01 marzo, 2007

PROMEMORIA 1 marzo 1974 - Scandalo Watergate


Scandalo Watergate: Sette persone sono indiziate per il loro ruolo nell'infrazione del Watergate e accusate di cospirazione e ostruzione della giustizia
Lo scandalo Watergate, o semplicemente il Watergate, fu uno scandalo politico scoppiato negli Stati Uniti nel 1972, che portò alla richiesta di impeachment e alle dimissioni dell'allora Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon.
La vicenda prese il nome dal Watergate Complex, il complesso edilizio di Washington che ospita il Watergate Hotel, l'albergo in cui furono fatte le intercettazioni che diedero il via allo scandalo.
Descrizione
Lo scandalo si sviluppò nel contesto politico del proseguimento della guerra del Vietnam, che sin dalla presidenza di Lyndon Johnson era sempre più impopolare fra il pubblico americano. Il "Watergate" fu una serie di eventi che durò circa due anni (1972-1974) e che era iniziato con l'abuso di potere da parte dell'amministrazione Nixon allo scopo di indebolire l'opposizione politica dei movimenti pacifisti e del Partito democratico.
Importanti atti d'accusa furono le "carte del pentagono", uno studio top-secret del Dipartimento della Difesa sul coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam e su precedenti conflitti politici o militari nel Sud-Est asiatico, alla vigilia della fine dell'occupazione coloniale francese in Indocina.
Nixon resse a due anni di montanti difficoltà politiche, ma la resa pubblica del nastro noto come "la pistola fumante" nell'agosto 1974 portò con sé la prospettiva di un sicuro impeachment per il presidente, che rassegnò le dimissioni solo quattro giorni dopo, il 9 agosto.
Furto con scasso
Il 17 giugno 1972 Frank Wills, una guardia di sicurezza che lavorava nel complesso di uffici del Watergate Hotel a Washington, notò un pezzo di nastro sulla porta fra il pozzo delle scale e il parcheggio sotterraneo. Stava mantenendo la porta socchiusa, così Wills lo rimosse, assumendo che l'avesse messo lì l'impresa di pulizia. Più tardi ritornò e scoprì che il nastro era stato rimpiazzato. Così Wills contattò la polizia di Washington.
Dopo che la polizia arrivò, cinque uomini - Bernard Barker, Virgilio González, Eugenio Martínez, James W. McCord Jr. e Frank Sturgis - furono scoperti ed arrestati per essere entrati nel quartier generale del Comitato nazionale democratico, la principale organizzazione per la campagna e la raccolta fondi del Partito democratico. Gli uomini erano entrati nello stesso ufficio anche tre settimane prima, ed erano tornati per riparare le cimici telefoniche che non funzionavano e, secondo alcuni, per fare delle fotografie.
Il bisogno di tornare nell'ufficio fu solo il più evidente di una serie di errori commessi dagli scassinatori. Un altro, il telefono di E. Howard Hunt sul blocco note di McCord, si rivelò costoso per loro - e per la Casa Bianca - quando la polizia lo trovò. Hunt aveva precedentemente lavorato per la Casa Bianca, e McCord era ufficialmente impiegato come capo della sicurezza al Comitato per rieleggere il presidente (CRP), al quale ci si riferirà comunemente come CREEP ("avanzare strisciando"). Questo in breve suggeriva che ci fosse una connessione fra gli scassinatori e qualcuno vicino al presidente.
Ad ogni modo, l'addetto stampa di Nixon - Ron Ziegler - rigettò l'affare come un "furto di terz'ordine". Sebbene lo scasso avvenisse in un momento sensibile, con la campagna elettorale che appariva all'orizzonte, molti americani inizialmente credettero che nessun presidente col vantaggio che Nixon aveva nei sondaggi sarebbe stato così sconsiderato o privo di etica da rischiare la sua associazione in un affare del genere. Una volta accusato, lo scassinatore McCord si identificò come un'agente della CIA in pensione. L'ufficio del procuratore del distretto di Washington iniziò un'investigazione sui rapporti fra McCord e la CIA e finì per dimostrare che McCord aveva ricevuto pagamenti dal CRP.
Il reporter del Washington Post Bob Woodward e il suo collega Carl Bernstein iniziarono un'investigazione sullo scasso. Molto di quello che pubblicavano era noto al Federal Bureau of Investigation (FBI) e ad altri investigatori governativi - questi erano spesso le fonti di Woodward e Bernstein - ma in tal modo il Watergate si mantenne sotto la luce dei riflettori. Il rapporto di Woodward con una fonte segreta di altissimo livello aggiungeva un livello di mistero in più alla questione. Il nome in codice di questa fonte era "Gola profonda" e la sua identità fu tenuta nascosta al pubblico. Decenni di speculazioni finirono il 31 maggio 2005, quando W. Mark Felt, il numero due dell'FBI nei primi anni 70, rivelò che era lui Gola profonda, una confessione successivamente confermata da Woodward.
Il 23 giugno il presidente Nixon e il Capo di Staff della Casa Bianca H.R. Haldeman furono registrati (una pratica standard, ma segreta di Nixon) mentre discutevano dell'uso della CIA per ostacolare le investigazioni dell'FBI sul Watergate. Nixon pretendeva che la sicurezza nazionale potesse essere messa a rischio. Infatti il crimine e numerosi altri "giochetti sporchi" erano stati intrapresi a vantaggio del CRP, soprattutto sotto la direzione di Hunt e G. Gordon Liddy. La coppia aveva anche lavorato alla Casa Bianca nell'unità speciale di investigazione soprannominata "gli idraulici". Questo gruppo investigava sulle fughe di notizie che l'amministrazione non voleva fossero conosciute pubblicamente e portò avanti varie operazioni contro i Democratici e gli oppositori alla guerra in Vietnam. La più famosa delle loro operazioni fu l'irruzione nell'ufficio dello psichiatra Daniel Ellsberg. Ellsberg, un ex impiegato del Pentagono e del Dipartimento di stato, aveva fatto trapelare le "carte del Pentagono" al New York Times e come risultato fu perseguito per spionaggio, furto e cospirazione. Hunt e Liddy non trovarono niente di utile comunque, e devastarono l'ufficio per coprire le proprie tracce. L'irruzione fu collegata con la Casa Bianca solo molto dopo, ma al momento causò il collasso del processo di Ellsberg per evidente cattiva amministrazione del governo.
L'8 gennaio 1973 gli scassinatori originali, insieme a Liddy e Hunt, subirono il processo. Tutti eccetto McCord e Liddy si dichiararono colpevoli, e tutti furono condannati per cospirazione, furto con scasso e intercettazioni telefoniche.
I nastri
Le udienze tenute dal Comitato senatoriale sul Watergate, in cui il consigliere della Casa Bianca John Dean era il principale testimone e in cui molti altri ex impiegati in posti chiave dell'amministrazione diedero una testimonianza drammatica, furono messe in onda dal 17 maggio al 7 agosto, causando un danno politico devastante a Nixon. Fu stimato che l'85% degli americani possessori di tv si sintonizzò almeno per una porzione delle udienze.
Cosa più nota, il senatore repubblicano Howard Baker del Tennessee formulò la memorabile domanda "Cosa sapeva il presidente e quando venne a saperlo?" che per la prima volta focalizzò l'attenzione sul ruolo personale di Nixon nello scandalo.
Il 13 luglio, il vice consigliere del Comitato Watergate Donald G. Sanders chiese ad Alexander Butterfield, vice assistente al presidente, se ci fosse un qualche tipo di sistema di registrazione alla Casa Bianca. Butterfield rispose che sebbene fosse riluttante a dirlo, c'era un sistema che automaticamente registrava ogni cosa nello Studio Ovale. La rivelazione shockante trasformò radicalmente le indagini sul Watergate. I nastri furono subito citati contemporaneamente dall'accusatore particolare (special prosecutor colui che si occupa delle indagini) Archibald Cox e dal senato, perché potevano provare se Nixon o Dean stavano dicendo la verità sugli incontri chiave.
Nixon rifiutò usando il principio del privilegio dell'esecutivo e ordinò a Cox, attraverso il procuratore generale Richardson, di lasciar cadere la sua citazione in giudizio. Il rifiuto di Cox portò al "massacro del sabato sera" il 20 ottobre 1973, quando Nixon obbligò alla dimissioni il procuratore generale Richardson e il suo vice William Ruckelshaus, in cerca di qualcuno al Dipartimento di giustizia intenzionato a licenziare Cox. Questa ricerca finì con l'avvocato generale Robert Bork che fece quanto gli era stato chiesto e licenziò l'accusatore particolare Cox. Le asserzioni di malfunzionamento del governo indussero Nixon alla famosa frase, "non sono un imbroglione" (I'm not a crook), il 17 novembre di fronte a 400 editori dell'Associated Press riuniti al Walt Disney World in Florida.
Nixon, comunque, fu forzato a permettere l'insediamento di un nuovo accusatore particolare, Leon Jaworski, che continuò l'indagine. Mentre continuava a rifiutare di mostrare i nastri originali, Nixon acconsentì a rilasciare un gran numero di trascrizioni di essi. Queste confermavano largamente il resoconto di Dean, e causarono ulteriore imbarazzo quando si venne a sapere che era stata cancellata una parte cruciale di 18 minuti e mezzo di un nastro, che non era mai stata fuori dalla custodia della Casa Bianca. La Casa Bianca accusò di ciò la segretaria di Nixon, Rose Mary Woods, che disse di aver accidentalmente cancellato il nastro schiacciando il pedale sbagliato rispondendo al telefono. Ad ogni modo, visto le foto che riempivano le pagine dei giornali, il tentativo di rispondere al telefono e contemporaneamente schiacciare il pedale avrebbe richiesto uno stiramento quantomeno da ginnasta professionista. La donna disse che aveva mantenuto quella posizione per 18 minuti e mezzo. Più tardi le analisi forensi determineranno che il vuoto era stato cancellato ripetutamente - circa nove volte - escludendo l'ipotesi della "cancellazione casuale".
La questione dei nastri alla fine arrivò alla Corte suprema. Il 24 giugno 1974, in Stati Uniti contro Nixon, la corte affermò all'unanimità che la richiesta di Nixon di usare il privilegio dell'esecutivo sui nastri era inammissibile e inoltre gli ordinarono di consegnarli a Jaworski. Il 30 luglio Nixon eseguì l'ordine e rilasciò i nastri incriminati.

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