01 febbraio, 2010
PROMEMORIA 1 febbraio 1992 - Il magistrato capo della corte di Bhopal dichiara fuggitivo in base alla legge indiana Warren Anderson
Il magistrato capo della corte di Bhopal dichiara fuggitivo in base alla legge indiana Warren Anderson, ex-amministratore delegato della Union Carbide, per non essersi presentato al processo per il disastro di Bhopal.
Il disastro di Bhopal del 1984, fu causato dalla fuga di 40 tonnellate di isocianato di metile (MIC), prodotto dalla Union Carbide, azienda multinazionale americana produttrice di pesticidi localizzata nel cuore della città di Bhopal, nello stato indiano del Madhya Pradesh.
Il rilascio di isocianato di metile, iniziato poco dopo la mezzanotte del 3 dicembre 1984, uccise 754 persone, ma fonti non ufficiali ne stimano più di 10.000, avvelenandone da 150.000 a 600.000, nel novembre 2004 gli investigatori della BBC confermarono che la contaminazione era ancora attiva.
Era il 4 maggio 1980 quando il presidente della Union Carbide, Warren Anderson, premeva il bottone per l’avvio alla produzione dell'insetticida.
Il primo obiettivo dell'azienda era il Safety First annunciato nelle sue campagne promozionali, ossia la sicurezza del personale innanzitutto, e per questo motivo l'azienda donò all'Hamidia l'attrezzatura necessaria per la rianimazione in caso di contaminazioni gassose.
Allestì un piccolo ospedale interno per eseguire tutti gli esami necessari al controllo dello stato di salute dei lavoratori e alla cura di eventuali disturbi respiratori, i medici che vi operavano non erano però stati istruiti circa patologie dovute a fughe di gas.
Nel maggio 1982, tre ingegneri americani appartenenti al centro tecnico della divisione dei prodotti chimici e delle materie plastiche di South Charleston raggiunsero Bhopal, dovendo accertare il buon funzionamento della fabbrica, nelle norme stabilite dalla Carbide per quel tipo d’azienda.
La crisi del 1982 condusse alla riduzione, ad ogni costo, delle perdite della fabbrica, portando al licenziamento del 40% del personale specializzato, per poi arrivare al numero totale di operai pari a seicentoquarantadue.
Nell'estate 1983, la Union Carbide, consapevole del fallimento sospese la produzione, in previsione della definitiva chiusura dell'impianto per poi trasferirlo in altri paesi, però 63 tonnellate di MIC restavano stivate come scorta nei tre serbatoi sottoterra.
Nell’autunno del 1983 gli impianti di sicurezza vennero disattivati, la refrigerazione delle vasche del MIC fu interrotta, la manutenzione ordinaria fu sospesa e la fiamma pilota della torre di combustione, ultimo sistema di sicurezza per bloccare eventuali fughe di gas contaminante, fu spenta.
La fabbrica chiuse definitivamente Il 26 ottobre 1984.
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