20 marzo, 2007

PROMEMORIA 20 marzo 2003 - Inizia la Seconda guerra del golfo con l'invasione dell'Iraq da parte delle forze angloamericano


La guerra in Iraq (detta anche seconda guerra del Golfo) iniziò ufficialmente il 20 marzo 2003 con l'invasione dell'Iraq da parte di una coalizione formata da Stati Uniti, Regno Unito, Australia e Polonia. Essa fu preceduta da una lunga ostilità armata (iniziata nel 1990 con la Prima guerra del Golfo) fra l'Iraq del dittatore Saddām Husayn e molti altri Stati (USA in primis).
Le truppe della coalizione prevalsero facilmente sull'esercito iracheno, tanto che il 1º maggio 2003 il presidente americano Bush proclamò concluse le operazioni militari su larga scala. Tuttavia, nonostante numerosi Paesi (fra cui l'Italia) si siano uniti alla coalizione ed abbiano inviato contingenti militari, il conflitto prosegue. Esso si è trasformato in una guerra civile[1] che vede da una parte gli occupanti e il nuovo governo iracheno (e le milizie che lo appoggiano) e dall'altra un movimento di resistenza[2] forte soprattutto nelle province centrali a prevalenza sunnita[3], di cui fanno parte blocchi disparati che vanno da ex-membri del partito Baʿth e dell'esercito, a gruppi religiosi, etnici o tribali e a gruppi apertamente terroristici legati ad al-Qāʿida. La situazione attuale è in via di deterioramento: la repressione militare della resistenza non ha prodotto risultati apprezzabili; per quanto essa sia troppo debole per costringere al ritiro la coalizione, il suo ricorso alla guerriglia e al terrorismo sta spingendo sempre più nel caos buona parte dell'Iraq[4].
I tentativi di por fine allo scontro attraverso un processo politico (come le elezioni del 2005) non hanno avuto esito: dopo la vittoria alle urne Sciiti e Curdi hanno persino esacerbato il conflitto introducendo nella nuova costituzione misure federaliste contrarie agli interessi sunniti. I governi che si sono succeduti sono deboli ed incapaci di controllare persino i propri sostenitori: gli scontri armati fra milizie "filo-governative" (come a Basra, teatro di uno scontro fra fazioni sciite, o a Kirkuk, contesa fra Sciiti e Curdi) sono all'ordine del giorno. Questi scontri e quelli con la resistenza sono accompagnati da episodi di pulizia etnica, che hanno spinto oltre un milione di iracheni a fuggire dalle proprie case[5].
I costi umani della guerra non sono chiari: l'unico numero noto con una certa precisione è quello delle perdite americane (3.020 morti e 22.834 feriti fino al 16 Gennaio 2007), mentre per le perdite irachene si va dai circa 30.000 morti cui ha accennato il presidente Bush in un discorso del dicembre 2005, ai circa 650.000 stimati in uno studio apparso nell'ottobre 2006 sulla rivista medica Lancet.

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