20 maggio, 2010

PROMEMORIA 20 maggio 1999 - Omicidio D'Antona: a Roma le BR uccidono Massimo D'Antona, docente di diritto del lavoro alla Sapienza.


Omicidio D'Antona: a Roma le BR uccidono Massimo D'Antona, docente di diritto del lavoro all'Università "La Sapienza" di Roma.
L'omicidio D'Antona fu eseguito dalle Nuove BR il 20 maggio 1999 in via Salaria a Roma.
Ricostruzione giudiziaria dei fatti

Il professor Massimo D'Antona, consulente del Ministero del Lavoro e docente di diritto del lavoro all'Università degli studi di Roma "La Sapienza", amministratore delegato dell'ENAV fino al 1998, verso le 8.30 di mattina, stava recandosi al lavoro nello studio di via Salaria. I brigatisti rossi Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce, in attesa dentro un furgone Nissan, scendono e lo apostrofano. Secondo la deposizione di Cinzia Banelli, fu Galesi, armato di una pistola automatica calibro 9x19 senza silenziatore, a far fuoco su D'Antona, svuotando i 9 colpi del caricatore sul professore e infliggendogli il colpo di grazia al cuore. I due si danno poi alla fuga, e poco dopo arrivano i soccorsi: il ricovero al Policlinico Umberto I è però inutile, e il medico dichiara nel certificato di morte che D'Antona si è spento alle 9.30 di mattina.
Poche ore dopo, arriva la rivendicazione, 14 pagine stampate fronte retro, con la stella a cinque punte e il gergo criptico e oscuro tipico delle Nuove brigate Rosse.[1] Rispetto a similari rivendicazioni degli anni di piombo, oltre all'appariscente differenza costituita dalla dicitura "SIM" sostituita da "Borghesia Internazionale", si rileva un netto peggioramento dello stile, una qualità letteraria più bassa, una maggior tortuosità nell'espressione.[2]

Esito processuale

L'8 luglio 2005 la Corte d'assise di Roma, presieduta da Marco D'Andria, emette il verdetto: ergastolo per Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi e Marco Mezzasalma; Federica Saraceni assolta dall'accusa di concorso nell'omicidio, ma condannata a 4 anni e 8 mesi perché ritenuta responsabile di associazione sovversiva. Quattro assoluzioni: Alessandro Costa e Roberto Badel non sono stati ritenuti colpevoli di banda armata; i fratelli Maurizio e Fabio Viscido sono stati prosciolti dall'accusa di banda armata. Per Costa e Badel è stata disposta la scarcerazione dal presidente della Corte.

Conseguenze politiche e sociali

L'omicidio D'Antona riapre la stagione degli omicidi delle BR (Brigate Rosse), ad 11 anni da quello di Roberto Ruffilli.
Seguiranno l'omicidio Biagi, in cui è nuovamente implicata la Lioce, e la sparatoria sul treno del 2 marzo 2003 che costerà la vita a Emanuele Petri, un sovrintendente della PolFer, e del brigatista rosso Mario Galesi. L'azione, scaturita da un normale controllo presso Castiglion Fiorentino, ha portato alla cattura della Lioce. Quest'ultima farà poi trovare un covo a Roma, in un locale in affitto di proprietà di Diana Blefari Melazzi.

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