30 marzo, 2012

PROMEMORIA 30 marzo 1945 – Seconda guerra mondiale: forze dell'Unione Sovietica entrano in Austria e liberano Vienna


Seconda guerra mondiale: forze dell'Unione Sovietica entrano in Austria e liberano Vienna
Mentre si combatteva la battaglia delle Ardenne, in Ungheria continuavano i duri scontri tra tedeschi (con l'aiuto dei reparti dell'esercito ungherese) e sovietici (appoggiati dai contingenti rumeni); dopo nuove complesse manovre delle colonne meccanizzate sovietiche a cavallo del Danubio e grosse battaglie di mezzi corazzati, finalmente il 27 dicembre le tenaglie sovietiche si chiudevano accerchiando completamente Budapest e le cospicue forze tedesche e ungheresi poste a difesa della capitale magiara[98]. Ben lontano da rinunciare, Hitler (mentre conduceva la battaglia all'ovest) organizzò ripetuti tentativi di sbloccare la città con l'afflusso di nuove forze tedesche. Dopo nuovi aspri scontri (e notevoli difficoltà e perdite per i sovietici) alla fine di gennaio i tedeschi dovettero rinunciare al tentativo di soccorrere Budapest. Nel frattempo dentro la città stava infuriando una micidiale battaglia stradale (quasi altrettanto feroce di quella di Stalingrado) tra le truppe scelte tedesche accerchiate (tra cui notevoli reparti di Waffen-SS) e le potenti truppe d'assalto sovietiche. Fu una battaglia durissima combattuta fanaticamente, le perdite furono ingentissime per tutte e due le parti, le devastazioni della splendida città sul Danubio enormi; Pest cadde il 18 gennaio ma la città vecchia di Buda venne difesa ancor più accanitamente. Dopo scontri furibondi e un tentativo fallito di sortita, le residue truppe tedesche e ungheresi si arresero il 13 febbraio 1945. La vittoria era stata raggiunta e il bottino dell'Armata Rossa notevole (50.000 morti e 138.000 prigionieri tedesco-ungheresi complessivi da novembre a febbraio) ma le perdite erano state pesanti anche per i russi (320.000 uomini in tutta la campagna ungherese).

Mentre infuriavano i combattimenti nelle strade di Budapest, le enormi forze sovietiche ammassate sulla Vistola e in Prussia Orientale avevano già ottenuto una schiacciante vittoria e stavano marciando, apparentemente inarrestabili, direttamente su Berlino. L'ultima grande offensiva invernale dell'Armata Rossa era cominciata il 12 gennaio (in apparenza in anticipo sui piani per ordine di Stalin, sollecitato da Churchill il 6 gennaio a iniziare senza indugio la nuova offensiva per alleggerire gli Alleati sul fronte ovest) a partenza dalle teste di ponte sulla Vistola di Baranow e Sandomir. Una vera valanga di uomini, cannoni (32.000), carri armati (6.400) e aerei (4.800) si abbatté sulle precarie difese tedesche (recentemente indebolite da Hitler, ingannato sulle intenzioni sovietiche, con trasferimenti di truppe in Ungheria). Le prime linee sulla Vistola vennero rapidamente travolte, Varsavia (città fantasma) cadde senza combattere, le riserve corazzate tedesche, schierate troppo vicine alla prima linea, vennero distrutte dai corpi meccanizzati del maresciallo Konev.
Un enorme vuoto si apriva davanti alle colonne dei marescialli Žukov e Konev che si lanciarono rapidamente in profondità aggirando i capisaldi di resistenza tedeschi di Breslavia e Posen (difesi dai tedeschi secondo la tecnica dei "frangiflutti" (wellenbrecher), ideata da Hitler). L'avanzata in Polonia fu rapidissima: il 17 gennaio venne raggiunta Czestochowa, il 19 Lodz e Cracovia, il 28 gennaio Katowice (il bacino industriale della Slesia cadde intatto in mano dei sovietici, secondo gli intendimenti di Stalin); alla fine di gennaio l'Armata Rossa raggiungeva, dopo un'avanzata forsennata, il fiume Oder (ultima protezione naturale per Berlino) e costituiva subito teste di ponte sulla riva occidentale a Küstrin e a Oppeln: la capitale tedesca era distante appena 80 km; la catastrofe tedesca era stata enorme (quasi 400.000 perdite in un mese), le devastazioni immense, i civili tedeschi avevano abbandonato in massa i territori invasi della Pomerania, della Prussia e della Slesia, i soldati sovietici si erano spesso abbandonati al saccheggio e alla vendetta sulle popolazioni.

Molto più combattuta fu la battaglia in Prussia Orientale (attaccata dal 13 gennaio da un altro massiccio raggruppamento sovietico): i tedeschi, in difesa del suolo patrio, si batterono con abilità e efficacia, sfruttando il terreno boscoso e le solide fortificazioni. I russi dovettero impegnarsi in estenuanti e sanguinosi attacchi frontali, impiegando grandi quantità di artiglieria pesante; alcune colonne corazzate raggiunsero la costa Baltica presso Marienburg il 27 gennaio, ma i tedeschi contrattaccarono e una parte delle truppe riuscì a ripiegare in Pomerania. Le superstiti navi da guerra della Kriegsmarine intervennero con le loro artiglierie in aiuto delle truppe a terra e inoltre eseguirono numerose evacuazioni di reparti militari e soprattutto di civili in fuga davanti alla valanga devastatrice dei russi. La lotta si prolungò fino ad aprile; progressivamente le forze tedesche vennero frammentate e distrutte dopo lotta accanita e ingenti perdite (585.000 perdite russe. La poderosa fortezza di Königsberg venne attaccata a partire dal 1º aprile dalle forze sovietiche, guidate personalmente dal maresciallo Vasilevsky e conquistata il 9 aprile, grazie all'impiego in massa dell'artiglieria pesante e di grandi rinforzi di aviazione (150.000 perdite tedesche. Piccoli nuclei di resistenza tedeschi rimasero attivi nella regione del Frisches Haff fino alla capitolazione del Terzo Reich.
Mentre si prolungava l'aspra battaglia in Prussia Orientale, le potenti forze russe giunte all'Oder avevano interrotto in febbraio la loro avanzata verso Berlino. Questa inattesa tregua era dovuta alla capacità di Hitler e dei tedeschi di ricostituire un nuovo fronte difensivo con i resti delle forze sconfitte e con l'afflusso di circa 20-25 divisioni dall'ovest e dall'Italia; all'esaurimento e alle difficoltà logistiche delle forze sovietiche (dopo un'avanzata di 600 km); alla decisione di Stalin, impegnato in quel momento nel 'grande gioco' della conferenza di Jalta, di non rischiare un balzo immediato su Berlino, per timore di uno scacco a causa dei fianchi esposti delle avanguardie sull'Oder. Durante febbraio e marzo, quindi, l'Armata Rossa si impegnò nel rastrellamento delle sacche di resistenza tedesche rimaste indietro (che si batterono con accanimento) e nella sconfitta delle forze nemiche in Pomerania e in Slesia, in preparazione dell'ultima grande battaglia di Berlino.

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