14 luglio, 2010

PROMEMORIA 14 luglio 1789 Da questa data si fa cominciare la rivoluzione francese.


La popolazione di Parigi insorge e viene assaltata la prigione della Bastiglia, simbolo del potere assolutista del re. Da questa data si fa cominciare la rivoluzione francese.
(FR)
« Liberté, Égalité, Fraternité »
(IT)
« Libertà, Uguaglianza, Fratellanza »
La rivoluzione francese, o prima rivoluzione francese (per distinguerla dalla Rivoluzione di Luglio e dalla Rivoluzione francese del 1848) è un insieme di eventi e di cambiamenti politici, sociologici e culturali intercorsi tra il 1789 e il 1799 che segna il limite tra l'età moderna e l'età contemporanea nella storiografia francese.
Le principali e più immediate conseguenze della rivoluzione francese (che costituì un momento di epocale cambiamento nella storia del mondo) furono l'abolizione della monarchia assoluta e la proclamazione della repubblica, con l'eliminazione delle basi economiche e sociali dell'Ancien régime. La rivoluzione francese e quella americana ispirarono le rivoluzioni a connotazione borghese liberali e democratiche che seguirono nel XIX secolo.
Sebbene l'organizzazione politica della Francia abbia oscillato tra repubblica, impero e monarchia durante i 75 anni seguenti la Prima repubblica, la rivoluzione segnò la fine dell'assolutismo e diede inizio ad un nuovo sistema politico in cui la borghesia e, in alcune occasioni anche le masse popolari, si convertirono nella forza politica dominante del paese.

L'Assemblea Costituente e la Presa della Bastiglia (14 luglio 1789)
L'Assemblea Nazionale si collegò immediatamente ai proprietari del capitale (la fonte del credito necessario per finanziare il debito pubblico) e alla gente comune. Essi consolidarono il debito pubblico e dichiararono che tutte le tasse esistenti erano state precedentemente imposte illegalmente, ma votarono le stesse provvisoriamente, solo fintanto che l'Assemblea continuava a riunirsi. Questo ridiede fiducia al capitale e gli diede un forte interesse nel tenere l'assemblea in sessione. Per quanto riguarda la gente comune, un comitato di sussistenza venne stabilito per affrontare la carenza di cibo.
Il precedente piano di conciliazione di Necker - uno schema complesso di concessioni ai comuni su alcuni punti e di forte resistenza su altri - era stato superato dagli eventi. Non più interessato ai consigli di Necker, Luigi XVI, sotto l'influenza dei cortigiani del suo consiglio privato, decise di rivolgersi all'Assemblea, annullare il suo decreto, comandare la separazione degli ordini, e dettare che le riforme fossero effettuate dagli Stati Generali restaurati.

Se Luigi avesse marciato nella Salle des États, dove l'Assemblea Nazionale si incontrava, probabilmente il suo piano sarebbe potuto riuscire, ma se ne restò a Marly e il 20 giugno ordinò la chiusura della sala, aspettandosi di impedire in questo modo all'Assemblea di riunirsi per diversi giorni, mentre lui si preparava. L'Assemblea spostò semplicemente le proprie deliberazioni nel campo da pallacorda del Re, dove procedette al Giuramento della Sala della Pallacorda (20 giugno 1789), con il quale si accordò per non sciogliersi finché alla Francia non fosse stata data una costituzione scritta.
Due giorni dopo, privata anche dell'uso della Sala della Pallacorda, l'Assemblea Nazionale si riunì nella chiesa di Saint-Louis, dove venne raggiunta dalla maggioranza dei rappresentanti del clero: gli sforzi per ripristinare il vecchio ordine erano serviti solo per accelerare gli eventi. Quando, il 23 giugno 1789, in accordo con il suo piano, il re si rivolse finalmente ai rappresentanti dei tre Stati, si trovò di fronte a un silenzio di pietra. Il re dichiarò che si conservasse la distinzione degli ordini, che venisse annullata la costituzione dei Communes in Assemblea Nazionale, aggiunse che se l'assemblea l'avesse abbandonato, egli avrebbe fatto il bene del popolo senza di essa e concluse ordinando a tutti di disperdersi, ma venne obbedito solo dai nobili e dal clero, mentre i deputati del Terzo stato rimasero seduti.[2]
Necker, unico ministro che non assistette a quella seduta, si trovò in disgrazia con Luigi XVI ma nuovamente nelle grazie dell'Assemblea Nazionale.
Quelli del clero, che si erano uniti all'Assemblea nella chiesa di Saint-Louis, rimasero; 47 membri della nobiltà, incluso il Duca d'Orléans, si unirono a loro.
Il re scrisse ai presidenti della nobiltà e del clero, per invitarli a riunirsi all'assemblea degli stati generali, al fine di occuparsi delle sue dichiarazioni del 23 giugno. Il clero obbedì senza riserve, ma la nobiltà si indignò di una proposta che le faceva perdere tutti i frutti della sua resistenza, quando il suo presidente lesse una lettera del conte di Artois che faceva intendere che occorreva riunirsi perché la vita del re era in pericolo.
Così il 27 giugno gli ordini si riunirono nella sala comune ed il partito reale aveva ceduto apertamente, anche se la probabilità di un contraccolpo militare rimase nell'aria. Infatti, i militari francesi incominciarono ad accorrere in grande numero attorno a Parigi e Versailles.
Giunsero molti messaggi di supporto all'Assemblea, da Parigi e da altre città della Francia. Il 9 luglio 1789 l'Assemblea si ricostituì come Assemblea Nazionale Costituente, rivolgendosi al re in termini educati ma fermi, richiedendo la rimozione delle truppe (che ora includevano reggimenti stranieri, più obbedienti al re rispetto alle truppe francesi), ma Luigi dichiarò che lui solo poteva giudicare il bisogno delle truppe, e li rassicurò che queste erano una misura strettamente precauzionale. Luigi "offrì" di spostare l'Assemblea a Noyon o Soissons, cioè di porla in mezzo a due eserciti e privarla del supporto dei parigini.
In questi giorni alcuni deputati furono intimoriti dalla piega che stavano prendendo gli avvenimenti e si dimisero. L'Assemblea allora dichiarò che essa aveva ricevuto il suo mandato non dai singoli elettori che avevano eletto ciascun deputato, ma collettivamente dall'intera Nazione. Così si mise in pratica il principio della sovranità nazionale, difeso da Diderot.
Parigi fu unanime nel supportare l'Assemblea, vicina all'insurrezione e, nelle parole di Mignet, «intossicata di libertà ed entusiasmo». La stampa pubblicò i dibattiti dell'Assemblea; la discussione politica si estese oltre ad essa e arrivò nelle piazze e nei salotti della capitale. Il Palais Royal e l'area circostante divennero il luogo di continui incontri. La folla, con l'autorità degli incontri al Palais Royal, aprì le prigioni dell'Abbazia per rilasciare alcuni granatieri delle Guardie francesi che erano stati imprigionati per essersi rifiutati di aprire il fuoco sulla gente. L'Assemblea li raccomandò alla clemenza del Re, questi tornarono in prigione e ricevettero il perdono. Il loro reggimento ora era favorevole alla causa popolare.
Il 12 luglio il re destituì Necker e gli ordinò di lasciare la Francia entro 48 ore. L'indomani fu convocato il consiglio del Re. Quel giorno l'Assemblea non doveva riunirsi ed il popolo di Parigi fu spaventato da quegli eventi e fece una grande manifestazione popolare portando i busti di Necker e del duca d'Orleans. Dei soldati tedeschi ricevettero l'ordine di caricare sulla folla e distrussero le statue che trasportavano. Ci furono molti feriti ed il popolo di Parigi si sollevò. L'indomani i cittadini si organizzarono e 60.000 uomini furono armati, arruolati e distribuiti in compagnie.
Intanto l'Assemblea nazionale avvertì il re del pericolo che correva la Francia se le truppe non fossero state allontanate dalla capitale. Il re rispose che non avrebbe cambiato le sue disposizioni.

Il rifiuto del re portò la disperazione a Parigi, e girarono delle voci che dicevano che non ci sarebbero stati né pace né libertà finché fosse esistita la Bastiglia. Così il 14 luglio 1789 i Parigini, in un'atmosfera rivoluzionaria, presero l'arsenale dell'Hôtel des Invalides, dove trovarono delle armi e dei cannoni, ma non la polvere da sparo, poi si ammassarono presso la prigione reale della Bastiglia per cercare la polvere. Il governatore della prigione Bernard de Launay voleva resistere, ma alla domanda dei mediatori venuti dall'Hôtel de Ville dove sedeva un comitato permanente, organo dell'insurrezione borghese, lasciò che la folla penetrasse nella prima corte. Poi però cambiò idea e fece attaccare la folla: ci furono un centinaio di morti. Successivamente alcuni soldati ammutinati portarono dei cannoni ed il governatore alla fine cedette e abbassò il ponte levatoio. Fatto prigioniero, mentre veniva scortato verso il Municipio fu preso e trucidato dalla folla.

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