09 gennaio, 2010

PROMEMORIA 9 gennaio 1944 - Secondo giorno del Processo di Verona iniziato l'8 gennaio.


Secondo giorno del Processo di Verona iniziato l'8 gennaio.
Il processo di Verona fu un procedimento giudiziario avvenuto nell'omonimo capoluogo veneto (allora sotto la giurisdizione della Repubblica Sociale Italiana) dall'8 al 10 gennaio 1944. Il processo fu tenuto in Castelvecchio, nella sala da concerto degli Amici della Musica, dove nel novembre dell'anno precedente aveva avuto luogo l'Assemblea del Partito Fascista Repubblicano.
Esso vide sul banco degli imputati i membri del Gran Consiglio del Fascismo che, nella seduta del 25 luglio 1943, avevano indirettamente sfiduciato Benito Mussolini apponendo la loro firma all'ordine del giorno proposto da Dino Grandi e che, non ritenendo di aver motivo di temere conseguenze da questo gesto, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 non cercarono di scappare o di nascondersi.

Imputati
Galeazzo Ciano al processo di Verona
Gli imputati del processo erano tutti i partecipanti alla seduta del Gran Consiglio del 25 luglio che avevano firmato l'ordine del giorno presentato da Grandi. Gli imputati presenti erano:
Galeazzo Ciano, genero di Benito Mussolini, condannato a morte
Emilio De Bono, condannato a morte
Giovanni Marinelli, condannato a morte
Carlo Pareschi, condannato a morte
Luciano Gottardi, condannato a morte
Tullio Cianetti, condannato a 30 anni, perché già dal giorno seguente al famoso voto aveva ritrattato la sua posizione con una lettera privata spedita al Duce.
Gli imputati assenti, condannati in contumacia erano:
Dino Grandi, condannato a morte
Giuseppe Bottai, condannato a morte
Luigi Federzoni, condannato a morte
Cesare Maria De Vecchi, condannato a morte
Umberto Albini, condannato a morte
Giacomo Acerbo, condannato a morte
Dino Alfieri, condannato a morte
Giuseppe Bastianini,condannato a morte
Annio Bignardi, condannato a morte
Giovanni Balella, condannato a morte
Alfredo De Marsico, condannato a morte
Alberto De Stefani, condannato a morte
Edmondo Rossoni, condannato a morte

Tribunale
Data sia la natura politica della imputazione sia lo status degli imputati, il segretario Alessandro Pavolini in questa occasione istituì un Tribunale straordinario speciale, dove i giudici vengono nominati direttamente dal Partito.
Sono designati come giudici nove camerati, fascisti provati, che, come assicurò lo stesso Pavolini, offrono la garanzia di pronunciare sentenza di morte, soprattutto nel caso di Galeazzo Ciano (principale obiettivo del processo, considerato più colpevole e quindi più traditore degli altri perché parente e promesso "delfino" del Duce).
presidente del tribunale era Aldo Vecchini
pubblico accusatore era Andrea Fortunato
magistrato inquirente fu Vincenzo Cersosimo
in qualità di giudici:
Renzo Montagna capo della sezione politica della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR)
Enrico Vezzalini capo della provincia di Ferrara
Celso Riva operaio che aveva aderito al fascismo dal 23 marzo 1919 (era un sansepolcrista)
Aldo Vecchini, avvocato, console della Milizia, ufficiale superiore dell'esercito
Domenico Mittica, ingegnere, squadrista, console della Milizia
Otello Gaddi, primo seniore della Milizia squadristica, combattente, decorato
Vito Casalinuovo, console della Milizia
Fortunato Abbonetti, console della Milizia
Franz Pagliani, medico di Bologna
erano inoltre presenti: Giunta, Coppola, Resega (poi ucciso dai gappisti insieme a Mittica) e Savinio.
Gli avvocati difensori erano:
Arnaldo Fortini di Perugia per Cianetti
Bonardi di Verona per Marinelli
Perani di Bergamo per Gottardi
Bonsebiante di Padova per Pareschi
Marrosu di Verona per De Bono, assegnato d'ufficio
Tommasini di Verona per Ciano, assegnato d'ufficio

Legalità del processo
Il nuovo ministro della giustizia Piero Pisenti, dopo aver esaminato gli atti del processo, si pronuncia col duce sostenendo che il processo eseguito in questi termini non sarebbe stato legale. Infatti, mancano le prove di connivenza tra i firmatari dell'ordine Grandi e la casa reale, la votazione si svolge in modo irregolare, e l'accusa di tradimento non è dimostrabile, perché il duce era a conoscenza dell'ordine del giorno Grandi. Mussolini sa che il processo è un'assurdità giuridica, ma intende ugualmente andare avanti.
Anzi il Duce sembra deciso a far rotolare anche altre teste; egli, infatti, consegna a Vecchini il memoriale di Ugo Cavallero, dove è testimoniato un tentativo di presa di potere da parte di quello e di Roberto Farinacci. Tuttavia Farinacci non viene processato, e questo perché il suo nome non compare tra i firmatari dell'ordine del giorno Grandi, e solo ad essi era rivolto il decreto di legge del tribunale speciale straordinario. Ma questo in realtà non è specificato, e Farinacci rientra benissimo tra coloro che hanno complottato per rimettere nelle mani del re il potere esecutivo e politico; tuttavia, il giornalista è protetto dai tedeschi, e non può essere toccato.

La vicenda Ciano
Galeazzo Ciano, genero di Mussolini, sposo di Edda, la figlia prediletta del duce, in quei giorni convulsi del settembre 1943 fugge a Monaco di Baviera convinto di trovarvi protezione; in realtà è andato tra le braccia del nemico. Heinrich Himmler gli aveva promesso un aereo per la Spagna in cambio della consegna del suo diario personale, in cui erano annotati tutti i rapporti che i tedeschi avevano avuto coi membri del fascismo. Inoltre, è convinto di trovare protezione per aver tenuto informati i tedeschi sugli spostamenti di prigione in prigione del duce.
Non sa che nel frattempo alla radio Vittorio Mussolini, Farinacci e Pavolini si danno il turno per accusare i traditori del fascismo e in particolare lui, che diventa il bersaglio e il "capro espiatorio" su cui ricadono tutte le amarezze dei fascisti. Mussolini incontra Ciano a Monaco, facendogli credere di averlo perdonato (ma il Duce ha già deciso il suo destino), mentre Hitler decide di lasciarlo fare; ai tedeschi importa solo di recuperare il diario, e per questo, il giorno dell'arresto di Galeazzo, lo fanno accompagnare da Frau Beetz, l'unica persona con cui Ciano potrà parlare durante il suo isolamento in attesa del processo.
Contro Ciano si scagliò soprattutto il delirio accusatorio di Giovanni Preziosi, un fanatico particolarmente apprezzato dai nazisti perché estremamente antisemita.

8 gennaio - Prima udienza
Il processo si aprì l'8 gennaio alle 9:00 di mattina. In aula fu ammesso il pubblico ed anche uomini armati di mitra, nel caso di qualche emergenza. Dopo l'esposizione dei capi d'accusa e l'elenco degli imputati presenti ed assenti, l'avvocato Perani, difensore di Gottardi, pose una eccezione: la competenza del processo doveva essere demandata ad un tribunale militare, poiché molti degli imputati erano militari in servizio.
Questa richiesta scatenò la furibonda reazione del pubblico ministero Fortunato: "Da questo banco parte un monito per la difesa: che essa sia all'altezza dell'ora. Non è sollevando questioni pregiudiziali che si aiuta la causa della Patria e della Storia". La richiesta venne respinta dalla corte, dopo che questa si era ritirata in camera di consiglio per una ventina di minuti. Si passò quindi all'interrogatorio degli imputati.

9 gennaio - Seconda udienza
Al termine dell'udienza si alza il pubblico accusatore Fortunato e la sua arringa è durissima, spietata. Ne è esempio la frase che la concluse: "Così ho gettato le vostre teste alla storia d'Italia; fosse pura la mia, purché l'Italia viva". La richiesta fu di sei condanne a morte, senza nessuna attenuante per nessuno (nemmeno Cianetti).
A seguire gli interventi degli avvocati difensori, che praticamente si limitarono ad invocare la clemenza della corte. L'udienza si chiuse alle 18:00, mancava solo l'intervento del difensore di Cianetti, l'avvocato Arnaldo Fortini, spostato al giorno seguente.

10 gennaio - Terza udienza
Quando si riprese, alle 10:00, l'avvocato di Cianetti parlò brevemente. Successivamente Vecchini chiese ai vari imputati se avevano qualcosa da aggiungere e tutti risposero negativamente. A questo punto la corte decise di ritirarsi per la sentenza.

Le votazioni
Sul metodo di voto, le testimonianze sono discordi. Secondo la tesi più accreditata, le votazioni avvengono tramite foglietti. Si vota una prima volta per decidere se l'imputato è "colpevole" o "non colpevole". Si vota una seconda volta per decidere se concedere o meno le attenuanti generiche. Alla prima votazione, tutti vengono dichiarati colpevoli. Le attenuanti generiche vengono concesse solo a Tullio Cianetti, condannato a trent'anni, cioè pochi mesi, vista la situazione della Repubblica.
In serata tutti e cinque i condannati a morte compilarono la loro domanda di grazia, compreso Ciano che la firmò dopo numerose sollecitazioni; per decisione di Pavolini le richieste di grazia non furono mai inoltrate a Mussolini. Esse, dopo un procedimento assai contorto, furono formalmente respinte dal console Italo Vianini.
Le condanne a morte furono eseguite l'11 gennaio 1944 al poligono di tiro di Porta San Procolo da un plotone di 30 militi fascisti: di tale esecuzione resta anche un filmato.

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