01 gennaio, 2010
PROMEMORIA 1 gennaio 1894 - Nasce la Banca d'Italia.
Nasce la Banca d'Italia.
La Banca d'Italia è la banca centrale della Repubblica Italiana. Dal 1998 è parte integrante del sistema europeo delle banche centrali (SEBC). Il suo nome viene talvolta informalmente abbreviato in Bankitalia.
La Banca d'Italia è un istituto di diritto pubblico come stabilito dalla legge bancaria del 1936, ribadita anche da una sentenza della Corte Suprema di Cassazione [1]
Le quote di partecipazione al suo capitale sono per il 94,33% di proprietà di banche private e assicurazioni, per il 5,67% di enti pubblici (INPS e INAIL)[2].
La sede centrale della Banca d'Italia è nel Palazzo Koch a Roma. Ha sedi e succursali in tutta Italia.
Il governatore della Banca d'Italia è Mario Draghi.
Storia
Palazzo della Banca d'Italia, a Firenze costruito quando era Capitale.
La Banca d'Italia viene istituita con la legge n. 449 del 10 agosto 1893, dalla fusione di quattro banche: la Banca Nazionale del Regno d'Italia (già Banca Nazionale degli Stati Sardi), la Banca Nazionale Toscana, la Banca Toscana di Credito per le Industrie e il Commercio d'Italia e dalla liquidazione della Banca Romana in seguito al c.d. scandalo della Banca Romana.
Con una serie complessa di fusioni fra queste banche, si forma quella che diventerà l'attuale Banca d'Italia. Artefici dell'operazione sono alcune famiglie di banchieri, soci storici: Bombrini, Diavolo, Bastogi, Balduino.
La moneta del Regno aveva pochissime riserve auree[senza fonte]; con l'annessione del sud avrebbe ricostituito una massa di riserve tale da poter emettere molta nuova moneta, con la politica di non tenere una piena convertibilità fra l'oro e la moneta dello stato piemontese[senza fonte]. Infatti, il Banco di Napoli e il Banco delle due Sicilie disponevano di una quantità ingente di riserve auree da incamerare[senza fonte].
Nel 1926 la Banca d'Italia ottiene l'esclusiva sull'emissione della moneta (viene così abrogato il Regio Decreto del 28 aprile 1910, n. 204, che aveva confermato la prerogativa anche al Banco di Napoli ed al Banco di Sicilia).
Nel 1928 la Banca viene riorganizzata. Al Direttore Generale viene affiancato un Governatore, dotato di poteri maggiori.
La Banca d'Italia nasce 1936. In quell'anno viene convertita in Istituto di diritto pubblico dall'articolo 3 della legge bancaria del 1936 (ovvero il regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 marzo 1938, n. 141, e successive modificazioni e integrazioni). Le viene assegnato il compito di vigilare sulle banche italiane e ottiene la conferma del potere di emissione della moneta.
Nel 1948 viene conferito al Governatore il compito di regolare l'offerta di moneta e decidere il tasso di sconto, in base al D.P.R. n. 482 del 19 aprile (articolo 25, comma 4).
Una legge del 1992 (la n.82 del 7 febbraio), proposta dall'allora Ministro del Tesoro Guido Carli, chiarisce che la decisione sul tasso di sconto è di competenza esclusiva del Governatore e non deve essere più concordata di concerto con il Ministro del Tesoro (il precedente decreto del Presidente della Repubblica, viene modificato in relazione alla nuova legge con il DPR del 18 luglio).
Il 13 giugno 1999 il senato della Repubblica, nel corso della XIII Legislatura discute il disegno di legge N. 4083 “Norme sulla proprietà della Banca d'Italia e sui criteri di nomina del Consiglio superiore della Banca d'Italia”. Tale disegno di legge vorrebbe far acquisire dallo stato tutte le azioni dell'istituto, ma non viene mai approvato.
Il 4 gennaio 2004 il numero 1 di "Famiglia Cristiana" riporta, per la prima volta nella storia, l'elenco dei partecipanti al capitale della Banca d'Italia con le relative quote. La fonte è un dossier di Ricerche & Studi di Mediobanca, diretta dal ricercatore Fulvio Coltorti, il quale, indagando a ritroso sui bilanci di banche, assicurazioni ed enti, ed annotando mano a mano le quote che segnalavano una partecipazione al capitale della Banca d'Italia è riuscito a ricostruire gran parte dell'elenco dei partecipanti della massima istituzione finanziaria italiana.
Il 20 settembre 2005 l'elenco degli azionisti viene reso ufficialmente disponibile da Bankitalia; fino a questo momento era da considerarsi riservato.
Il 19 dicembre 2005, dopo intense campagne di stampa e critiche al suo operato nell'ambito dello scandalo di Bancopoli, il governatore Antonio Fazio si dimette. Pochi giorni dopo, viene nominato al suo posto Mario Draghi, che si insedierà il 16 gennaio 2006.
La legge 262 del 28 dicembre 2005, nell'ambito di varie misure a tutela del risparmio, introduce per la prima volta un termine al mandato del governatore e dei membri del direttorio, e dispone che entro il 2008 le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia attualmente in mano a imprese private passino allo Stato.[3]
In base a tale legge, Draghi sarà il primo governatore ad avere un mandato a termine di sei anni, rinnovabile una sola volta.
Con D.P.R. del 12 dicembre 2006, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15 dicembre, viene cambiato l'articolo 3 dello Statuto dell'istituto che così recitava: «In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici».[4]. Il decreto è firmato dal presidente del Consiglio Romano Prodi, dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e dal ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa.
Con questa modifica è stato eliminato l'ultima norma che prevedeva la presenza dello stato in Bankitalia, pur non essendo mai stata fatta rispettare da nessun governo.
Il 28 novembre l'Assemblea straordinaria dei partecipanti al capitale della Banca d'Italia approva il nuovo statuto. Il nuovo articolo abroga il vincolo del controllo pubblico di Banca d'Italia, e dei soggetti che possono possedere delle quote, la cui titolarità resta disciplinata dalla legge. Non sono in vigore norme che disciplinano i soggetti ammessi alla partecipazione del capitale.
Il 28 dicembre 2005 viene pubblicata nella gazzetta ufficiale la legge n. 262 atta a ritrasferire, entro il 12 gennaio 2009, le quote di partecipazione di Bankitalia attualmente in mano a imprese private, allo Stato ed agli enti pubblici [5]. La legge stabiliva che la mano pubblica avrebbe dovuto assumere il controllo entro il terzo anno dalla data di approvazione del testo.
La normativa non prevede sanzioni, non indica una data precisa e un carattere perentorio di questa scadenza: in base a tali elementi la normativa potrebbe essere interpretata come un contenuto meramente ordinatorio, non perentorio, e rinviabile indefinitamente nel tempo.
Diversi istituti di credito propendono per un'altra soluzione, ossia il riacquisto da parte di Banca d'Italia delle quote di partecipazione dalle altre banche.
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