20 luglio, 2010
PROMEMORIA 20 luglio 2001 - Genova: Durante scontri in piazza in occasione del G8 viene ucciso Carlo Giuliani, con un colpo di pistola sparato da un c
Genova: Durante scontri in piazza in occasione del G8 viene ucciso Carlo Giuliani, con un colpo di pistola sparato da un carabiniere
Carlo Giuliani (Roma, 14 marzo 1978 – Genova, 20 luglio 2001) è stato un attivista italiano, simpatizzante del movimento no-global, morto durante gli scontri di piazza avvenuti in concomitanza del summit del G8 tenutosi a Genova tra il 19 ed il 21 luglio del 2001.
L'episodio che portò alla morte del giovane manifestante rientra in quelli che storicamente sono ricordati come i fatti del G8 di Genova.
I fatti del 20 luglio 2001
La morte di Carlo Giuliani è legata ai disordini avvenuti a Genova il 20 luglio del 2001 in Via Tolemaide nel quartiere Foce, presso la stazione Brignole, dove si verificarono violenti scontri tra manifestanti anti-g8 e forze dell'ordine. La partecipazione a quegli eventi da parte di Giuliani secondo amici e familiari fu promossa dalle notizie relative ai disordini che in quelle ore circolavano. Secondo queste testimonianze, tali dispacci lo convinsero a rinunciare alla gita al mare che si era prefissato quella mattina per dirigersi verso il corteo delle Tute Bianche. La versione che vorrebbe Giuliani in procinto quel giorno di dirigersi verso la spiaggia genovese sarebbe avvolarata dal costume da bagno che indossava sotto ai pantaloni al momento del decesso. L'autopsia ha rilevato che Giuliani, al momento del decesso, indossava "pantaloncini sportivi in materiale sintetico di colore rosso" sotto "pantaloni di una tuta ginnica di colore blu in cotone acetato", insieme ad una "canottiera bianca di cotone, tagliata sul davanti ed ampiamente intrisa di materiale ematico", "scarponcini sportivi da trekking" e "calze di lana"
A seguito di una carica abortita in via Caffa (l'unica che caricò lateralmente il corteo) da parte dei carabinieri della compagnia CCIR "Echo" - 12° btg carabinieri "Sicilia" (la cui utilità, numero di uomini impegnati e valutazione di fattibilità saranno oggetto successivamente di pareri e testimonianze contrastanti da parte degli ufficiali responsabili del reparto, uno dei quali riconoscerà durante la visione dei filmati nel processo sui fatti del 20 luglio che il reparto lanciò dei sassi in direzione dei manifestanti), in piazza Alimonda, durante la frettolosa ritirata dei circa 70 militari presenti, una Land Rover Defender con tre Carabinieri a bordo (l'autista Filippo Cavataio, Mario Placanica e Dario Raffone) facendo manovra per seguire la ritirata degli uomini rimane apparentemente bloccata contro un grosso contenitore per rifiuti. L'autista sosterrà poi che sarebbe rimasto bloccato a causa di una manovra errata di un altro veicolo Land Rover Defender che seguiva la carica delle forze dell'ordine.
Sulla credibilità di tale dichiarazione getta un'ombra una serie di fotografie a disposizione della magistratura sin dai giorni successivi al 20 luglio 2001, la cui diffusione è stata resa possibile solo successivamente all'archiviazione del procedimento aperto nei confronti del carabiniere Mario Placanica. Da queste fotografie emerge con chiarezza come il contenitore fosse utilizzato come schermo protettivo da almeno un carabiniere: questa circostanza renderebbe piuttosto credibile che il carabiniere Filippo Cavataio non abbia tentato di spostare il contenitore per non rischiare di travolgere il collega.
La posizione dei due defender e il loro ruolo operativo in quella situazione sono stati messi fortemente in discussione dallo stesso capitano Cappello che durante il processo spiega come sia improponibile in linea generale farsi scortare da mezzi non blindati in operazioni di OP. In particolare Cappello specifica di non aver avuto percezione della presenza dei mezzi in quella posizione, e dichiara di non aver dato nessuna disposizione sui due defender specificando che dal suo punto di vista sarebbe stato un suicidio disporli a seguito del contingente.
Il veicolo rimane così fermo per alcuni secondi durante i quali viene presa d'assalto da alcuni dei manifestanti che stavano inseguendo le forze dell'ordine in ritirata verso la parte bassa di via Caffa e piazza Tommaseo, dove vi era il raggruppamento dei carabinieri e delle forze di polizia. Tra questi, Carlo Giuliani, con il volto coperto da un passamontagna, che raccoglie e solleva un estintore, già precedentemente scagliato contro il mezzo da un altro manifestante e poi caduto a terra, manifestando l'intenzione di lanciarlo a propria volta contro il veicolo dei carabinieri.
Dall'interno del veicolo un carabiniere - identificato come Mario Placanica secondo le sue stesse dichiarazioni - dopo aver estratto e puntato la pistola verso i manifestanti intimandogli di andarsene, spara due colpi. Un colpo raggiunge allo zigomo sinistro Carlo Giuliani che morirà nei minuti successivi. Il fuoristrada, nel tentativo di fuggire rapidamente dai manifestanti, riprende la manovra passando sul corpo del ragazzo due volte (una prima in retromarcia, la seconda a marcia avanti). Sono le 17:27 del 20 luglio 2001. Tutta la sequenza è registrata nei filmati degli operatori presenti sul posto.
La sorella Elena racconterà di aver telefonato a Carlo sul cellulare intorno alle 19, poco dopo la morte, ma di aver parlato con un sedicente amico del fratello. Le prime notizie di stampa comunicano che un sasso lanciato dai manifestanti avrebbe ucciso un ragazzo spagnolo e questa informazione si diffonde rapidamente. Dalle immagini relative a quei momenti si evidenzia l'apparizione di un sasso a fianco della testa di Giuliani, che nelle immagini immediatamente successive all'arrivo delle forze dell'ordine sul luogo del delitto non c'era. La tesi del sasso lanciato durante gli scontri come causa della morte di Giuliani verrà sostenuta nell'immediato da uno dei responsabili delle forze dell'ordine arrivati sul posto dalla vicina via Caffa, che urlando accuserà un dimostrante che si stava avvicinando all'area:
« Bastardo! Lo hai ucciso tu, lo hai ucciso! Bastardo! Tu l'hai ucciso, col tuo sasso, pezzo di merda! Col tuo sasso l'hai ucciso! Prendetelo! »
(Vicequestore Adriano Lauro)
A seguito dell'ordine dell'allora vicequestore Adriano Lauro, un carabiniere e un agente di PS accennarono un inseguimento del dimostrante, che si esaurì dopo pochi metri e permise al dimostrante stesso di fuggire. La notizia che voleva le forze dell'ordine estranee alla morte del giovane, ancora non identificato, comunque viene smentita già verso le 21, nel mentre si rendono disponibili le immagini scattate da un fotografo dell'agenzia Reuters.
Il ragazzo caduto era stato in realtà immediatamente identificato proprio grazie al suo telefono cellulare, ma i parenti vengono infatti avvisati solo verso le 22.
Il decesso di Giuliani e le ferite riportate
L'autopsia del 5 novembre 2001 recita:
« In regione frontale mediana si osserva una ferita lacero contusa di forma irregolarmente stellata inserita in un'area escoriata di circa cm 3x2. Il fondo della ferita è sottominato con presenza di lacinie connettivali. Ai lati di detta lesione si osservano altre piccole contusioni escoriate a stampo, di forma irregolare.
La piramide del naso mostra due contusioni escoriate senza segni di frattura alle ossa proprie sottostanti.
La guancia destra evidenzia una soffusione ecchimotica, più evidente a livello zigomatico. »
Il medico legale dott. Marco Salvi, esecutore materiale dell'autopsia, rileva come
« le lesioni cranio-encefaliche riscontrate abbiano determinato la morte del soggetto nel lasso di tempo di alcuni minuti. »
Si evidenzia la presenza di sangue nelle vie aeree, con segni di aspirazione bronchiale; ciò suggerirebbe un'attività respiratoria dopo il ferimento da arma da fuoco. Lo zampillo di sangue dal foro del proiettile riportato in alcune immagini confermerebbe la presenza di attività cardiaca.
La conferma della morte in alcuni minuti dell’autopsia confuta le prime tesi sulla morte che i periti, negli esami del giorno successivo al decesso di Giuliani, volevano immediata dopo il colpo di pistola.
Nei mesi successivi alla morte di Carlo Giuliani molte sono state le ricostruzioni sull’accaduto. In particolare alcune di queste pongono l’accento sulle ferita riportate da Giuliani di cui si parla nell’autopsia, in particolare sulla ferita lacero contusa frontale che non trova spiegazioni ufficiali. Le foto della polizia scientifica evidenziano chiaramente la ferita e nel contempo l’integrità del passamontagna all’altezza della fronte. Il Comitato Piazza Carlo Giuliani (ONLUS che si occupa dei fatti di Genova e della morte di Giuliani, svolgendo indagini indipendenti sui fatti) avanza l'ipotesi della manipolazione effettuata da membri delle forze dell'ordine per avvalorare la tesi del sasso come arma del delitto, eseguita con lo spostamento del sasso sporcato di sangue vicino al viso di Giuliani e i colpi violentemente inferti alla fronte dopo avergli spostato il passamontagna (con probabilità utilizzando lo stesso sasso posizionato artificiosamente vicino al cadavere come corpo contundente). Questa tesi è stata ribadita da Giuliano Giuliani, padre di Carlo, durante l’intervista rilasciata a "Blu notte – Misteri italiani" del 9 settembre 2007. Sempre secondo il Comitato Piazza Carlo Giuliani, questa delicata operazione giustificherebbe sia il nervosismo delle stesse forze dell’ordine (che secondo alcune immagini e le dichiarazioni del fotografo francese Bruno Abile, presente in loco, avrebbe portato alcuni agenti di PS e carabinieri a confrontarsi fisicamente) e il pestaggio di Eligio Paoni, il fotografo che fece le prime fotografie ravvicinate al corpo di Giuliani (che andarono perdute con la distruzione delle macchine fotografiche).
Il corpo di Carlo Giuliani, secondo il volere della famiglia, è stato cremato e tumulato nel Cimitero di Staglieno.
Nell'agosto del 2009, i giudici della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nella sentenza pronunciata sul caso hanno stigmatizzato la decisione della procura di autorizzare la cremazione il 23 luglio, prima di conoscere i risultati dell´autopsia, soprattutto in considerazione del fatto che la procura stessa ha giudicato superficiale il rapporto autoptico. La Corte ha inoltre espresso biasimo per l´intervallo di tre sole ore concesso ai familiari di Giuliani tra la notifica dell´autopsia e l´esame stesso, cosa che secondo i giudici di Strasburgo ha verosimilmente impedito ai genitori di incaricare un proprio consulente.
L'inchiesta sulla morte
Archiviazione
Il procedimento aperto nei confronti del carabiniere Mario Placanica, indagato per l'omicidio del giovane, fu archiviato il 5 maggio 2003 dal GIP Elena Daloiso, la quale rilevò "la presenza di caus[e] di giustificazione che esclud[ono] la punibilità del fatto" e prosciolse Placanica per uso legittimo delle armi, oltre che per legittima difesa come richiesto dal PM Silvio Franz.
Le indagini condotte dalla magistratura, dagli stessi carabinieri e le conclusioni dell'inchiesta sono state criticate dal movimento noglobal, nonché da alcuni politici e giornalisti.
La perizia realizzata durante l'istruttoria, basata su un filmato, ha concluso che il colpo che ha ucciso Carlo Giuliani, fosse stato sparato verso l'alto e fosse rimbalzato su un sasso scagliato da un altro manifestante.
L'investimento con il mezzo di servizio, invece, venne giustificato dai carabinieri come un tentativo di fuga dai manifestanti armati di pietre e bastoni, ed i militari affermarono di non essersi accorti della presenza del ragazzo a terra.
Tale versione, accolta dai magistrati, è sempre stata ritenuta poco credibile dalla famiglia Giuliani che ha commissionato una ulteriore perizia secondo la quale il colpo è stato sparato in direzione della vittima. I familiari assieme al "comitato Piazza Carlo Giuliani" hanno realizzato un documentario sui fatti in cui raccolgono le documentazioni fotografiche disponibili per tentare di ricostruire i fatti e smentire la tesi della magistratura inquirente.[19] Nel documentario, si avanza anche l'ipotesi che a sparare dalla camionetta non fu Placanica, sulla base di un confronto tra alcune fotografie.
La posizione della famiglia Giuliani
Secondo il medico legale della Procura, Marco Salvi, intervenuto in un altro procedimento riguardante le tragiche giornate di Genova, il colpo sparato era "diretto" e non venne deviato da alcun corpo esterno. La tesi è stata contestata anche dalla perizia di parte, presentata dai genitori di Giuliani, e da ricostruzioni indipendenti basate sul video e sulle numerose foto dove si vede la pietra incriminata frantumarsi contro la scritta "Carabinieri" presente sul retro del mezzo, ammaccandola, per cui non potrebbe aver deviato il colpo.
L'altro colpo, esploso dal carabiniere, è stato ritrovato nella facciata di un palazzo mesi dopo il fatto, essendo sfuggito alle prime indagini.
La stessa autopsia di parte mostra come il foro del proiettile che ha colpito Giuliani sia incompatibile con i normali proiettili usati dai carabinieri: secondo la difesa, questo fatto è spiegabile sempre attraverso l'ipotesi del colpo deviato dal sasso, che avrebbe deformato il proiettile, mentre i genitori di Giuliani sostengono che i carabinieri avessero in dotazione dei proiettili non standard, illegali per uso civile.
Secondo la ricostruzione del Comitato Piazza Giuliani, Carlo aveva visto che dall'interno del mezzo il carabiniere di leva Mario Placanica puntava la pistola verso i manifestanti, fortemente intenzionato a sparare, e avesse reagito lanciando contro l'estintore anche se, secondo la perizia di parte presentata dagli avvocati della famiglia Giuliani, la distanza tra il manifestante e il mezzo era di 6,50 m, troppi perché l'estintore potesse avere qualche esito.
Non è chiaro se Giuliani fosse morto sul colpo oppure fosse ancora in fin di vita e l'evento fatale fosse stato dovuto dal doppio investimento del mezzo, comunque la copiosa fuoriuscita di sangue viene interpretata dai medici di parte come prova di una attività cardiaca in atto subito dopo il colpo di pistola. Dubbi esistono anche sulla versione del mezzo incastrato e bloccato dalla folla dei manifestanti in quanto, subito dopo il tragico evento, esso si era facilmente liberato ed aveva preso la fuga.
Nel giugno 2006 Haidi Giuliani, madre di Carlo, ha inviato una raccomandata a Mario Placanica per interrompere il decorso della prescrizione, lasciando aperta la possibilità di effettuare una causa civile nei confronti dell'ex carabiniere. Eletta nel frattempo senatrice della Repubblica per Rifondazione Comunista, la signora Giuliani ha tuttavia dichiarato di non averlo fatto per chiedere un risarcimento danni a Placanica, ma al fine di ottenere un processo "che faccia luce non solo su piazza Alimonda, su chi ha effettivamente sparato, ma anche sulle responsabilità politiche e sulla catena di comando".
Il 13 marzo 2007 la Corte Europea dei diritti dell'uomo dichiarò "ricevibile" il ricorso presentato, il 18 giugno 2002 dalla famiglia Giuliani, dove si sosteneva che la morte di Carlo Giuliani era dovuta ad "un uso eccessivo della forza" in violazione dell'articolo 2 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
Nell'agosto del 2009, i giudici della Corte Europea hanno stabilito che Mario Placanica agì per legittima difesa, motivando che «il militare non è ricorso a un uso eccessivo della forza. La sua è stata solo una risposta a quello che ha percepito come un reale e imminente pericolo per la sua vita e quella dei colleghi».
La stessa Corte, dopo aver escluso la violazione dell'art. 2 della Convenzione europea, relativo agli obblighi positivi a proteggere la vita, ha tuttavia rilevato alcune carenze nel rispetto degli obblighi procedurali previsti dallo stesso articolo, condannando lo Stato italiano a pagare 40.000 euro ai familiari di Carlo Giuliani, 15.000 euro a ciascuno dei genitori e 10.000 euro alla sorella, in quanto «le autorità italiane non hanno condotto un'inchiesta adeguata sulle circostanze della morte del giovane manifestante» e perché non fu avviata un'inchiesta per identificare «le eventuali mancanze nella pianificazione e gestione delle operazioni di ordine pubblico».Deplorando queste mancanze la Corte ha dichiarato per questo di trovarsi nell'impossibilità di stabilire l'esistenza di una correlazione diretta e immediata tra gli errori nella preparazione delle operazioni di ordine pubblico e la morte di Carlo Giuliani.
La posizione di Placanica
Dopo il proscioglimento per la morte di Carlo Giuliani, Mario Placanica è intervistato dal quotidiano Calabria Ora.
Nell'intervista Placanica ricostruisce il clima di tensione di quei giorni, sottolineando l'enorme pressione cui fu sottoposto e soffermandosi sull'evitabilità del fatto. Placanica si sofferma su alcuni episodi, come il fatto che nessuno fosse intervenuto per disperdere i manifestanti nonostante fosse evidente che il mezzo dove era non riusciva a spostarsi e come la reazione dei colleghi fu di compiacimento ("Mi dissero benvenuto tra gli assassini"), dando anche per vera l'ipotesi relativa al fatto che la testa di Giuliani sarebbe stata colpita con un sasso mentre questi giaceva a terra morto ("Ci sono troppe cose che non sono chiare.[...]Perché alcuni militari hanno "lavorato" sul corpo di Giuliani? Perché gli hanno fracassato la testa con una pietra?".
Nell'agosto 2008 Mario Placanica, assistito dal legale Carlo Taormina, ha sporto denuncia contro ignoti per l'omicidio di Carlo Giuliani. Secondo la tesi le perizie di parte effettuate su resti di Giuliani dimostrebbero l'assenza di residui dovuti alla camiciatura del proiettile: essendo i proiettili usati da Placanica, come quelli in dotazione degli altri sottoufficiali, camiciati, questo fatto escluderebbe che i colpi mortali siano partiti dalla sua pistola. Taormina ha aggiunto che i colpi potrebbero essere partiti dall'arma di un ufficiale o da quella di un civile.
Conseguenze politiche
Nel febbraio 2002, il ministro Claudio Scajola dichiarò di aver disposto che le forze dell'ordine aprissero il fuoco in caso di sfondamento dei manifestanti nella zona rossa. Tali dichiarazioni suscitarono sconcerto e vivaci polemiche. Vittorio Agnoletto, portavoce del movimento, chiese le dimissioni del ministro, sostenendo che le affermazioni di questi costituivano prova dell'esistenza di "un piano di repressione organizzato da governo, carabinieri e servizi segreti.". In seguito Scajola ritrattò, definendo "non del tutto propria sotto il profilo giuridico e approssimativa se estrapolata dal contesto" la dichiarazione da egli stesso rilasciata e affermando di non aver mai dato ordine alle forze dell'ordine di aprire il fuoco sui manifestanti.
Nei giorni degli scontri si verificarono sfondamenti di vetrine, lancio bottiglie molotov, incendi di automobili private e di veicoli di servizio, danneggiamenti del manto stradale per reperire sanpietrini da lanciare contro le forze delle forze dell'ordine.
La vicenda ha avuto ampia risonanza nel dibattito politico nazionale. Per la sinistra è divenuta la dimostrazione dell'incapacità e della brutalità con cui il governo avrebbe gestito la piazza a Genova, culminate in questo fatto estremo; per la destra è divenuta la dimostrazione delle conseguenze cui porterebbero l'asserita violenza e pericolosità delle manifestazioni del movimento no-global.
Il dibattito acceso tra i genovesi è testimoniato dalla votazione a maggioranza avvenuta in Consiglio comunale il 26 luglio 2005 per la posa di una lapide commemorativa nella piazza ove è avvenuta l'uccisione con la semplice epigrafe:
« Carlo Giuliani, ragazzo. 20 luglio 2001. »
La posa della lapide è stata infatti approvata con tre soli voti di scarto tra favorevoli e contrari. Ancora oggi numerose inchieste indipendenti sono aperte e mirano a fare chiarezza sulla morte di Carlo Giuliani che, secondo alcuni, è avvolta ancora da molti dubbi.
A seguito degli eventi accaduti a Genova tra il 19 e il 21 luglio 2001, il Parlamento Europeo ha approvato una "Relazione sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea (2001)"nella quale, tra l'altro, "deplora le sospensioni dei diritti fondamentali avvenute durante le manifestazioni pubbliche, ed in particolare in occasione della riunione del G8 a Genova, come la libertà di espressione, la libertà di circolazione, il diritto alla difesa, il diritto all'integrità fisica" ed "esprime grande preoccupazione per il clima di impunità che sta sorgendo in alcuni Stati membri dell'Unione europea (Austria, Belgio, Francia, Italia, Portogallo, Svezia e Regno Unito), in cui gli atti illeciti e l'abuso della violenza da parte degli agenti di polizia e del personale carcerario, soprattutto nei confronti dei richiedenti asilo, dei profughi e delle persone appartenenti alle minoranze etniche, non vengono adeguatamente sanzionati ed esorta gli Stati membri in questione a privilegiare maggiormente tale questione nell'ambito della loro politica penale e giudiziaria".
Dal canto suo, Amnesty International, nel suo rapporto sui fatti di Genova, ha parlato di "una violazione dei diritti umani di proporzioni mai viste in Europa nella storia recente". Valutazioni dello stesso tenore sono state espresse in un documento emesso dalla sezione USA di Amnesty ancora a cinque anni dall'accaduto, sottolineando le inadempienze italiane in termini di rispetto dei diritti umani.
Riconoscimenti
Nell'aprile 2003 l'AUSER Risorse Anziani, una ONLUS impegnata nella solidarietà e la valorizzazione delle persone anziane nata per iniziativa della Cgil e del suo Sindacato Pensionati Spi-Cgil ha partecipato con una propria delegazione alla cerimonia di inaugurazione di una scuola elementare edificata nella Repubblica Democratica Araba Sahrawi e dedicata a Carlo Giuliani, costruita grazie ai fondi (43.000 Euro) raccolti dai soci Auser. Al progetto ha dato il proprio contributo finanziario anche la Fondazione "Carlo Giuliani", sorta per volontà dei genitori del ragazzo ucciso.
Nel 2003 a Settignano (FI) nasce il Centro Documentazione Carlo Giuliani, punto di incontro, informazione e controinformazione.
Nell'ottobre 2006 il gruppo di Rifondazione comunista al Senato della Repubblica ha deciso di intitolare a Carlo Giuliani la sede del proprio ufficio di presidenza. Questa iniziativa ha generato vivaci polemiche da parte di esponenti del centro-destra e di rappresentanti sindacali delle Forze di Polizia e del COCER dei Carabinieri, che hanno anche fatto appello al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per contrastare la decisione dei senatori del PRC. Il Presidente della Repubblica, intervenendo in risposta a tali sollecitazioni con una propria lettera sulla materia, ha posto fine alle contestazioni facendo osservare come «Questa scelta rientra nella autonomia di ciascuna componente della rappresentanza parlamentare e della relativa Camera di appartenenza, nel merito della quale il presidente della Repubblica non ha titolo ad intervenire.» ed esprimendo al contempo il proprio sostegno alle Forze Armate.
Con l'esclusione del Partito della Rifondazione Comunista dalla rappresentanza parlamentare a seguito delle elezioni del 13 e 14 aprile 2008, l'aula cambiò di destinazione d'uso. Essendo venute meno, pertanto, le condizioni citate dal Presidente della Repubblica, l'aula ha cessato di essere intitolata a Carlo Giuliani ed è stata rimossa la relativa targa.
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