03 ottobre, 2010

PROMEMORIA 3 ottobre 1935 - L'Italia invade l'Etiopia con le truppe guidate dal Generale de Bono (sostituito l'11 novembre da Pietro Badoglio)


L'Italia invade l'Etiopia con le truppe guidate dal Generale de Bono (sostituito l'11 novembre da Pietro Badoglio)
Con il termine guerra d'Etiopia o seconda guerra italo-etiopica(talvolta nota anche come guerra d'Abissinia o campagna d'Etiopia) ci si riferisce ai combattimenti tra le forze italiane ed etiopi durati sette mesi tra il 1935-1936.
Il 3 ottobre 1935 100.000 soldati italiani ed un considerevole numero di Áscari, sotto il comando del maresciallo Emilio De Bono iniziarono ad avanzare dalle loro basi in Eritrea.
Il 5 ottobre il genero del Negus, Hailè Sellasiè Gugsà, passò dalla parte degli italiani permettendo così all'esercito coloniale di avanzare in territorio abissino per molti chilometri, portando con se alcuni reparti e interrompendo l'unica linea telegrafica che collegava l'Eritrea ad Addis Abeba.[9][10]. Il 6 ottobre, tre corpi d'armata italiani occuparono Adua, cittadina presso la quale gli italiani avevano subito una cocente sconfitta nel 1896 durante la campagna d'Africa Orientale. Il 15 ottobre venne occupata Axum, la capitale religiosa dell'Etiopia. Una delle prime decisioni assunte da De Bono sul territorio abissino conquistato fu la liberazione degli schiavi e l'abolizione della schiavitù il 14 ottobre 1935.[11]. Dopo una lunga sosta, il 3 novembre, De Bono riprese la marcia verso Macallè con il 1º Corpo d'Armata del generale Ruggero Santini e il Corpo d'Armata Eritreo del generale Alessandro Pirzio Biroli, raggiungendo l'obiettivo sei giorni dopo.
Contemporaneamente, all'inizio della campagna nel nord, un contingente comandato dal generale Rodolfo Graziani dalla Somalia Italiana sul fronte sud e, in una ventina di giorni, occupò i presidi etiopi di Dolo, Ualaddaie, Bur Dodi e Dagnarei, incontrando deboli resistenze.
Le sanzioni [modifica]
Attaccando il paese africano, che era membro della Società delle Nazioni, l'Italia aveva violato l'articolo XVI dell'organizzazione medesima: "se un membro della Lega ricorre alla guerra, infrangendo quanto stipulato negli articoli XII, XIII e XV, sarà giudicato ipso facto come se avesse commesso un atto di guerra contro tutti i membri della Lega, che qui prendono impegno di sottoporlo alla rottura immediata di tutte le relazioni commerciali e finanziarie, alla proibizioni di relazioni tra i cittadini propri e quelli della nazione che infrange il patto, e all'astensione di ogni relazione finanziaria, commerciale o personale tra i cittadini della nazione violatrice del patto e i cittadini di qualsiasi altro paese, membro della Lega o no".
Per questo motivo, la Società delle Nazioni, espressione principalmente della volontà della Francia e del Regno Unito (i due stati più forti ed influenti), condannò l'attacco italiano il 7 ottobre e il 18 novembre l'Italia venne colpita dalle sanzioni economiche imposte dalla Società delle Nazioni (nonostante questa non le avesse applicate contro il Giappone nel 1931 in occasione dell'invasione della Manciuria e contro la Germania nel 1934 per la tentata annessione dell'Austria), approvate da 52 stati con i soli voti contrari di Austria, Ungheria, Albania e Paraguay. La Germania, comunque, era uscita dalla Società delle Nazioni nel 1933 (essendone stata membro solo dal 1926 al 1933), non rientrando nei termini dell'articolo XVI per l'anno 1934.
Le sanzioni risultarono inefficaci perché numerosi paesi, pur avendole votate ufficialmente, mantennero buoni rapporti con l'Italia, rifornendola di materie prime.Tra queste la Germania: di fatti, la guerra d'Etiopia rappresentò il primo punto di avvicinamento tra Mussolini e Adolf Hitler, anche se Hitler permise la fornitura di armamenti al Negus ancora nel 1936. Alcune come la Spagna e la Jugoslavia, pur avendole votate comunicarono al Governo italiano che non intendevano rispettarne diverse clausole.
Inoltre, le sanzioni non riguardarono materie di vitale importanza, come ad esempio il petrolio.[12]. Gran Bretagna e Francia argomentarono infatti che la mancata fornitura di petrolio all'Italia poteva essere facilmente aggirata ottenendo rifornimenti dagli Stati Uniti d'America, che non erano membri della Società stessa. Infatti gli Stati Uniti, pur condannando l'attacco italiano, ritenevano inappropriato che le sanzioni fossero state votate da nazioni con imperi coloniali come Francia e Gran Bretagna.[13]. Conseguentemente, il decreto delle sanzioni fu il risultato di un elaborato e controverso compromesso, noto come Patto Hoare-Laval. Ciò nonostante, gran parte della società britannica non condivideva le sanzioni.[14].
Il 18 novembre le sanzioni divennero operative. Per rispondere alle sanzioni, esattamente un mese dopo, il 18 dicembre, fu proclamata la Giornata della fede, giorno in cui gli italiani furono chiamati a donare il proprio oro (soprattutto le fedi nuziali) per sostenere i costi della guerra.
Durante il corso della guerra e nell'immediata fase prebellica, le truppe etiopi vennero rifornite di armi e mezzi da alcune potenze europee, tra le quali Francia, Belgio e Regno Unito, che fornirono anche ufficiali per istruire meglio le truppe del Negus, circa il doppio rispetto a quelle italiane.

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