10 gennaio, 2009

PROMEMORIA 10 gennaio 49 a.C. - Giulio Cesare attraversa il Rubicone


Giulio Cesare attraversa il Rubicone, fiume oggi in provincia di Forlì che allora segnava il confine oltre il quale un generale romano non poteva portare le armi, atto che segnala l'inizio della guerra civile.
Gaio Giulio Cesare (in latino: Caius Iulius Caesar; IPA: 'gai.us 'jul.ius 'kae.sar;[4] nelle epigrafi C·IVLIVS·C·F·CAESAR e DIVVS IVLIVS;[5] in greco antico Καίσαρ, Kàisar; Roma, 12 o 13 luglio 101[1] o 100 a.C.[2] – Roma, 15 marzo 44 a.C.) è stato un generale e dittatore romano, considerato uno dei personaggi più importanti e influenti della storia.
Ebbe un ruolo cruciale nella transizione del sistema di governo dalla forma repubblicana a quella imperiale. Fu dictator di Roma alla fine del 49 a.C., nel 47 a.C. ed ancora nel 46 a.C. con carica decennale, e dal 44 a.C. come dittatore perpetuo. Fu ritenuto da alcuni degli storici a lui contemporanei il primo imperatore di Roma.[6]
Con la conquista della Gallia estese il dominio della res publica romana fino all'oceano Atlantico e al Reno; portò gli eserciti romani ad invadere per la prima volta la Britannia e la Germania e a combattere in Spagna, Grecia, Egitto, Ponto e Africa.
Il primo triumvirato, l'accordo privato per la spartizione del potere con Gneo Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso, segnò l'inizio della sua ascesa. Dopo la morte di Crasso (Carre, 53 a.C.), Cesare si scontrò con Pompeo e la fazione degli Optimates per il controllo dello stato. Nel 49 a.C., di ritorno dalla Gallia, guidò le sue legioni attraverso il Rubicone (occasione in cui pronunciò il celebre «Alea iacta est»), e scatenò la guerra civile, con la quale divenne capo indiscusso di Roma: sconfisse Pompeo a Farsalo (48 a.C.) e successivamente gli altri Optimates, tra cui Catone Uticense, in Africa e in Spagna. Con l'assunzione della dittatura a vita, diede inizio a un processo di radicale riforma della società e del governo, riorganizzando e centralizzando la burocrazia repubblicana. Il suo operato provocò la reazione dei conservatori, finché un gruppo di senatori, capeggiati da Marco Giunio Bruto e Gaio Cassio Longino non cospirò contro di lui uccidendolo, alle Idi di marzo del 44 a.C. Nel 42 a.C., appena due anni dopo il suo assassinio, il Senato lo deificò ufficialmente, elevandolo a divinità. L'eredità riformatrice e storica di Cesare fu quindi raccolta da Ottaviano Augusto, suo nipote e figlio adottivo.
Le campagne militari e le azioni politiche di Cesare sono raccontate dettagliatamente nei Commentarii da lui stesso scritti: Commentarii de Bello Gallico e Commentarii de Bello Civili. Numerose notizie sulla sua vita sono presenti negli scritti di Appiano di Alessandria, Svetonio, Plutarco, Cassio Dione e Strabone. Altre informazioni possono essere rintracciate nelle opere di autori suoi contemporanei, come nelle lettere e nelle orazioni del suo rivale politico Cicerone, nelle poesie di Catullo e negli scritti storici di Sallustio.

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