18 marzo, 2012

PROMEMORIA 18 marzo 1978 Milano, a due giorni dal sequestro Moro vengono assassinati Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, del Centro Sociale Leoncavallo

Milano, a due giorni dal sequestro Moro vengono assassinati Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, del Centro Sociale Leoncavallo, presumibilmente da un commando del NAR.
L'omicidio di Fausto e Iaio è un fatto di cronaca nera a matrice politico-terroristica avvenuto a Milano il 18 marzo 1978 e le cui vittime furono Fausto Tinelli e Lorenzo "Iaio" Iannucci, all'epoca diciottenni frequentanti il Centro Sociale Leoncavallo, uccisi da 8 colpi di pistola a opera di estremisti di destra.
Dopo un pomeriggio con gli amici, Fausto al Parco Lambro, Iaio al parco prima e poi in centro con la sua ragazza, verso le 19.30 i due ragazzi si incontrano alla Crota Piemunteisa di via Leoncavallo, uno dei luoghi di ritrovo abituale dei giovani del centro sociale. Nella sala biliardo, lo diranno poi vari testimoni, ci sono quella sera tre giovani che nessuno aveva mai visto prima. Fausto e Iaio si avviano per andare a cenare a casa Tinelli, come ogni sabato sera. Sarebbero ritornati al centro alle 21 per assistere al concerto di blues. Fra le 19.30 e le 19.45 si incamminano e all'altezza di via Mancinelli, alle 19.55 circa, di fronte al cancello di ferro della Sir James Henderson School, sono ferme alcune persone. I due ragazzi raggiungono il gruppo in attesa nella penombra di via Mancinelli 8 . C'è uno scambio di battute tra Fausto, Iaio e gli altri in attesa, poi i tre aprono il fuoco: 8 colpi calibro 32 e scappano, due di essi hanno in mano dei sacchetti, probabilmente di plastica, e indossano impermeabili chiari. Il terzo porta un giubbotto marroncino. Tutti e tre si allontanano lungo via Mancinelli. laio è già morto. Fausto agonizzerà fino all'arrivo dell'auto ambulanza e morirà durante il trasporto all'ospedale.
Il 23 marzo, il giorno dopo i funerali di Fausto e Iaio, giunge a Roma una nuova rivendicazione del duplice omicidio. In quei giorni ce ne sono state altre (una persino a Palermo) tutte con sigle fasciste. La rivendicazione considerata più credibile dagli inquirenti, appartiene all'Esercito nazionale rivoluzionario NAR - brigata combattente Franco Anselmi. Anselmi era un neofascista romano, morto dodici giorni prima dell'omicidio di Fausto e Iaio, mentre tentava di rapinare un'armeria della capitale.
Tra gli appartenenti al gruppo di Anselmi c'è Massimo Carminati, un criminale che svolge i "lavori sporchi" per conto della banda della Magliana, la più potente organizzazione criminale romana, e ha rapporti con i servizi deviati. Tra le molte cose, Carminati è stato accusato di aver ucciso Carmine Pecorelli ed ha lavorato con due ufficiali del Sismi a un tentativo di depistaggio dell'inchiesta sulla strage di Bologna, insieme a lui Claudio Bracci e Mario Corsi. Nei loro confronti ci sono alcuni indizi e le dichiarazioni dei pentiti.
Indiziati

Massimo Carminati associato alla Banda della Magliana, Claudio Bracci e Mario Corsi, indiziati del duplice omicidio (cfr. rispettivamente per i primi due il mandato di comparizione emesso in data 15.10.1991 e per il terzo il mandato di comparizione emesso in data 5.12.1990).
Massimo Carminati e Claudio Bracci, indiziati dell’attentato, forse collegato, avvenuto in data 18.05.1978 in danno dell’Armeria Centofanti di Roma;
Valerio Fioravanti, Mario Corsi e Guido Zappavigna, indiziati dei reati connessi al progetto di attentato in danno di Andrea Bellini avvenuto a Milano nel 1979 e Zappavigna indiziato del reato di cui all’art. 306 c.p.
Movente
I due ragazzi stavano conducendo approfondite indagini (con interviste sul campo, registrate meticolosamente su nastri, poi trafugati misteriosamente dopo la loro morte) sul traffico di eroina e cocaina nel quartiere di Lambrate Città Studi, traffico gestito da potenti ambienti della malavita organizzata e dell'estrema destra milanese.
La controinformazione condotta da alcuni giornalisti indipendenti e militanti del Centro Sociale Leoncavallo porta ad individuare nel bar Pirata (centro di ritrovo dei neofascisti della zona) il luogo di ritrovo degli autori materiali dell'omicidio, ma le indagini ufficiali, condotte dal Sostituto Procuratore Armando Spataro e passato ad altri 4 sostituti procuratori, non hanno mai individuato né i mandanti né gli esecutori di questo delitto.
Per mesi il giornalista de l'Unità Mauro Brutto raccoglie elementi sul delitto di Via Mancinelli. In novembre qualcuno gli spara tre colpi di pistola senza colpirlo. Pochi giorni dopo il giornalista mostra una parte del suo lavoro ad un colonnello dei carabinieri. Il 25 novembre, dopo cena, Brutto ha appuntamento con una sua fonte. Lo vedono entrare in un bar di via Murat, comprare due pacchetti di sigarette, uscire, attraversare la strada. A metà della carreggiata si ferma per far passare una 127 rossa. In senso inverso arriva una Simca 1100 bianca che lo investe e scappa.
"La Simca sembrava puntare sul pedone", dirà nel corso della rapida inchiesta l'uomo a bordo dell'altra auto, la 127. Sparisce il borsello di Brutto, pieno di carte, forse trascinato dalle auto in corsa. Lo ritrovano qualche ora dopo in una via vicina, vuoto[1].
Furono svolte poche e veloci indagini per chiarire le circostanze che determinarono la morte del giornalista: dell'automobile che lo investe e del suo guidatore non si sa più nulla, molte cose della dinamica dell'incidente non convincono, il borsello del giornalista verrà ritrovato senza il suo contenuto: documenti importanti, un vero e proprio dossier.
Decreto di Archiviazione

Il 24 settembre 1999, il Pm di Milano Stefano Dambruoso chiede l'archiviazione per Fausto e Iaio. Oltre all' estremista di destra Massimo Carminati, riguarda anche i neofascisti Claudio Bracci e Mario Corsi, accusati di quell'omicidio. Chiedendo l'archiviazione, il Pm Stefano D'Ambruoso sostiene che non sono state trovate sufficienti prove a carico degli indagati. Quando Mario Corsi fu arrestato nel '78 a Roma per l'aggressione ad alcuni militanti della nuova sinistra, nella sua casa vennero trovate le fotografie di Fausto e Iaio e dei loro funerali, che Corsi dice di aver preso dall'archivio di uno zio giornalista a Cremona. La presenza di quelle foto, per il Pm, è del tutto ingiustificata. Altre ipotesi del coinvolgimento di Corsi e del suo gruppo vengono da alcuni pentiti dell'estrema destra, tra cui Angelo Izzo, uno dei quali parlò anche di una sorta di confessione ricevuta da Corsi al telefono.
Il documento del Tribunale di Milano Tribunale Civile e Penale di Milano Ufficio Istruzione sez. 20^ N.271/80F Milano, 14 luglio 1997 Giudice Istruttore Guido Salvini suggerisce un intreccio tra l'omicidio di Fausto e Iaio e quello di Valerio Verbano, avvenuto a Roma il 22 febbraio del 1980 e rivendicata dai "NAR Avanguardia di Fuoco". Anche Valerio, come Fausto e Iaio, è stato ucciso giovanissimo e stava raccogliendo materiali sull'estrema destra ed i suoi traffici.
Con il decreto del 6 dicembre 2000 si mette la parola fine a un’inchiesta iniziata poche ore dopo il 18 marzo 1978. La conclusione del Giudice delle Udienze preliminari del Tribunale di Milano, Clementina Forleo è la seguente: "Pur in presenza dei significativi elementi indiziari a carico della destra eversiva ed in particolari degli attuali indagati, appare evidente allo stato la non superabilità in giudizio del limite appunto indiziario di questi elementi, e ciò soprattutto per la natura del reato delle pur rilevanti dichiarazioni".

Nel 2011, in un'intervista a Radio 24, la madre di Fausto ha accusato esplicitamente i servizi segreti di essere i mandanti dell'omicidio dei due giovani. "Negli anni ho riannodato i fili della memoria, i pezzi di un piccolo mosaico che mi ha permesso di raggiungere la vera verità che io conosco. Mio figlio è stato vittima di un commando di killer giunti da Roma a Milano, nel pieno del rapimento di Aldo Moro, in una città blindata da forze dell'ordine. Un omicidio su commissione di uomini dei servizi segreti."

Come detto Fausto e Iaio la sera dell'omicidio si stavano recando a casa della famiglia Tinelli in via Montenevoso 9. Ma a sette metri di distanza dalla camera di Fausto, al civico numero 8, c'è un covo delle Brigate Rosse. Verrà scoperto il 1º ottobre del 1978, gli inquirenti trovano le carte originali del memoriale di Aldo Moro, lettere scritte dallo statista, verbali del suo lungo interrogatorio prima di essere ucciso. All'ultimo piano della palazzina dove abita la famiglia Tinelli, c'è una mansarda trasformata in un mini appartamento, da lì gli agenti dei servizi segreti controllano il covo delle Brigate Rosse. Alla Commissione Moro sarà detto che l'appartamento era stato affittato solo nel luglio del 1978, ma secondo la madre di Fausto già dal gennaio del 1978 vedeva persone entrare in quella mansarda con scatoloni e strane parabole. Si delineerebbe quindi, nell'assassinio dei 2 giovani, un messaggio 'trasversale' fra servizi deviati italiani che già avevano modo di infiltrare o perlomeno condizionare l'operato delle BR, oltre che l'eliminazione di un potenziale 'investigatore' (il Tinelli) che già da tempo, con i suoi più stretti compagni, osservava con acuta attenzione la realtà politica del periodo non solo in ambito milanese. Come per l'assassinio di Valerio Verbano due anni dopo a Roma, è molto probabile che servizi segreti (più o meno 'deviati') e manovalanza fascista, abbiano concorso per salvare lo status-quo della politica nazionale, fatta di intrighi, depistaggi e crimini di ogni sorta. Lorenzo Jannucci e Fausto Tinelli saranno ricordati nel comunicato n. 2 delle Brigate Rosse, emesso durante il sequestro di Aldo Moro il 25 Marzo 1978. A loro vien fatto riferimento come "compagni... assassinati dai sicari di regime".[4]. Come per Valerio Verbano, anche per i due giovani assassinati a Milano si attende giustizia da più di trent'anni.

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