Seconda guerra mondiale: Operazione Meetinghouse, il più duro bombardamento statunitense su Tokyo provoca la distruzione di 267.000 edifici, pari al 25% della città, uccidendo più di 100.000 persone.
Nella notte tra il 9 e il 10 una tempesta di fuoco investì Tokyo. 234 bombardieri B-32 rovesciarono sulla città 1.665 tonnellate di bombe incendiarie a cluster, bombe al magnesio, bombe al fosforo bianco antesignane del napalm. L’effetto fu devastante (come si può vedere nel filmato d’epoca in fondo se continui a leggere). Vennero distrutti circa 41 km² della città e rimasero uccisi 72.489 civili giappone.
In genere nel teatro europeo l’aeronautica americana evitò il ricorso deliberato ai bombardamenti indiscriminati (anche se poi le tattiche di sgancio in alta quota da parte delle formazioni USA finivano spesso per colpire tutt’altri bersagli che quelli previsti). Tant’è vero che lasciò completamente nelle mani degli inglesi la decisione di effettuare il terribile bombardamento di Dresda, avvenuto circa un mese prima. La motivazione era puramente politica. Mentre Londra aveva nei suoi progetti una punizione con metodi draconiani da comminare ai paesi che avevano messo in discussione la sua egemonia politica e militare, Washington andava invece tessendo la trama del suo futuro predominio nell’area dell’Occidente europeo, zona di confronto diretto con il suo attuale alleato e futuro avversario sovietico.
La medesima premura di limitare il coinvolgimento della popolazione civile non venne infatti adottata sul fronte del Pacifico, dove gli scarsi risultati ottenuti dalla USAAF con i bombardamenti di precisione ad alta quota contro il Giappone indussero ben presto all’adozione dell’area bombing da scatenare sugli abitati nipponici. Considerata la lunga distanza che i bombardieri americani dovevano coprire per raggiungere le coste del Sol Levante, la possibilità per la USAAF di usare il terrore aereo si presentò solo nel 1944 quando vennero realizzate le superfortezze volanti B29 con un’autonomia di volo pari a seimila chilometri. A quel punto i problemi tecnici erano risolti e, analogamente a quanto già avvenuto nelle città tedesche, anche il Giappone ebbe modo di conoscere le tempeste di fuoco alleate, che ottennero risultati ancor maggiori a causa del legno impiegato diffusamente come materiale edilizio.
La prima città colpita fu Kobe, il 3 febbraio 1945; fu poi il turno di Tokyo, colpita a più riprese. Solo il 10 marzo 1945, durante l’operazione Meetinghouse, oltre 41 km quadrati della capitale furono rasi al suolo, 267.000 edifici furono distrutti e più di 70.000 furono le vittime.
Per ottenere il maggior effetto ai danni della popolazione civile, il generale USA Curtis LeMay, comandante del XXI Comando Bombardieri di stanza nelle Marianne, decise di far operare i bombardieri a quote medio basse, di notte e con un carico bellico prevalentemente incendiario; a quel tempo infatti le città giapponesi erano largamente costruite con materiale altamente combustibile: legno e carta. Inoltre la difesa aerea giapponese era inefficace contro i B29 che volavano a velocità pari a quelle dei caccia giapponesi ed inoltre erano pesantemente armati e corazzati: praticamente irraggiungibili.
Dopo la guerra il generale LeMay dichiarò: «penso che se avessimo perso, io sarei stato trattato come un criminale di guerra». Una considerazione non priva di senso, visto che Hermann Göring dal Tribunale di Norimberga venne condannato, tra le altre cose, proprio perché i bombardamenti tedeschi su Londra vennero considerati crimini di guerra. «Per fortuna eravamo dal lato dei vincitori», concluse LeMay.
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