23 marzo, 2012

PROMEMORIA 23 marzo 1944 Seconda guerra mondiale: intorno alle tre del pomeriggio esplode una bomba in Via Rasella, uccidendo 33 soldati tedeschi.


Seconda guerra mondiale: intorno alle tre del pomeriggio esplode una bomba in Via Rasella a Roma, uccidendo 33 soldati tedeschi reclutati nei territori limitrofi ad Bolzano, facenti parte dei Polizei Regiment Bozen. Essi erano in transito per questa via. Per rappresaglia il giorno dopo le truppe tedesche compiranno l'eccidio delle Fosse Ardeatine
Già nei giorni precedenti il 23 marzo il Comando Centrale Garibaldino aveva notato il transito di una compagnia tedesca di SS polizei che dopo essere entrata da Porta del Popolo, provenendo dal Flaminio, imboccava via del Babuino dirigendosi verso via del Tritone. Qui, costeggiando l'imbocco del traforo, all'epoca occupato dagli sfollati, entrava in via Rasella e, proseguendo, giungeva al Viminale (che era stato sede del Ministero dell'Interno, dal dicembre del 1943 trasferito a Salò) dove era acquartierata.
Per alcuni giorni, quindi, furono studiati gli spostamenti di questi soldati, che percorrevano in tenuta di guerra le strade di Roma cantando, preceduti e seguiti da pattuglie motorizzate munite di mitragliatrice pesante.
Si trattava della 11ª compagnia del III battaglione dello SS-Polizeiregiment Bozen, composta da 156 uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa, altoatesini/sudtirolesi arruolati nella polizia in seguito all'occupazione tedesca dopo il 1º ottobre 1943 delle province di Bolzano, Trento e Belluno (riunite nel cosiddetto "Alpenvorland" sul quale la sovranità della RSI era meno che nominale).[29]. Altri reparti dello stesso reggimento (che come l'11ª compagnia erano impiegati nella guerra anti-partigiana, nella caccia agli ebrei, agli antifascisti, ai renitenti alla leva militare e del lavoro, ecc.) operarono nel Bellunese, nella Valle del Biois, in Istria, ecc. e furono processati e condannati alla fine della guerra da tribunali militari Alleati per aver compiuto crimini di guerra.
Risultò quindi, in seguito ai diversi appostamenti, che tale compagnia percorreva quotidianamente lo stesso tratto di strada alla stessa ora (verso le due del pomeriggio) e che il punto migliore per attaccarla sarebbe stata appunto via Rasella, una strada in salita poco frequentata, scelta, oltre che per creare un imbottigliamento alla compagnia, anche per la scarsa presenza di botteghe e portoni, quindi per lo scarso transito di civili.
Per l'esecuzione dell'attacco furono impiegati i GAP centrali che già dal periodo successivo all'8 settembre 1943 avevano compiuto numerose azioni di guerriglia urbana nella zona del centro storico. Numerosi quindi furono i partigiani che avrebbero partecipato all'azione, dei quali uno di essi, travestito da spazzino, avrebbe dovuto innescare un ordigno nascosto all'interno di un carrettino della nettezza urbana, mentre gli altri, ad esplosione avvenuta, avrebbero dovuto attaccare con pistole e bombe a mano la compagnia.
Il compito di far brillare l'esplosivo fu affidato al partigiano Rosario Bentivegna ("Paolo"), studente in medicina, il quale il 23 marzo si avviò travestito da spazzino dal deposito gappista nei pressi del Colosseo verso via Rasella, con il carretto contenente l'ordigno. Dopo essersi appostato ed aver atteso circa due ore in più, rispetto alla consueta ora di transito della compagnia nella via, alle 15.52 accese con il fornello di una pipa la miccia, preparata per far avvenire l'esplosione dopo circa 50 secondi, tempo necessario ai tedeschi per percorrere il tratto di strada compreso tra un punto a valle usato per la segnalazione, ed il carretto, posizionato in alto davanti a Palazzo Tittoni.
Poco dopo l'esplosione due squadre dei GAP, una composta da sette uomini l'altra da sei, sotto il comando di Franco Calamandrei detto "Cola" e Carlo Salinari detto "Spartaco", lanciarono bombe a mano e fecero fuoco sui sopravvissuti all'esplosione.
Modalità di azione

Il Salinari ha in seguito testimoniato che i partigiani erano così disposti: Bentivegna accanto al carretto, Carla Capponi (che aveva un impermeabile nascosto, da mettere addosso allo stesso Bentivegna per coprirne la divisa da spazzino, ed una pistola sotto i vestiti), in cima alla via; Fernando Vitagliano, Francesco Curreli, Raul Falcioni, Guglielmo Blasi ed altri, vicino al Traforo; nei pressi Silvio Serra; all'angolo di via del Boccaccio si trovava Franco Calamandrei. Alcuni altri gappisti erano sistemati per coprirne la fuga.
Calamandrei si tolse il copricapo (segnale per avvisare Bentivegna che i tedeschi si stavano avvicinando e che quindi doveva accendere la miccia ed allontanarsi velocemente). Immediatamente dopo l'esplosione gli altri partigiani raggiunsero Calamandrei per eseguire il lancio delle bombe a mano e colpire i militari con colpi di pistola.
Nell'immediatezza dell'evento rimasero uccisi 32 militari tedeschi e 110 rimasero feriti, oltre a 2 vittime civili. Dei feriti, uno morì poco dopo il ricovero, mentre era in corso la preparazione della rappresaglia, che fu dunque calcolata in base a 33 vittime germaniche. Nei giorni seguenti sarebbero deceduti altri 9 militari feriti, portando così a 42 il totale dei caduti.

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