28 aprile, 2007
PROMEMORIA 28 aprile 1945 LA FINE DI MUSSOLINI
Seconda guerra mondiale: Benito Mussolini e la sua compagna Clara Petacci, catturati a Dongo mentre tentavano di espatriare in Svizzera, vengono fucilati dai partigiani a Giulino di Mezzegra
Ormai stanco, malato e in balia delle decisioni di Hitler, Mussolini si insediò quindi a Salò, fondando la Repubblica Sociale Italiana il 23 settembre 1943, cercando invano di far rivivere le parole d'ordine del fascismo della "prima ora". Egli giustificò la decisione di ristabilire uno stato italiano fascista sostenendo che, in caso di rifiuto, il Führer avrebbe sottoposto a ulteriori rappresaglie e vessazioni gli italiani.
Nell'aprile del 1945, sempre più isolato e impotente dopo che le ultime resistenze tedesche in Italia battevano in ritirata, Mussolini, trasferitosi a Milano, chiese ed ottenne un incontro con il cardinale Ildefonso Schuster, affinché facesse da mediatore con il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) nella speranza di ottenere salva la vita.
Venuto a conoscenza di un tentativo di arresto, Mussolini riuscì a fuggire dalle stanze della prefettura di Milano ove dimorava, anticipando l'arrivo dei partigiani. Tentando quindi la fuga in Svizzera o in Germania, la sera del 25 aprile fece dirigere il proprio convoglio in direzione di Como e quindi verso Menaggio, lungo la sponda occidentale del lago, ove era stanziata una colonna di mezzi tedeschi in ritirata. Da lì, la mattina del 26 aprile, tentò la fuga insieme ad alcuni gerarchi e all'amante Claretta Petacci, nascondendosi in un camion della colonna travestito da militare tedesco. La colonna fu fermata da un gruppo di partigiani nei pressi di Musso e ogni mezzo fu fatto perquisire, secondo quanto prevedevano gli accordi collegati alla resa di Caserta. Riconosciuto durante la perquisizione, Mussolini fu fatto scendere, arrestato e detenuto in un casolare durante la notte fra il 27 e il 28 aprile.
Condotto davanti a un tribunale militare, i comandanti partigiani discussero sul da farsi sino all'arrivo da Roma di un comunicato in cui, il Comitato di Liberazione Nazionale (che a seguito dell'armistizio con decreto luogotenenziale aveva assunto tutti i poteri costituzionali) esprimeva la necessità di una rinascita sociale politica e morale dell'Italia attuabile solo attraverso la fine di Mussolini e di ogni altro simbolo del partito fascista presente in Italia. Il documento era a firma di tutti i componenti del CLN (Partito comunista, il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, Democrazia del Lavoro, il Partito d'azione, la Democrazia cristiana, il Partito liberale italiano). La sentenza venne attuata il 28 aprile 1945; Mussolini e Claretta Petacci furono uccisi a Giulino di Mezzegra, nei pressi di Dongo.
Sulla morte di Mussolini si sono prodotte nel tempo varie congetture e teorie che hanno messo in dubbio molti punti della versione dei fatti fornita dal Colonnello Valerio (Walter Audisio) - il comandante partigiano che ebbe l'incarico di eseguire la sentenza del CLN - considerata da alcuni un resoconto inattendibile. Secondo una di queste ipotesi alternative, a eseguire la sentenza sarebbe stato il partigiano Bruno Giovanni Lonati insieme a un agente segreto britannico che desiderava impossessarsi del carteggio dello statista con Churchill, compromettente per quest'ultimo. I cadaveri di Mussolini, della Petacci e di altri quindici gerarchi furono poi trasportati a Milano ed appesi a testa in giù alla balaustra di un distributore di benzina in piazzale Loreto (dove l'anno precedente erano stati fucilati ed esposti al pubblico quindici oppositori del regime). I corpi furono lasciati in balia della folla, che li calò a terra e infierì su di loro con colpi di pistola, sputi, calci ed altri oltraggi.
L'uccisione di Mussolini e della Petacci, e la decisione di esporre i corpi al pubblico ludibrio, ricevettero successivamente numerose critiche. Ancora oggi alcuni interrogativi restano aperti, sulla legittimità dell'accaduto e sulle motivazioni che vi condussero. Non è possibile tuttavia esprimere una valutazione univoca e oggettiva, che non tenga conto dalle circostanze e del contesto storico. Il solo dato di fatto che si può osservare è che in Italia non fu celebrato un processo giudiziario nei confronti dei gerarchi fascisti paragonabile a quello tenutosi a Norimberga contro il Nazismo. Un simile processo, pur con tutti i suoi limiti, sarebbe comunque potuto risultare espressione di un giudizio al di sopra delle parti.
Mussolini è sepolto a Predappio.
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