identificato come uno degli esecutori del sequestro. Aveva conosciuto Casirati e altri membri dell'organizzazione, con cui aveva avuto contatti in passato.[8]
Le indagini italiane
Il 19 maggio il Sostituto Procuratore della Repubblica di Milano emise un ordine di cattura, e il 6 giugno venne chiesta l'estradizione per i tre prigionieri, accusati di concorso nel reato di sequestro a scopo di rapina ed estorsione.
Poco dopo la prima richiesta, l'ambasciata italiana emendò l'ordine d'arresto di Fioroni, aggiungendo i reati di banda armata e associazione sovversiva.
I tre prigionieri si opposero all'estradizione: il Dipartimento federale di giustizia e polizia svizzero acconsentì a concedere l'estradizione per i reati legati al sequestro, ma rifiutò le imputazioni relative alle attività terroristiche. Infine, i tre prigionieri vennero estradati [9]
Il 23 maggio a Milano venne arrestata una donna, Brunhilde Pertramer, moglie di Oreste Strano, un personaggio allora ritenuto vicino alle Brigate Rosse e al loro presunto ideologo Toni Negri. La Pertramer era già inquisita nell'ambito di un'inchiesta istruita dal 1974 a Torino dai giudici Giancarlo Caselli e Luciano Violante contro diversi gruppi terroristici. La donna viene scagionata dopo tre giorni, e scarcerata dopo sei (era stata trattenuta per il possesso illecito nella propria abitazione di una sciabola, classificata "arma da guerra")[10].
Il memoriale e le condanne
Tradotto in carcere e condannato, dopo alcuni anni Fioroni decise di collaborare con le autorità. Nel 1979 denunciò in un memoriale i nomi dei propri complici. Nel memoriale, che causò l'arresto di un centinaio di persone, veniva accusato dell'omicidio il discusso filosofo comunista Toni Negri. Negri fu poi scagionato dall'accusa.[11]
Il corpo di Saronio fu ritrovato grazie alla collaborazione di Carlo Casirati, uno dei delinquenti comuni che parteciparono al rapimento. Coi soldi del riscatto fuggì a Caracas dove venne rintracciato dalla polizia italiana.
Casirati aveva tentato di ricattare la famiglia Saronio per ottenere altri 200 milioni in cambio dell'indicazione del luogo di sepoltura del cadavere.
Arrestato ed estradato in Italia, fornì l' ubicazione della sepoltura e per questo ottenne i benefici di leggi con una pena detentiva ridotta da 27 a quasi 10 anni, in sede di appello causa la sua collaborazione. [12]
Il cadavere di Saronio fu ritrovato solo nel 1979.
Anche Fioroni godette dei benefici della legge Cossiga sui terroristi che collaborano, ed uscì dal carcere il 4 febbraio 1982. Ottenne un passaporto e si trasferì all'estero.
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